La determinazione del popolo e della resistenza palestinese ha costretto l’occupazione israeliana ad accettare le proprie condizioni: cessate il fuoco, scambio di prigionieri, ritiro delle forze israeliane e ritorno dei profughi nel nord di Gaza. Dopo oltre 15 mesi di genocidio in Palestina, Hamas e Israele sono giunti a un accordo per il cessate il fuoco che dovrebbe entrare in vigore domenica alle 12:15 di domenica 19 gennaio 2025. Tre giorni di tempo hanno le controparti per ratificarne l’implementazione. Con il comunicato stampa del 15 gennaio 2025, Hamas dichiara di aver consegnato la propria risposta ai mediatori riguardo alla proposta di accordo per il cessate il fuoco. L’Ufficio Politico del movimento ha tenuto una riunione straordinaria per discutere la proposta presentata dai mediatori “al fine di fermare l’aggressione sionista e porre fine ai massacri e alla guerra di sterminio in corso”.
Le condizioni della tregua sarebbero:
– SCAMBIO DI PRIGIONIERI: I prigionieri israeliani nelle mani della resistenza palestinese verranno scambiati con prigionieri politici palestinesi, tra cui centinaia condannati a lunghe pene. Finora, il governo Netanyahu aveva rifiutato categoricamente lo scambio di prigionieri, puntando a riprendere i prigionieri israeliani a Gaza con la forza o in cambio di un cessate il fuoco senza garanzie.
– RITIRO DELLE FORZE ISRAELIANE: L’esercito israeliano si ritirerà, nel corso delle fasi del cessate il fuoco, dalla Striscia di Gaza. Il ritiro comprenderà anche l’Asse Netzarim, che divide in due la Striscia, e l’Asse Filadelfia, che separa Gaza dall’Egitto.
– RITORNO DEI PROFUGHI AL NORD: Il piano di pulizia etnica per svuotare il nord di Gaza è stato respinto. Secondo l’accordo, gli sfollati del nord di Gaza, che sono stati spinti verso il sud, potranno fare ritorno senza limitazioni.
– INGRESSO DEGLI AIUTI UMANITARI: Finora, gli aiuti umanitari sono stati utilizzati come strumento di pressione contro i palestinesi, specialmente quelli del nord. L’ingresso degli aiuti riprenderà a ritmi concordati, e arriveranno anche al nord di Gaza.
Questo accordo per un istante sembrava essere stato accolto da Israele, sancendo la sconfitta degli obiettivi dichiarati dell’occupazione, ossia: lo sradicamento delle forze di resistenza, l’occupazione militare della Striscia di Gaza e la consegna incondizionata dei prigionieri israeliani nelle mani della resistenza. Ma all’interno del governo Netanyahu si è acceso il dibattito: il Ministro delle Finanze Smotrich, rappresentante del sionismo integralista religioso, ha cercato garanzie sull’estensione territoriale di Israele in Cisgiordania in cambio del suo appoggio; Il Ministro Itamar Ben Gvir, rappresentante dell’ultradestra sionista, ha minacciato di abbandonare la coalizione di destra in sostegno a Netanyahu qualora questa tregua entrasse in vigore. Ecco dunque che la ratifica da parte del governo d’Israele, che doveva avvenire oggi, slitta nuovamente. Netanyahu: “No a pressioni sui prigionieri palestinesi”. Blinken: “Ci aspettiamo che l’intesa su Gaza parta domenica”. Dal sedicesimo giorno di tregua, Hamas e Israele dovrebbero discutere della terza fase dell’accordo: al momento tutt’altro che garantite.
Oggi la notizia è che, secondo l’ufficio del primo ministro israeliano Netanyahu, “Hamas ha rinnegato parti dell’accordo. Il gabinetto non si riunirà finché i mediatori non comunicheranno che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell’accordo”. La risposta di Hamas tramite Izzat al-Rashak è stata: “Impegnati a rispettare l’accordo”.
Nel frattempo, secondo la Protezione Civile di Gaza, sarebbero più di 80 le persone rimaste uccise negli attacchi e nei bombardamenti israeliani a Gaza dopo l’annuncio dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, mentre Israele inizia a sviluppare insediamenti civili nel Golan siriano. De facto Israele accusa Hamas, ma è il suo governo ad aver violato palesemente i presupposti della tregua non avendola ancora ratificata.
