Riproponiamo un ampio stralcio del lungo documento del 20 Luglio 2022 pubblicato su “Associazione a Resistere”, diramato a seguito alla Conferenza Stampa di Askatasuna sulle accuse di associazione a delinquere, tornato assolutamente d’attualità in questi giorni che si sta celebrando il processo oramai giunto alle arringhe difensive_
“L’Askatasuna è un’associazione sovversiva con l’intento di sovvertire lo stato attraverso azioni violente”/ No, correggiamo ancora: “Non tutta l’Askatasuna è il problema, sono 69 appartenenti ad Askatasuna l’associazione sovversiva”/ No, correggiamo: “L’Askatasuna è un’associazione a delinquere per finalità delinquenziali che usa la politica per commettere reati”/ No, correggiamo ancora: “l’associazione a delinquere è formata da 11 persone che fanno riferimento ad Askatasuna” / Infine: in ventotto andranno a processo di cui 16 con l’accusa di associazione a delinquere e l’aggravante tragicomica di “scorreria in armi per le campagne e le pubbliche vie”.
L’estrema sintesi giudiziaria di questa triste (il termine corretto sarebbe ridicolo ma siccome piovono mesi e anni di detenzione non ci sentiamo di fare troppa ironia) vicenda è questa ma la sua origine è molto più complessa e sostanziosa del suo finale ancora da scrivere in Cassazione.
Quella nei nostri confronti è una vera e propria crociata che ha il suo inizio nel 2009 con indagini della solerte D.I.G.O.S. (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali) che ha fatto di tutto per provare a rispecchiare il nome per esteso del suo corpo militare.
Investigazioni e operazioni speciali che hanno prodotto un’indagine lunga 13 anni e diventata operativa in procura dal 2019. Mentre il mondo cambiava per la pandemia, gli agenti della digos posizionavano microspie, ascoltavano conversazioni telefoniche e ambientali, pedinavano e annotavano qualsiasi movimento di 70 ragazzi e ragazze.
Era l’inizio dell’ “Operazione Sovrano” che porterà dopo centinaia di intercettazioni, migliaia di pagine, centinaia di agenti e decine di migliaia di euro spesi in cimici e software, sui tavoli del tribunale un dossier equiparabile a 3 edizioni delle vecchie enciclopedie cartacee con l’intento di arrestare tutto e tutti per il reato più amato da sempre da parte della polizia politica: Associazione Sovversiva.
Il risultato è il fiore all’occhiello del dirigente della digos Carlo Ambra, in carica dal 2017, che nella sua carriera ha visto più associazioni sovversive lui di nessun altro: almeno una a Catania e ben due a Torino in poco tempo.
Un paladino contro la sovversione!
Un premio per lo sforzo fatto è stato subito elargito dalla Procura che ha trovato nell’ultima pm con l’elmetto, la PM Pedrotta l’avallo totale a qualsiasi teoria, l’aggiunta di astio personale e l’elaborazione di quanto ipotizzato in reati del codice penale.
Del resto la pm non vedeva l’ora di dare un “colpo finale” a giovani e meno giovani che ha denigrato e sminuite più volte nei tanti processi dove li ha accusati. Come dimenticare quella volta in cui consigliò agli imputati del maxiprocesso notav di darsi fuoco come i monaci tibetani invece di resistere alle cariche della polizia in Valle di Susa?
Per dimostrare la “tesi finale” Procura e Digos hanno pensato bene di produrre più materiale possibile, inserendo la qualsiasi per dimostrare un qualcosa che altrimenti, anche con le prove stesse presentate, sarebbe difficile da dimostrare, proprio come è avvenuto in prima istanza.
Si perché l’associazione sovversiva è stata sonoramente bocciata dal primo Gip che l’ha presa in esame, e da lì in poi è iniziata una rincorsa che ha portato almeno ad ottenere il risultato minimo: una bella associazione a delinquere, ma non di tutti, perché non è giusto criminalizzare il dissenso, di una decina di persone più delinquenti delle altre 60 prese in esame nel primo giro.
Un contentino insomma, sempre sulla pelle nostra ci mancherebbe, che al momento lascia delusi tutti.
L’Operazione Sovrano
Entrare minuziosamente nel merito dell’operazione richiederebbe pagine e pagine di analisi che tralasciamo volentieri a chi legge, ma che invece abbiamo letto con attenzione.
