“La speranza è qualcosa che abbiamo o non abbiamo dentro di noi; è una dimensione della nostra anima e, nella sua essenza, non dipende da osservazioni sul mondo o da previsioni sulla situazione. La speranza non è una previsione. È un orientamento dello spirito, un orientamento del cuore, che va oltre il mondo immediato vissuto e trova radici altrove, al di là dei suoi confini…
La misura della speranza, in questo senso profondo e forte, non è il nostro entusiasmo per l’andamento favorevole delle cose o la nostra volontà di investire in imprese chiaramente destinate al successo imminente, ma piuttosto la nostra capacità di impegnarci in qualcosa perché è giusto e non solo perché è sicuro che avrà successo…
Più avversa è la situazione in cui dimostriamo la nostra speranza, più profonda è questa speranza. La speranza, semplicemente, non è ottimismo. Non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha un senso – indipendentemente da come andrà a finire.
Credo che la speranza più profonda e importante, l’unica che può davvero sostenerci, spingerci a compiere buone azioni e rappresentare l’unica vera fonte della grandezza dello spirito umano e del suo sforzo, provenga, per così dire, “da altrove”. Ed è proprio questa speranza che ci dà la forza di vivere e di continuare a tentare, anche in condizioni esteriormente così disperate come quelle che ci circondano”.
In una situazione difficile come quella che viviamo oggi, in questa atmosfera nebbiosa e violenta, la riflessione di Havel sulla speranza può esserci di grande aiuto. Una speranza che si fonda non sulla possibilità di successo, ma sulla certezza che la propria azione e i propri valori siano giusti. È l’opposto del sistema in cui viviamo e in cui ci siamo formati, dove il successo, la cosa esterna, è più importante dell’esperienza interna, della coerenza con sé stessi.
Credo che l'”altrove” di Havel, da cui nasce la speranza, sia il futuro, cioè quell’orizzonte che negando e superando il presente, nutre le aspirazioni più grandi e profonde. Senza questo futuro, senza queste aspirazioni, l’essere umano non si sarebbe mai aperto alla Storia. È l’immagine del futuro che dà senso al passato e trasforma il presente. Se riflettiamo su un momento difficile della nostra vita, possiamo osservare come proprio dal futuro abbiamo preso la forza per uscirne. E dove, se non nel futuro, l’umanità ha trovato l’ispirazione e le risorse per portare avanti battaglie sociali che hanno permesso di migliorare le condizioni di vita?
Perciò, tutte le attività che si svolgono oggi contro le guerre e, in generale, contro la violenza, hanno un profondo significato, al di là dei risultati immediati. Queste attività, per piccole che siano, sono grandissime, perché alimentano l’aspirazione ad un mondo di pace, nutrono il sogno di un mondo veramente umano.
Václav Havel è stato un importante drammaturgo, scrittore e politico ceco, noto per il suo ruolo cruciale nella lotta contro la dittatura comunista in Cecoslovacchia. Nato nel 1936, Havel divenne una figura di spicco del dissenso negli anni ’70, promuovendo ideali di libertà, diritti umani e democrazia attraverso il suo attivismo e le sue opere letterarie. Nel 1989, fu uno dei leader della Rivoluzione di Velluto, il movimento nonviolento che portò alla caduta del comunismo nel paese. Successivamente, Havel divenne il primo presidente della Repubblica Ceca post comunista, dal 1989 al 2003. Amato dal popolo ceco, è ricordato per la sua forza, saggezza e bontà.
Il testo citato è tratto dal libro “Dálkový výslech” – intervista di Václav Havel con Karel Hvížďala.