In Transnistria molte fabbriche hanno dovuto chiudere in conseguenza dello stop dell’Ucraina alle importazioni e al transito di gas russo. Ad annunciarlo Sergei Obolonik, vice-capo del governo della regione separatista formalmente parte della Moldavia.
Secondo il dirigente, informa la testata Novosti Pridnistrovja, l’attività continua solo negli impianti che producono alimenti. Gli stop sarebbero conseguenza del mancato rinnovo da parte ucraina dei contratti quinquennali di fornitura di gas dalla Russia, scaduti il 31 dicembre scorso.
Sia la Moldavia che la Transnistria, dove dalla disgregazione dell’Urss negli anni Novanta è di stanza un contingente di peacekeeper russi, sono storicamente dipendenti dal metano siberiano che giunge attraverso i condotti di Kiev.
“È troppo presto per capire come si svilupperà la situazione” ha sottolineato Obolonik. “Il problema è così diffuso che, se non verrà risolto, ci saranno cambiamenti irreversibili: le imprese potrebbero perdere la capacità di riavviare le attività”.
L’Ucraina aveva continuato a importare e trasferire gas russo attraverso il suo territorio nonostante l’acuirsi del conflitto militare seguito all’offensiva di Mosca del 24 febbraio 2022. Kiev aveva guadagnato fino a un miliardo di dollari l’anno in tariffe di transito. Secondo alcune stime, il mancato rinnovo determinerebbe ora per Mosca mancate entrate per circa cinque miliardi l’anno.
I cambiamenti nella geopolitica del gas sono parte di una più generale ristrutturazione del sistema di importazione dell’energia da parte dell’Europa, sempre meno dipendente dalla Russia e più legata anche agli Stati Uniti.
Con la crisi in Ucraina anche la Moldavia ha cominciato a guardare a ovest: l’obiettivo del governo è soddisfare il 60 per cento del fabbisogno nazionale con acquisti dalla Romania.