È passata poco più di una settimana da quando ho deciso di interrompere il mio viaggio in bicicletta lungo il Perù Great Divide, un percorso di quasi 1.500 km che attraversa le maestose catene montuose andine da nord a sud.
I motivi alla base di questa decisione erano molteplici: diciassette giorni consecutivi di pioggia incessante, l’altitudine costante tra i 3.000 e i 5.000 metri, che il mio corpo faticava a tollerare, e le strade sterrate, quasi impraticabili a causa del maltempo. Questi fattori hanno trasformato un’avventura straordinaria in una sfida estenuante.
Viaggiare in bicicletta è un’esperienza coinvolgente, ma a volte può essere implacabile. Ogni giorno sembra una ripetizione e l’assenza di distrazioni lascia alla mente lo spazio per divagare. I pensieri fluiscono liberamente, come le nuvole nel cielo: a volte leggeri e veloci, a volte densi e tempestosi. È in questi momenti che le idee diventano più chiare e si impara a conoscere meglio se stessi.
Un’avventura nel cuore delle Ande
Lo scopo principale di questo viaggio non era solo quello di ammirare la bellezza selvaggia delle Ande, ma anche di immergermi nella cultura e nella vita del popolo andino. E quale modo migliore per farlo se non in bicicletta? Un mezzo di trasporto lento e rispettoso, ideale per entrare in contatto con il territorio.
Per diciassette giorni, la mia routine di studente universitario si è trasformata radicalmente. Le giornate erano scandite da levatacce, chilometri percorsi sotto la pioggia e la ricerca di rifugi per passare la notte.
Sono partito da Carhuaz, nella regione di Ancash, il 9 dicembre con una bicicletta acquistata di seconda mano solo due giorni prima. Tuttavia, già il secondo giorno ho affrontato il primo ostacolo: mentre salivo a Punta Olímpica, un passo di montagna di 4.700 metri nel Parco Nazionale Huascarán, si è rotto il pignone della bicicletta, costringendomi a tornare a valle in autostop.
Dopo aver vissuto per mesi in una residenza per studenti a Lima, condivisa con persone provenienti da tutto il mondo, mi sono ritrovato solo, con la mia bicicletta e la natura come unici compagni. Questo contrasto è stato forte e rivitalizzante.
L’ospitalità delle Ande
Le Ande mi hanno regalato paesaggi mozzafiato: altipiani, lagune, canyon e ghiacciai. Ma ciò che mi ha segnato di più è stata la generosità della sua gente. Ovunque andassi, c’era sempre qualcuno pronto ad accogliere il “ragazzo in bicicletta”. L’ospitalità e la gentilezza del popolo andino mi hanno toccato profondamente.
Un momento indimenticabile si è verificato il terzo giorno, dopo aver attraversato il passo Huachucocha a 4.341 metri. Sorpreso da un improvviso acquazzone, mi sono rifugiato in una piccola stalla, dove ho preparato del tè di coca per riscaldarmi. Più tardi, un uomo del posto mi ha invitato a passare la notte in una stanza della sua casa. La serata è trascorsa all’insegna della conversazione e della curiosità: lui era interessato alla mia attrezzatura, io ero affascinato dalla sua vita quotidiana.
Un altro ricordo speciale è stato nel villaggio di Parquin, dove ho assistito a una tradizionale chocolatada natalizia. Dopo una salita estenuante, appena arrivato al villaggio, mi è stata offerta una fetta di panettone e una tazza di cioccolata calda. Questo semplice gesto ha racchiuso lo spirito di solidarietà delle comunità andine.
Ogni incontro lungo la strada ha arricchito il viaggio con storie di resilienza e determinazione. Ho incontrato persone che, nonostante le difficoltà, scelgono di rimanere nella loro terra, affrontando un clima sempre più avverso per preservare le proprie radici e tradizioni.
Chiusura dell’avventura
Pochi giorni prima di Natale, quando ho raggiunto un passo a 4.850 metri tra Parquín e San Miguel de Vichaycocha, il mio corpo e la mia mente mi hanno mandato un chiaro messaggio: era ora di fermarsi. L’altitudine e il freddo si erano fatti sentire e ho deciso di terminare il viaggio. Avevo raggiunto il mio obiettivo di conoscere le Ande e la sua gente. Era giunto il momento di ascoltare me stesso.
Il giorno dopo ho completato l’ultima salita e sono sceso verso San Miguel de Vichaycocha, dove si è concluso il mio viaggio in bicicletta. Nei giorni successivi, ho esplorato la zona a piedi con due amici, condividendo aneddoti e sogni per il futuro.
Prima di tornare a Lima, ho pedalato con calma per l’ultimo tratto, accompagnato dai ricordi di ogni sorriso, incontro e paesaggio. Ho salutato questo viaggio con una frase che ho sentito più volte durante il percorso: “Tinkunakama”, che significa “finché non ci incontreremo di nuovo”.
L’autore: Alessandro Cuneo è uno studente italiano di 24 anni che vive a Lima dove sta svolgendo uno scambio universitario presso la Pontificia Universidad Católica de Perú. In sella alla sua bicicletta, ha iniziato un viaggio attraverso le Ande peruviane a Huaraz.
A settembre 2024 Pressenza ha pubblicato un’intervista di Andrea De Lotto a Alessandro Cuneo che potete vedere a questo link:
La Via della seta in bicicletta: intervista ad Alessandro Cuneo – Video
Traduzione dallo spagnolo di Thomas Schmid.