Le quasi 5000 pagine (2000 solo di annotazioni finali della Digos) sono intrise di odio e disprezzo nei confronti delle persone intercettate, dove con balzi lessicali e semantici, si tenta di costruire personalità e “ruoli” nell’organizzazione, estrapolando ogni frase riportata da concetti e contesti.
Si intercettano persone nell’intimità di casa e al telefono riportando fedelmente qualsiasi frase faccia comodo alla costruzione del mostro singolo e collettivo.
La ricostruzione dell’indagine si apre con il solito spauracchio degli anni 70’ e la lotta armata, che è sempre utile per ogni indagine sull’antagonismo, e pur di farci entrare qualcosa viene preso come documento dimostrante un articolo pubblicato sul portale Infoaut, nel contesto di una rubrica “storia di classe” che pubblica fatti e documento storici (anche integrali) come una vera e propria cronologia dei movimenti sociali italiani e internazionali.
Ad essere preso in esame come se fosse scritto dagli indagati è un documento del 76’ tratto da Rosso, una rivista di movimento dell’ambito dell’Autonomia Operaia dal titolo “Dall’area dell’autonomia operaia e proletaria al movimento dell’autonomia operaia”, che viene presentato come se fosse il programma politico “dell’Associazione”
Del resto Digos, Procura e giudici si scandalizzano di come “molti degli odierni indagati sono stati captati nel corso di dialoghi a discutere di “rivoluzione” (dagli atti processuali)
Quindi confutando termini come rivoluzione o autonomia con interviste pubbliche rilasciate da alcuni noi sui canali online, ecco fatto il richiamo utile a tutte le cause.
Per avvalorare ancora di più la tesi poi vengono intercettati/e compagni/e e compagne che discutono della storia dei movimenti, delle lotte operaie, dei movimenti sociali internazionali per citare qualche frase utile al disegno, così magari si potrebbe anche indagare Che Guevara
Non solo disprezzo e odio nelle trascrizioni ma tanta tanta ignoranza (e ancora disprezzo) nella storia e nel presente dei movimenti sociali.
Ogni teoria fantasiosa della polizia politica, viene avallata da qualche frase trovata qua e là in migliaia di intercettazioni telefoniche, e poi fatte proprie dalla Pm Pedrotta che vista l’indagine, riesce persino a far passare degli spacciatori come vittime, e “quelli dell’Askatasuna” come carnefici.
Si ribaltano i ruoli che la tanto acclarata legalità persegue quando si tratta di mirare contro di noi.
Occupazioni descritte come racket
Da quasi 10 anni difendiamo persone e nuclei familiari dagli sfratti esecutivi, dove nella maggioranza dei casi ci troviamo di fronte situazioni d’ingiustizia e umiliazione che gridano rabbia.
Abbiamo difeso chiunque da questa condizione e la maggioranza delle volte abbiamo dovuto fronteggiare le forze dell’ordine schierate a difesa degli interessi di qualche palazzinaro o di qualche pappone che s’ingrassa sulle spalle della povera gente.
Sfratti a sorpresa, picchetti dalle 6 del mattino e la sofferenza di chi sta per perdere tutto sulle nostre spalle, mentre quelle dello Stato ce le siamo sempre trovate di fronte con caschi e manganelli.
Anni fa abbiamo deciso di dare una mano ad un gruppo di migranti ed aiutarli a costruirsi una nuova opportunità di vita: da qui è nato lo spazio popolare Neruda.
Una forma di co-abitazione sociale dove vige l’autogestione e il rispetto tra abitanti.
Ora negli atti molte pagine sono dedicate ad un fatto marginale successo tempo fa, ma la questura non ha trovato di meglio che utilizzarlo per costruire un teorema intorno ad alcuni compagni e compagne che fanno parte del collettivo, additandoli con il termine estorsori.
Ipotizzando come se riscuotessero l’affitto dagli occupanti, e se ne servissero per arricchirsi. Un’infamia che non meriterebbe commento se non fosse che per questa ennesima boutade, ci sono agli arresti diverse compagne e compagni e che sia stata usata per costruire un castello accusatorio che meritava quest’ennesima ciliegina sulla torta.
In aggiunta la procura, anche in questo caso, trova sempre più veritiere e degne di nota, le testimonianze fumose di qualche personaggio, rispetto a testimonianze fornite tramite contro-indagini difensive da parte dei nostri avvocati.
