Udik “Unione Donne Italiane e Kurde” ha manifestato subito la sua felicità e la sua gratitudine a seguito della notizia della liberazione della nostra concittadina Cecilia Sala, di cui abbiamo sempre stimato l’impegno come giornalista. Ma la felicità di questa notizia non deve permettere a nulla e a nessuno di toccare e modificare lo slogan che è figlio della lotta e della resistenza di un secolo delle donne kurde, che lo hanno “donato” a tutte le donne del mondo e a tutte le resistenze che stanno portando avanti le donne in qualsiasi angolo del mondo, gridandolo in tutte le lingue. Si è cercato e si cerca ancora di negarne l’origine e disconoscere chi siano le autrici di questo slogan e di questa “filosofia” che ora, è vero, sempre più donne interpretano, ma è comunque inaccettabile che venga modificato, manipolato o personalizzato, legandolo a singole donne, perché questo slogan è uno slogan inclusivo e non destinato a visioni individuali di singole persone.
In riferimento alla vignetta di Mauro Biani pubblicata da La repubblica: in nome della correttezza, della giustizia, della verità e dei diritti pretendiamo che non venga toccato questo “sacro” slogan. Con tutto il nostro affetto e rispetto per Cecilia Sala e per il disegnatore, difensore di tante cause dei diritti umani.
Questo è quel che fa davvero rabbia, anzi, infuriare: che le persone che richiamano la pace, la giustizia e si definiscono i difensori dei diritti e proclamano di non stare in silenzio per alcune situazioni di guerra e ingiustizia, sono le stesse persone che tacciono di fronte a un silenzio assordante, nel confronto dell’attacco dei turchi contro il Rojava. Incredibile come anche nella giustizia e nei diritti ci siano due pesi e due misure.
Viva la resistenza di Rojava
Donna Vita Libertà