Dopo aver ritardato per più 13 anni la caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria, con il sostegno principale di Iran e Russia, le fazioni jihadiste sostenute dalla Turchia e altri gruppi arabi siriani hanno raggiunto la capitale lo scorso 8 dicembre e Bashar al-Assad è fuggito in Russia. Il partito Ba’th ha lasciato il potere; in risposta, i cittadini di città come Qamishli e Hassake sono scesi in piazza, festeggiando e smantellando le statue dell’ex leader siriano Hafez al-Assad. La permanenza al potere di Bashar al-Assad è stata costosa e disastrosa per il popolo siriano; Bashar al-Assad è fuggito in Russia, ponendo fine per sempre al governo della sua famiglia e del partito Ba’th. Dalla primavera araba sono morte più di 500.000 persone, quasi 10 milioni dei 24 milioni di abitanti del paese sono stati sfollati e oltre il 60% delle infrastrutture siriane è stato distrutto. E’ da sottolineare che le forze e le potenze internazionali che hanno avuto rapporti con la Siria negli ultimi anni hanno agito esclusivamente per interessi personali.

La Siria e i suoi cittadini stanno vivendo momenti storici importanti, poiché abbiamo assistito alla caduta del regime autoritario di Damasco, lo stesso regime Ba’thista che ha governato ed oppresso l’Iraq in passato. La caduta di tale regime in Siria è un’opportunità unica per creare una Siria fondata sulla democrazia e sulla giustizia, garantendo i diritti di tutti i suoi cittadini. Vorrei tornare indietro e ricordare che i governi europei, ma anche i media non avevano mai definito dittatura il regime di Assad, perché prima o non avevano presente la situazione o non erano interessati alle condizioni dei cittadini siriani. Subito dopo la caduta del regime di Damasco abbiamo sentito definire da politici e giornalisti Assad come un dittatore e richiamare felici l’unità della Siria. Credono alle dichiarazioni di Ahmed al- Shara (ex nome di combattimento di Al-Jolani) che i diritti umani saranno rispettati e che le donne godranno degli stessi diritti. Invece gli jihadisti hanno subito iniziato ad uccidere in strada civili, militari e Alawiti, gruppo musulmano cui appartiene Assad

La preoccupazione e la paura sono che la caduta di Assad sia l’inizio della creazione di un altro Afghanistan o Iran. Al-Jolani dice esattamente quello che avevano detto i talebani quando hanno conquistato l’ Afghanistan, che sarebbe stato un paese democratico e che i diritti delle donne sarebbero stati garantiti. Anche la rivoluzione popolare iraniana di Khomeini del 1979 ha diffuso slogan poi smentiti nei fatti. L’occupazione dell’Iran da parte della Repubblica islamica nel 1979 fu uno degli eventi più amari della storia attuale: ad esempio avevano promesso la democrazia, la libertà politica e l’autonomia ai Kurdi, mentre nulla di tutto questo si è realizzato. Anche ora quello che è chiaro è l’accordo degli Jihadisti con il governo turco contro i kurdi e contro l’unico esempio di una federazione autonoma, a Kobane nel nord della Siria. La situazione è grave, la gioia della caduta del regime dittatoriale di Assad non ci deve impedire di vedere quello che sta realmente succedendo ora e che richiama quanto accadeva quotidianamente all’epoca dello stato islamico con civili decapitati, donne rapite e famiglie yazide assassinate Lo Stato turco mira a distruggere la rivoluzione e il modello di autogoverno democratico, compie quotidianamente attacchi ingiusti contro il territorio siriano e in particolare contro una città come Kobane, considerata un simbolo della resistenza contro un gruppo terroristico brutale, come l’ISIS. Qualche giorni fa il regime turco ha perseguitato e ucciso con il lancio di droni due giornalisti kurdi, Cihan Bilgin e Nazim Deshtan, che trasmettevano le notizia , L’uccisione di giornalisti da parte della Turchia non è un fatto nuovo: la Turchia ha un passato storico di occupazione di territori kurdi, di assassinii di giornalisti e uccisioni di donne, bambini e civili in generale. Il 4 gennaio gli aerei militari turchi hanno bombardato cinque volte la diga di Tishrin e la zona di Deir Hafer a Est di Aleppo, inviando migliaia di mercenari islamici per commettere massacri e distruggere la resistenza kurda in Rojava, ma la resistenza e la rivoluzione del Rojava continuano e vanno avanti, nonostante le difficoltà. Il popolo kurdo e le forze democratiche siriane sono contro la guerra, ma giovani, donne e uomini, si offrano volontari per difendersi e difendere il modello della democrazia in Rojava, modello che va assolutamente sostenuto.

In una dichiarazione rilasciata del comandante in capo delle forze democratiche siriane Mazloum Abdi, egli ha descritto il crollo del regime come un momento cruciale per la Siria, offrendo la possibilità di “costruire una nuova Siria”, e ha sottolineato l’importanza della caduta del regime, definendola un punto di svolta nella storia della nazione. Anche la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock durante la sua recente visita ha sottolineato l’importanza della partecipazione kurda al nuovo processo politico in Siria, affermando che la sicurezza della comunità kurda è importante per un futuro stabile nel paese. Ha ribadito la necessità che, dopo la caduta del regime siriano, si verifichi un trasferimento di potere pacifico e globale: “La parte dolorosa del governo di Assad è finita. Ora è tempo che il popolo siriano si riprenda in mano il destino del proprio Paese” . Questa transizione avrà successo solo se tutti i settori della società siriana, compresi i kurdi, se cioè tutte le donne e tutti gli uomini parteciperanno al nuovo processo politico indipendentemente dalla loro appartenenza etnica o dal loro background etnico e religioso.

Auspichiamo che la comunità internazionale e i governi non si lascino ingannare dalle parole di Al Jolani e dalla sua scelta del ministro donna Aisha al Dibs nel suo governo. Al Jolani si definisce un liberale. “Le donne avranno un ruolo centrale nella costruzione della nuova Siria, che rispetterà i diritti delle minoranze”, ma questa presenza femminile non garantisce la libertà e di diritti delle donne e nemmeno quello delle cosiddette minoranze etnica e religiosa, Vale anche la pena ricordare che durante la visita della Ministra degli Esteri tedesca in Siria non le è stata data la mano per salutarla, il che ci fa ricordare l’accoglienza di Erdogan qualche anno fa alla presidente del parlamento europeo, cui egli negò la poltrona, un esempio chiaro del comportamento dei regimi islamici e fascisti.

Quello che auspichiamo perciò è che la comunità internazionale e l’Occidente non dimentichino il popolo kurdo e la sua lotta e non trascurino la situazione dei kurdi, che non possono essere vittima di altri inganni o tradimenti.

Gulala Salih, presidente UDIK “Unione donne Italiane e Kurde”