Camion scortati da polizia, ambulanze, pompieri e squadre di pronto intervento hanno cominciato a trasferire da ieri 337 tonnellate di rifiuti tossici giacenti da oltre 40 anni nella fabbrica della Union Carbide a Bhopal, all’origine di uno dei più gravi disastri industriali di sempre.

Delle operazioni hanno riferito Indian Express, Times of India, India Today e altri quotidiani di New Delhi.

Le scorie sono state trasferite a circa 225 chilometri di distanza, in un inceneritore che si trova a Pithampur, sempre in una regione centrale del Paese.

Impiegati 12 container speciali, ciascuno in grado di trasportare 30 tonnellate di scarti. Secondo India Today, i mezzi hanno viaggiato a una velocità di 50 chilometri l’ora. Un centinaio gli specialisti mobilitati, più di mille invece gli agenti. L’operazione è stata organizzata sulla base di una sentenza dell’Alta corte dello Stato di Madhya Pradesh, che aveva indicato una scadenza di quattro settimane.

È la prima volta che vengono trasferiti rifiuti da Bhopal. Il 4 dicembre 1984 dalla fabbrica di Union Carbide, poi divenuta proprietà di un’altra multinazionale americana, la Dow Chemical, si sprigionò una nube di gas tossici che provocò in pochi giorni almeno 3.500 morti. Secondo stime del governo indiano, le vittime nel corso degli anni furono però più di 15mila.

I responsabili dell’operazione di trasferimento hanno calcolato che lo smaltimento delle scorie avverrà in un arco di tempo compreso tra i tre e i nove mesi. Attivisti di Pithampur, la località dove si trova l’inceneritore, hanno però denunciato nuovi rischi facendo riferimento a un tentativo risalente al 2015.

Allora, come ricorda il quotidiano Hindustan Times, lo smaltimento nel sito della fabbrica di una piccola quantità di residui aveva avvelenato le falde acquifere e i ruscelli utilizzati dagli abitanti di quattro villaggi della zona.

Critiche al trasferimento sono state rivolte anche dagli attivisti del movimento International Campaign for Justice in Bhopal. Una sua esponente, Rachna Dhingra, ha diffuso sulle reti sociali aggiornamenti su un sit-in di protesta a tempo indeterminato avviato ieri dalle vittime del disastro e dai loro familiari. Il nodo è in questo caso un altro: il mancato rinnovo da parte del governo indiano delle norme che permettevano il finanziamento dall’estero di Sambhavna Trust, la fondazione responsabile di un ospedale che ha curato i sopravvissuti per 28 anni ma ha di recente dovuto chiudere per insufficienza di risorse.