I quattro paesi centroeuropei del “gruppo di Visegrad” sono sempre più ai ferri corti.
Dalla fine del governo di estrema destra del PiS a Varsavia, il nuovo governo centrista guidato dall’ex presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk si pone come leadership alternativa a quella di estrema destra di Viktor Orban in Europa, soprattutto in un momento di estrema debolezza interna dei governi francese e tedesco.
Asilo politico all’ex viceministro Romanowski, sotto inchiesta per corruzione
L’ultima vicenda a opporre Varsavia a Budapest riguarda l’ex viceministro della giustizia polacco Marcin Romanowski.
Giovedì 19 dicembre, il governo ungherese ha annunciato di aver concesso asilo politico a Romanowski.
E se Orban ha cercato di minimizzare, affermando che si tratti di un “un procedimento ancora in corso”, il su capo gabinetto Gergely Gulyas ha confermato la concessione dell’asilo a Romanowski.
Romanowski è sotto inchiesta a Varsavia per associazione criminale, turbativa d’asta e appropriazione indebita; avrebbe manipolato il “fondo per la della giustizia” dedicato al sostegno alle vittime di reati, frodando l’erario polacco per oltre 107 milioni di euro.
Il Parlamento polacco gli aveva levato l’immunità a luglio.
La settimana scorsa, un tribunale polacco ha autorizzato la detenzione preventiva del deputato, che nel frattempo si era reso irreperibile.
La procura ha quindi emesso un mandato d’arresto europeo per Romanowski.
Nel frattempo, il premier polacco Tusk aveva messo in guardia il governo ungherese: “Se Budapest dovesse prendere decisioni strane e incoerenti con il diritto europeo, come concedere asilo politico o ignorare il mandato d’arresto europeo, sarebbe Viktor Orbán a trovarsi in una posizione precaria, non io”, aveva dichiarato Tusk.
Da Budapest, il deputato d’opposizione ha denunciato una persecuzione politica nei suoi confronti, e si è detto disposto ad affrontare i giudici solo quando il suo partito sarà di nuovo al governo.
Come riporta la BBC, Romanowski è membro del gruppo cattolico ultraconservatore Opus Dei, che a inizio settimana aveva negato di stare nascondendo il latitante.
Nell’ottobre 2022, quando ancora era viceministro, Romanowski aveva definito le persone LGBT come “devianza istituzionalizzata”, e in seguito aveva propugnato la reintroduzione della pena di morte, compreso per i minorenni.
Varsavia denuncia l’”atto ostile” e richiama l’ambasciatore
A seguito dell’annuncio dell’asilo politico, Czeslaw Mroczek, viceministro dell’interno polacco, ha accusato Romanowski di “diffamare il suo paese” e di “nascondersi tra le reti di influenza russa”.
Mroczek ha inoltre accusato l’Ungheria di Viktor Orban di favorire gli interessi russi.
“I funzionari corrotti cercano rifugio presso i loro simili,” ha dichiarato Tusk, dopo aver definito “incredibile” la decisione ungherese.
“Consideriamo la decisione del governo di Viktor Orban di concedere asilo politico al signor Romanowski, sospettato di reati e ricercato con mandato d’arresto europeo, come un atto ostile alla Repubblica di Polonia e ai principi dell’Unione Europea. Domani annunceremo le nostre decisioni”, aveva affermato giovedì il ministro degli esteri polacco Radek Sikorski.
E venerdì, il suo ministero ha inviato una nota di protesta all’ambasciatore ungherese a Varsavia, e richiamato l’ambasciatore polacco a Budapest per consultazioni.
La crisi diplomatica tra Danubio e Vistola, e il contesto europeo
Si tratta della più grave crisi diplomatica tra Polonia e Ungheria – proprio negli ultimi giorni della presidenza ungherese del Consiglio UE, a cui farà seguito proprio una presidenza polacca.
La procura polacca ha affermato che la concessione dell’asilo politico a un latitante è un caso “senza precedenti”, che non era stato previsto al momento della stesura dei regolamenti UE sul mandato d’arresto europeo.
Secondo la portavoce Anna Adamiak, l’asilo politico “non può permettere all’Ungheria di non portare avanti la procedura relativa al mandato d’arresto”.
Interpellata, la Commissione europea ha ricordato che gli stati membri hanno il dovere di eseguire i mandati d’arresto europei, salvo casi eccezionali, e che il giudice ungherese competente ha sessanta giorni per deliberare.
Non si tratta comunque di un caso unico di controversie sull’uso del mandato d’arresto europeo: il principale precedente è quello del leader catalano Carles Puigdemont, riparato in Belgio nel 2017 per sfuggire alla giustizia spagnola, arrestato in Germania nel 2018 e in Italia nel 2021 e rilasciato in entrambi i casi.
Ma a Puigdemont, nessun paese UE aveva concesso l’asilo politico.
Romanowski non è inoltre l’unico esponente dei governi di Diritto e Giustizia (PiS) ricercato per reati commessi quando era al potere.
La magistratura polacca ha incriminato anche l’ex vice ministro degli esteri Piotr Wawrzyk, con l’accusa di aver richiesto denaro in cambio di visti di lavoro – uno scandalo vista le posizioni anti-immigrazione del partito.
Nel frattempo, Budapest è sempre più il porto sicuro per politici corrotti in fuga dalla giustizia in Europa.
Il caso più eclatante resta quello dell’ex premier macedone Nikola Gruevski, riparato rocambolescamente in Ungheria a fine 2018 dopo la sconfitta elettorale, e da allora rimasto nella capitale magiara.
Solo a inizio dicembre, si vociferava inoltre che avrebbe potuto trovare asilo a Budapest persino Bashar al-Assad dopo la caduta del regime siriano.