Isaia Invernizzi è andato in Val di Susa a raccontare la situazione attuale. Noi di Famiglie Accoglienti abbiamo particolarmente a cuore la situazione e ne abbiamo parlato spesso con le nostre amiche sorelle di Oulx. Nel loro Foyer Shalom le Suore Francescane Missionarie di Susa hanno accolto negli anni numerose persone facendo uno straordinario lavoro di umanità lì dove l’umanità delle istituzioni latita.
A dicembre poco più di 1.100 persone migranti sono state assistite da medici e mediche nell’ambulatorio allestito al rifugio Fraternità Massi di Oulx, in Val di Susa, vicino al confine tra l’Italia e la Francia. Alcune di loro avevano sintomi da ipotermia e congelamento, altre fratture e traumi dovuti alle cadute nel tentativo di oltrepassare la frontiera.
Da novembre gli accessi all’ambulatorio sono più che raddoppiati rispetto ai primi dieci mesi dall’anno, conseguenza dei nuovi respingimenti fatti dalla polizia francese. I controlli con i droni, le motoslitte e le telecamere termiche erano stati interrotti all’inizio del 2024 in seguito a una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, e da allora i migranti non erano stati più costretti a spostarsi di notte sui sentieri del colle del Monginevro, a quasi duemila metri. Le cose sono cambiate da novembre, quando la Francia ha sospeso di nuovo l’accordo di Schengen e rafforzato i controlli alle frontiere, sostenendo che la sospensione è motivata dalle minacce terroristiche e dall’attività delle «reti criminali che facilitano l’immigrazione irregolare e il contrabbando».
Con la ripresa dei respingimenti, le persone migranti sono tornate a rischiare la vita in montagna.
Da oltre dieci anni Oulx (si pronuncia ulcs) è uno dei punti di riferimento nel percorso seguito dai migranti provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa. Ogni anno migliaia di persone si fermano qui per qualche ora o alcuni giorni per prepararsi ad attraversare la frontiera in uno dei punti cruciali e più pericolosi delle rotte migratorie. La maggior parte di loro è diretta in Germania e nel Nord Europa.
Fino al 2021 arrivavano soprattutto dai Balcani. Erano persone afghane, pakistane e iraniane che prima di entrare in Italia rimanevano bloccate per mesi nei campi tra la Bosnia e la Croazia, dove spesso venivano picchiate e maltrattate dalla polizia.
Fino al marzo del 2021 molte persone venivano accolte anche nella casa cantoniera dell’Anas occupata nel dicembre del 2018 e ribattezzata “Chez JesOulx”, gestita da attivisti che fanno parte della rete internazionale chiamata “No Border” legata ai movimenti anarchici e No TAV. Anche loro offrivano cibo, vestiti e assistenza medica in modo più informale. In seguito allo sgombero del marzo del 2021, 19 persone sono state denunciate e processate, infine assolte in primo grado e in appello. I giudici hanno riconosciuto lo scopo sociale dell’occupazione, che ha consentito di salvare delle vite.
Dal 2015, quando la Francia ha sospeso per la prima volta gli accordi di Schengen, decine di persone sono morte nel tentativo di entrare in Francia dalla Val di Susa. Molte sono morte assiderate dopo essere cadute ed essersi ferite nei boschi, o dopo aver perso i sentieri. L’inverno è il periodo più pericoloso, ma diversi migranti sono morti anche nei mesi estivi quando le temperature in montagna sono comunque basse, soprattutto di notte.
Per anni il passaggio sui sentieri è stato l’unico modo per tentare di eludere i controlli della polizia francese, sofisticati e insistenti. I poliziotti di frontiera usano droni, visori notturni e telecamere per individuare le persone nei boschi. D’inverno si spostano con le motoslitte. Anche dopo aver oltrepassato il confine, nessuno può dire di avercela fatta prima di aver raggiunto il paese di Briançon. In base all’accordo di Chambery, firmato tra la Francia e l’Italia nel 1997, tutti i migranti che vengono trovati in territorio francese tra il confine e Briançon vengono riportati in Italia e affidati alla polizia italiana.
