Chi dalla stazione ferroviaria raggiunge il campus dell’università Ca’ Foscari in San Giobbe, accompagnato negli ultimi tratti solo dal risuonare dei propri passi e dal vociare dei gabbiani, non immagina che poco prima delle 17, ora d’inizio dell’incontro pubblico sul report di Amnesty International relativo al Genocidio a Gaza, una grande folla, non di turisti, arrivi occupando rapidamente i 350 posti dell’aula magna G. Cazzavillan. Altre 150 persone che non sono potute entrare per il tutto esaurito seguiranno l’incontro su zoom, dislocate in altre stanze.

Secondo accordi presi tra Amnesty e l’Ateneo Veneto già da prima di Natale, il report avrebbe dovuto tenersi in una delle sue sale, ma a due giorni dall’incontro l’Ateneo ci ripensa e revoca il consenso a causa di una lettera della comunità ebraica che contesta l’uso della parola Genocidio presente nel titolo, accusando Amnesty di faziosità antisemita.

A quel punto il Comitato Guerra e Pace con i suoi insegnanti universitari invita Amnesty nella sede universitaria di San Giobbe. Affianca i docenti una vivace mobilitazione di gruppi e associazioni, come il Comitato studentesco di Ca’ Foscari, Assopace di Venezia, il Comitato contro il razzismo e la guerra di Marghera, i Giovani Amnesty di Venezia insieme ad Amnesty del Trentino e del Veneto.

Le varie associazioni si muovono anche con una mail bombing di protesta indirizzata all’Ateneo per la sua scelta. Decisa presa di posizione anche da parte dell’Anpi, mentre altre fonti riferiscono di rappresentanti dell’Ateneo che hanno dato le dimissioni per esprimere il loro dissenso per le posizioni dell’Ente. A detta di uno dei docenti presenti, l’incontro era stato preceduto da 48 ore di fuoco per il ribaltamento organizzativo.

Alla presentazione a Ca’ Foscari partecipano i docenti di Relazioni Internazionali e di Storia delle Americhe, mentre Tina Marinari, coordinatrice delle campagne sociali di Amnesty in Italia, presenta il report insieme a Vito Todeschini, esperto di Diritto del Segretariato Internazionale. Presente anche un rappresentante del gruppo Amnesty del Veneto.

Foto di Patrizia Londero

Un’aula magna di un’università prestigiosa ha accolto dunque l’evento, a condizione però che si togliesse dalla locandina la parola genocidio e si sostituisse con “campagna militare a Gaza 2024”

Ma la sostanza non cambia. E la sede trovata all’ultimo ha fruttato un’accoglienza più amplia di quanto avrebbero consentito le dimensioni molto più piccole dello spazio messo a disposizione in un primo tempo dall’Ateneo; di fronte a una platea così numerosa il Report viene presentato con partecipata fluidità, mentre si racconta di un lavoro rigoroso, che impiega una metodologia non certo estemporanea e dà conto della cornice giuridica entro cui si muove Amnesty, che porta alla conclusione che Israele sta compiendo un genocidio.

Tina Marinari esordisce dicendo che “ la società civile è affamata di giustizia” e ringrazia i giornalisti che riportano le convinzioni di Amnesty, mentre riferisce di fatti, situazioni particolari e dettagliate di varie forme di disumanizzazione, raccolte attraverso testimonianze da attivisti di Amnesty che sono andati a Gaza. Riporta all’attenzione che cosa vuol dire vivere a Gaza in un contesto di crimine di genocidio. Fonti dirette e indirette costituiscono delle prove verificate. Un lavoro enorme svolto sul campo tramite interviste e contatti diretti e con analisi di mappature da remoto. Tutto questo per arrivare a definire i contorni di ciò che si configura come genocidio.

Todeschini sostiene che non è stato scoperto nulla di nuovo. I parametri usati fanno riferimento alla Convenzione sul Genocidio del 1948 e ai punti fissati da quanto emerso dalla tragedia del Ruanda, riassumibili in indicatori quali uccisioni, gravi danni fisici e mentali, distruzioni di strutture che possono portare a eliminare cibo e sostentamento, attacco a gruppi protetti per motivi razziali e religiosi. Elemento determinante per identificare un genocidio è l’intento di distruzione di dati gruppi rintracciabile nella velocità, nell’intensità, nella portata e nella ripetizione degli attacchi, come nei continui ordini di sfollamento di massa e nei trasferimenti forzati. Atti violenti, disumani e ripetuti anche quando le varie organizzazioni umanitarie chiedevano di desistere. E invece si vedevano soldati che sui social festeggiavano per gli esiti delle violenze perpetrate. Tutte azioni che vanno guardate nelle loro connessioni e nel loro insieme.

Continua Todeschini: ”Se tutto questo solleva delle critiche, bisogna basarle sui fatti e sul Diritto” Un rapporto di oltre 300 pagine condotto con rigore per dare dignità a queste persone che hanno diritto alla vita, arrivate anche a mangiare l’erba e il foraggio per gli animali. Cosa vuol dire dopo più di un anno essere a Gaza dove Israele per 59 volte ha dato ordine di evacuazione? Dove cercare di sopravvivere?

La parte finale del report è una serie di raccomandazioni agli Stati perché non siano complici del genocidio. La legge 185 vieta a un Paese di vendere armi a chi sta commettendo crimini. L’invito è quello di sorvegliare dove finiscono le armi vendute a vari Paesi destinate ad uso civile

L’invito a fine incontro a non perdere la propria indignazione, rivolto da un rappresentante di Amnesty, è il congedo migliore dopo una mobilitazione così sentita, che ha voluto con forza questa iniziativa, dove università e cittadinanza rivendicano insieme il diritto all’informazione e alla giustizia

L’intero report sul Genocidio a Gaza si può trovare sul sito di A.I. in inglese, oltre a una sintesi in italiano.