Il controllo dell’informazione
Per non farsi mancare nulla vi è anche un capitolo articolato dove dimostrerebbe che l’associazione (sovversiva o a delinquere?) ha il potere di dirottare l’informazione mainstream dalla propria. Viene infatti citato un caso dove dopo aver pubblicato veline e video forniti dalla questura alle redazioni dei giornali, in seguito all’allontamento di alcuni spacciatori dal quartiere (descritto come raid punitivo ci mancherebbe) alcuni di noi hanno chiesto il diritto di replica, che viene sempre invocato da tutti ma che per noi evidentemente non deve esistere.
Il culmine viene raggiunto quando il giornalista viene chiamato a testimoniare in fase difensiva prima dell’udienza del riesame, e quando la sua testimonianza viene fornita alla corte, la PM Pedrotta ha il coraggio di chiedere “come fosse stata estorta”.
Intercettazioni
L’intera inchiesta si basa esclusivamente su una quantità intercettazioni (ambientali, telefoniche) imbarazzanti: oltre 40 utenze telefoniche, varie stanze delle abitazioni di alcuni di noi, in carcere (nel momento che Giorgio e Mattia erano detenuti) e persino su una carrozza di un treno che ospitava due compagne che andavano ad un dibattito fuori regione.
Una quantità di materiale inverosimile ascoltato ed elaborato a piacimento dagli agenti della Digos con il solo intento di rafforzare le tesi già elaborate in partenza.
Perché in questa inchiesta, si vede proprio questo: Digos e Procura sono partiti dal reato di associazione sovversiva e hanno fatto di tutto per sostanziarlo.
Infatti, le intercettazioni vengono utilizzate a piacimento a costo di estrapolarle da qualsiasi contesto, basta la frase giusta o la parola giusta per costruire un capitolo dell’inchiesta.
Di contraltare però se il primo Gip ha bocciato l’impianto accusatorio, è palese di come tutto sia spinto al limite per dimostrare una tesi tanto cara a digos e procura, ma tanto debole davanti al Gip che evidentemente non se l’è sentita di partecipare al gioco in atto.
Indagine patrimoniale
Nel disegno costruito ad hoc non è mancata un’accurata indagine patrimoniale su di noi e sul centro sociale indagando su ogni conto in banca, conto corrente, poste pay in possesso di chiunque.
Non solo: numerose visite sono state fatte dagli agenti della digos nei posti di lavoro di tanti di noi, generando le difficoltà che chiunque può immaginare per un lavoratore o una lavoratrice.
Oltretutto la discrezione è sempre stata messa da parte da via Grattoni perché l’intento non troppo celato di questa vicenda è quello di colpire anche personalmente qualsiasi compagno e compagna dell’Askatasuna.
Obiettivo NOTAV
In questi anni abbiamo visto tanti fare carriera sulla nostra pelle e quella della Valle di Susa, ma le categorie che più vi hanno beneficiato sono senza dubbio poliziotti e magistrati (giornalisti e politici ne hanno guadagnato per bene) che hanno ricevuto straordinari, promozioni e trasferimenti.
La nostra realtà politica è sempre stata parte del movimento notav, mettendo a disposizione saperi ed energie per continuare la marcia di questo movimento trentennale.
Molte delle nostre energie sono state dedicate alla Valle di Susa e siamo estremamente soddisfatti di averlo fatto e di non vedere ancora oggi un treno sfrecciare né a Chiomonte né da nessun’altra parte di quel progetto.
Molti di noi si sono spesi in questa lotta perché lo merita, dando molto a volte tutto.
Ed è per questo che leggiamo chiaramente nella lotta Notav uno degli obiettivi di questa inchiesta: se il movimento è già colpito duramente da una repressione feroce, il mettere fuori gioco una delle sue fonti di energia, aiuterebbe la controparte a ottenere più risultati in un colpo solo.
La mano è una specie di All In diretta a sconfiggere le resistenze sociali e politiche in atto. Un dato di debolezza che dimostra come politicamente né una realtà sociale come la nostra nè un movimento popolare come quello notav possano essere sconfitti dalla politica, che non ha ragioni e temi per confrontarsi, ma solo militarmente.
A questo punto ci permettiamo di aggiungere un giudizio che andrà analizzato in altri momenti, di come il panorama politico non istituzionale italiano sia ai minimi storici per motivazioni tanto oggettive che soggettive e di come alcune realtà politiche e sindacali si siano sobbarcate il peso del conflitto sociale in questo paese.
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