Ci sono altri due modi per tentare di entrare in Francia. Il primo consiste nel salire sul treno che dalla Val di Susa porta in Francia, ma ogni carrozza viene controllata dai poliziotti che chiedono i documenti soprattutto in base al colore della pelle. I treni sono fermi dall’agosto del 2023 a causa di una frana: le corse, e quindi i controlli, riprenderanno il prossimo marzo. Alcuni tentano con l’autobus, anche in questo caso controllato prima di entrare nel tunnel del Frejus. Sul grande piazzale fuori dalla galleria c’è un container, una sorta di posto di blocco della polizia italiana e francese. Qui i respingimenti vengono fatti direttamente in territorio italiano, in modo piuttosto eccezionale per le leggi che regolano responsabilità e autorità delle frontiere.
Durante i controlli la polizia francese consegna ai migranti irregolari un documento chiamato refus d’entrée, il divieto di ingresso. In seguito le persone vengono riportate in Italia e affidate alla polizia italiana che le invita a presentarsi in questura per formalizzare la domanda di asilo. Quasi tutte preferiscono tentare di passare di nuovo la frontiera.
Alle frontiere tra l’Italia e la Francia i controlli non dovrebbero esseri così rigidi, in virtù dell’accordo di Schengen che 30 anni fa istituì una zona di libera circolazione di merci e persone in quasi tutti i paesi dell’Unione Europea più Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Secondo le regole europee, però, un paese ha il diritto di sospendere temporaneamente la libertà di movimento prevista da Schengen «come misura di ultima istanza» e «in situazioni eccezionali», anche in occasione di grossi eventi sportivi o in altri casi straordinari, come fu per esempio la pandemia di Covid. Dal 2015 la Francia rende ordinaria questa straordinarietà: ha rinnovato la sospensione di sei mesi in sei mesi.
Questa politica repressiva è stata contestata per anni da molte associazioni italiane e francesi. Nel settembre 2023 la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha infine accolto un ricorso presentato da molte associazioni e ha imposto alla Francia di rispettare le regole sui rimpatri. Nella sentenza si legge che la Francia non può respingere immediatamente i migranti che cercano di entrare nel paese attraverso le frontiere con i paesi vicini. Secondo la Corte, i migranti che arrivano in Francia illegalmente da paesi che fanno parte dell’Unione Europea non possono essere respinti subito, ma devono poter «beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio».
Il Consiglio di Stato francese ha preso atto di questa sentenza il 2 febbraio del 2024. Da allora, fino a novembre, le persone hanno potuto superare la frontiera a piedi lungo le strade. La polizia francese faceva firmare loro un documento con cui dichiaravano di voler presentare domanda di asilo in Francia. A quel punto potevano passare.
«Per buona parte del 2024 le persone non hanno dovuto inerpicarsi sulle montagne, non sono state costrette a passare la notte fuori al freddo o a scappare dalla polizia», dice Federica Tarenghi, coordinatrice medica dell’associazione Medici per i diritti umani che opera al rifugio Massi di Oulx. «Abbiamo assistito persone che avevano problemi di salute dovuti al viaggio fino a Oulx: nessuno rischiava più la vita alla nostra frontiera».
Ma dall’inizio di novembre la polizia è tornata a controllare la frontiera come in passato, le persone sono tornate sui sentieri, e la libertà di movimento prevista da Schengen è stata sospesa ancora per sei mesi, fino alla fine di aprile.
Nel 2024 inoltre non è stato rinnovato il fondo del ministero che finanziava alcune organizzazioni come Talità Kum. Il rifugio Fraternità Massi dovrà fare a meno di circa mezzo milione di euro, essenziale per sostenere l’accoglienza. Nelle ultime settimane sono state organizzate raccolte fondi e concerti per aiutare le associazioni che lavorano nel rifugio. Se sarà costretto a chiudere, migliaia di persone che arrivano a Oulx non avranno un posto dove dormire né assistenza sanitaria prima del rischioso passaggio del confine.
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