La Serbia sta affrontando una duplice stretta sulle sue forniture energetiche, con nuove sanzioni degli Stati Uniti contro la Russia che colpiscono direttamente la sua principale compagnia di gas e petrolio, mentre l’Azerbaijan che afferma di non essere in grado di garantire le proprie forniture di gas.
Due sviluppi che mettono a dura prova la politica di equilibrio geopolitico tra Russia e Occidente costruita nello scorso decennio dal presidente serbo Aleksandar Vučić.
Le sanzioni americane contro la Russia colpiscono l’azienda di stato Nis
Venerdì 10 gennaio il Tesoro statunitense ha annunciato un nuovo round di sanzioni finanziarie contro il settore energetico russo.
La Serbia si trova a rischio di sanzioni secondarie, se il paese continua a condurre transazioni con la Russia. L’azienda pubblica serba dell’energia Naftna Industrija Srbije (NIS) è infatti a maggioranza di proprietà delle società russe Gazprom (6.15%) e Gazprom Neft (50%). Il governo serbo possiede solo il 29,8% della società.
“Sono le sanzioni più severe che abbiano mai colpito una compagnia in Serbia”, ha dichiarato il presidente serbo Aleksandar Vučić. “Non consentono nemmeno la possibilità di una quota del 49%, ma richiedono un’uscita completa [dei capitali russi] da NIS“. Vučić si è affrettato a rassicurare il pubblico che “non ci saranno carenze [nelle forniture] e non ci saranno catastrofi”.
La Serbia ha tempo fino al 12 marzo per modificare la struttura societaria di NIS, che potrebbe vedere la compagnia pubblica ungherese MOL subentrare alle quote russe.
Un eventuale accordo dovrà essere approvato dal tesoro statunitense. Vučić ha annunciato che ne discuterà direttamente con Putin. Le nuove sanzioni USA potrebbero mettere fine a uno dei pilastri dell’influenza del Cremlino in Serbia.
Finora, la Serbia ha beneficiato di un vantaggio competitivo grazie ai suo accordi sull’energia con la Russia. Il contratto triennale firmato nel 2022 prevedeva la fornitura di 2,2 miliardi di metri cubi di gas all’anno. E lo scorso ottobre, Belgrado si era assicurata un aumento di altri 400 milioni per la stagione invernale. Il totale per il 2024 dovrebbe avvicinarsi ai 3 milioni di metri cubi Le sanzioni statunitensi contro la Russia tuttavia potrebbero infliggere un duro colpo all’economia della Serbia. NIS è infatti tra i principali contributori al bilancio pubblico del paese.
Un inatteso stop anche al gas dall’Azerbaigian
Il giorno successivo, sabato 11 gennaio, Vučić ha dovuto convocare all’improvviso un’altra drammatica conferenza stampa, per annunciare che anche l’Azerbaijan avrebbe interrotto le sue forniture.
“Ho ricevuto informazioni dai nostri fratelli e amici azeri che a causa di forza maggiore e dei problemi che hanno, da oggi non possiamo contare sui 1,7 milioni di metri cubi di gas che arrivano ogni giorno nel nostro paese.” Non è chiaro quando i flussi di gas azero potranno riprendere, ha aggiunto Vučić. “Ciò significa che da oggi inizieremo a utilizzare le riserve di gas”. Belgrado può contare su circa 425 milioni di metri cubi di gas in riserva tra Serbia e Ungheria.
L’Azerbaigian è una fonte alternativa al gas russo per i Balcani e per l’Italia attraverso la Trans-Adriatic Pipeline (TAP).
Nel 2023, la Serbia, che utilizza più di 3 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ha firmato un accordo con l’Azerbaigian per acquistare 400 milioni di metri cubi di gas naturale all’anno a partire dal 2024. Il resto del gas usato in Serbia proviene dalla Russia.
Anche la Bulgaria aveva annunciato settimana scorsa la sospensione delle forniture di gas azero, per problemi tecnici non specificati. La filiale azera di BP ha sospeso nei giorni scorsi l’estrazione presso la piattaforma Shah Deniz Alfa (SDA) dopo aver rilevato un problema tecnico nella linea sottomarina di esportazione del gas condensato.
La ripicca di Mosca tramite Baku?
Non è chiaro cosa ci sia dietro lo stop al gas azero.
Belgrado e Baku intrattengono ottimi rapporti – il padre del’odierno dittatore Heydar Aliyev ha addirittura una statua al parco di Tašmajdan, e la Serbia continua a esportare armamenti verso il petrostato del Caspio, per oltre 50 milioni di dollari l’anno.
Secondo alcuni, Mosca potrebbe stare cercando di fare pressione sulla Serbia tramite l’Azerbaigian.
Nonostante i dinieghi, infatti, vi è ampio consenso che Baku faccia triangolazione per ri-esportare il gas russo verso l’Europa, eludendo le sanzioni.
“Il rapporto tra Mosca e Baku è estremamente opportunistico ma anche soggetto a oscillazioni“, afferma Vuk Vuksanović, analista del Belgrade Center for Security Policy a Politico Europe.
“Non si può dire con certezza se l’Azerbaijan si stia lasciando usare da Mosca per fare pressione sulla Serbia, ma la tempistica dello stop azero è certo imbarazzante”.
Aumenti dei prezzi mentre continuano le proteste di piazza
I nuovi problemi alle forniture energetiche arrivano in un pessimo momento per Vučić.
Da novembre il governo serbo affronta ampie proteste di piazza, a seguito dei 15 morti e molteplici feriti per il cedimento della pensilina della stazione di Novi Sad.
La questione del gas “arriva in un momento estremamente inopportuno per Vučić, vulnerabile sul fronte interno a causa delle proteste studentesche“, ricorda Vuksanović .
“Avere un problema di fornitura di gas nel bel mezzo della stagione del riscaldamento porterà inevitabilmente ad aumenti dei prezzi“.