Ad oggi infatti si è dimostrata essere una tregua maleodorante nei suoi presupposti per molti motivi:
– nonostante la proposta di “cessate il fuoco”, l’occupazione coloniale sionista della Palestina, che perdura da oltre 76 anni, continua;
– la proposta di tregua non può oscurare l’immensa tragedia umana consumatasi a Gaza, con decine di migliaia di palestinesi uccisi, centinaia di migliaia di feriti, infrastrutture devastate, un sistema sanitario al collasso, sotto assedio e in condizioni di estrema precarietà per oltre 2 milioni di palestinesi;
– in Cisgiordania, l’occupazione israeliana continua a espandere le proprie colonie attraverso piani di insediamento illegali, con il pieno appoggio dell’amministrazione USA entrante, e procede con le sue campagne volte a spezzare la resistenza;
– Mentre viene pensato lo scambio con i prigionieri israeliani, ci si dimentica dei prigionieri palestinesi e soprattutto di Marwan Barghuthi;
– mentre continuano attacchi, uccisioni, demolizioni e arresti per mano dell’esercito israeliano, la cosiddetta “Autorità Nazionale Palestinese” (ridotta ormai ad amministrazione municipale) continua, tramite la “collaborazione di sicurezza” con l’occupante, a svolgere il suo ruolo funzionale e per il quale è stata concepita: garantire la sicurezza di Israele, uccidendo e arrestando i resistenti palestinesi – emblematico è l’assedio imposto al campo profughi di Jenin da inizio dicembre 2023.
– Secondo The Lancet, il numero delle vittime a Gaza è superiore del 40% rispetto alle cifre diffuse del ministero della Salute di Gaza”. Secondo questi calcoli, che riportiamo nell’articolo qui di seguito, dunque non sarebbero 46.000 ma circa 90.000 i morti accertati finora, più un numero enorme e imprecisato di sepolti sotto le macerie e evaporati a causa di piccoli ordigni nucleari utilizzati dall’entità genocida israeliana. Infine, tra morti certi, sepolti e evaporati, feriti e dispersi siamo forse a un quinto della popolazione totale di Gaza? Con le dovute proporzioni, è come se 150 milioni di Europei fossero stati sterminati, feriti e fatti sparire. Un vero e proprio sterminio.
Quindi prendiamo le distanze da ogni trionfalismo perché un conto è tirare un respiro di sollievo per la proposta di sospensione dei combattimenti, un conto è cantare subito vittoria. La Striscia di Gaza è rasa al suolo, mentre Israele è completamente diviso internamente ed è ai minimi storici della sua popolarità internazionale, anche se mai come ora ha attratto a sè l’opinione favorevole di moltissimi europarlamentari rispetto a prima. Se questi sono i presupposti di una vittoria, hanno perso tutti. Rimango perplesso davanti alle scene di giubilo. Se è vero che potrebbe cessare il massacro, il massacro è ancora lì, fumante, e i bambini morti da poco sono lì a testimoniarlo. Sarebbe una vittoria di chi? Di Pirro?
È quindi necessario restare vigili di fronte al rischio di violazioni del cessate il fuoco da parte di Israele, continuare a mobilitarsi in appoggio al popolo palestinese, in particolare a Gaza, contribuendo alla resistenza del popolo palestinese tramite le campagne per la riqualificazione delle infrastrutture e del sistema sanitario.
Negli ultimi 15 mesi, la solidarietà con il popolo palestinese è stata fondamentale nel denunciare le atrocità commesse da Israele e smascherare i governi complici che lo sostengono. Tuttavia, è necessario trasformare la solidarietà umana in un impegno politico che metta in luce la natura imperialista dell’aggressione sionista e il reale ruolo dell’Italia: contrapposto alla pace in Palestina. L’Italia, infatti, insieme agli altri Paesi NATO e alleati di Israele, continua a fornire sostegno a Israele, aumentando le proprie spese militari e riducendo al contempo la spesa sociale, con tagli ai fondi per sanità e istruzione. È essenziale continuare a impegnarsi nel far comprendere alle masse italiane che anche loro, attraverso il carovita e i tagli, stanno pagando il costo dell’aggressione coloniale contro il popolo palestinese.
https://tg24.sky.it/mondo/2025/01/16/guerra-israele-palestina-gaza-16-gennaio-diretta
https://ilmanifesto.it/israele-raddoppia-i-suoi-coloni-sul-golan-siriano-riappare-al-assad
https://www.ilpost.it/2024/12/16/alture-del-golan-piano-coloni-israele/