Dopo il 16 dicembre, giorno della quarta udienza del processo a Marjan Jamali, nel corso della quale l’accusa non ha fatto emergere alcun elemento utile per suffragare l’impianto accusatorio, lunedì 20 gennaio 2025 si è tenuta a Locri una nuova udienza in cui sono stati uditi altri quattro testimoni portati in aula dall’accusa.
In questa sessione del processo, anche il Collegio giudicante ha dovuto prendere atto di alcune testimonianze non accettabili poiché “de relato”: in sostanza, una teste ha riferito valutazioni e considerazioni non sue, riportando quanto ascoltato da un’altra testimone che, a sua volta, le avrebbe riferito circostanze non verificate e verificabili e per giunta su terzi non coinvolti nel procedimento in corso.
Abbiamo tutti avuto la sensazione di assistere quasi a dei giochi di rompicapi e sciarade e non a elementi inoppugnabili attinenti a fatti precisi. Purtroppo, tali giochi incidono direttamente sulla vita e sulla libertà degli imputati.
Nel corso dell’udienza sono state smentite illazioni che in precedenza erano state propalate da altri – che già hanno inciso pesantemente in questo processo, condizionate da posizioni bigotte e preconcette – e che erano apparse come tese a delegittimare personalmente Marjan Jamali, sia come madre che come donna.
Sono altresì emersi elementi atti a ritenere le indagini quantomeno approssimative, anche su prove dirimenti quali le attestazioni di pagamento del “viaggio.”
La circostanza che più è risaltata netta durante questa quinta udienza è la totale impossibilità di portare in aula altri testimoni tra i migranti presenti sull’imbarcazione naufragata. Nessun altro “viaggiatore” al momento è risultato reperibile, né ne è stata accertata identità o nazionalità. Risultano irreperibili pure gli unici due migranti che, dopo aver tentato di molestarla, hanno accusato Marjan di essere una scafista.
Inoltre, la disamina dei dati presenti sui cellulari non ha fatto emergere conferme alle accuse, mentre è stata utile per far venire a galla forti elementi convergenti per discolpare Marjan e gli altri imputati.
Ad esempio, le indicazioni precise di tempi e modalità di pagamento delle somme pattuite, pure dettagliate, inviate dalla stessa Marjan e dal coimputato Babai ai congiunti in prossimità della conclusione del viaggio.
Oppure le ripetute confidenze di Marjan che, genuinamente, sia durante il viaggio con un’amica che successivamente parlando al telefono con il figlio affinché lo riferisse allo zio, raccontava delle ripetute avances e molestie sessuali che aveva dovuto subire durante la traversata proprio da coloro che l’avevano accusata.
Alla fine dell’udienza, con una stato d’animo sincero ma fortemente emotivo, Marjan si è rivolta alla corte con parole nette e chiare, chiedendo di attendere da persona libera la fine di questo terribile incubo che sta vivendo.
“Da quello che avete visto sinora – ha affermato – anche se non ho fatto nulla sono detenuta da oltre un anno, prima in carcere e adesso agli arresti domiciliari. Io sono sicura di non aver commesso alcun reato. Perché devo soffrire ancora? Vi chiedo di togliermi il braccialetto e di lasciarmi libera, perché non ho nessuna intenzione di scappare, ma solo di attendere con fiducia la fine del processo”.
La Pm si è riservata di dare il suo parere nei termini di legge (entro due giorni!), dopodiché il collegio giudicante si pronuncerà sulla richiesta di libertà.
Il 10 febbraio si terrà la prossima udienza. Ci auguriamo che continui a sgretolare i piedi d’argilla del già vacillante impianto accusatorio che a oggi appare del tutto simile a quello che ha tenuto ingiustamente in carcere per più di 300 giorni Maysoon Majidi.
Comitato Free Marjan Jamali
Comitato Free Maysoon Majidi