Egregio Onorevole,
desidero attirare la Sua attenzione su un aspetto cruciale legato alla strategia di invio di armi in Ucraina, le cui implicazioni umane e sociali sono allarmanti.

Secondo un’inchiesta dell’agenzia Associated Press (AP), più di 100.000 soldati ucraini sono stati incriminati per diserzione dall’inizio dell’invasione russa nel 2022. Questa cifra, fornita dalla procura generale ucraina, potrebbe essere sottostimata: alcuni legislatori stimano che i disertori siano almeno 200.000. È significativo che quasi la metà di queste diserzioni sia avvenuta nel solo 2024, nonostante (o forse a causa di) una controversa campagna di mobilitazione da parte di Kiev, definita dagli stessi funzionari governativi come largamente fallimentare.

L’invio di armi da parte dei Paesi occidentali ha di fatto obbligato soldati, già mobilitati dal 2022, a non poter tornare a casa, ma a combattere “fino alla fine”. Questa condizione ha accentuato la crisi motivazionale nelle forze armate ucraine, rendendo evidente che il problema non è la mancanza di armamenti, ma il timore di non poter più tornare sani e salvi alle proprie famiglie. Il vero problema oggi non è quello dell’invio di altre armi, ma è quello di porre termine alla guerra, come chiede la maggioranza degli ucraini, stando ai più recenti sondaggi.

Mandare altre armi significa ignorare il dissenso tra coloro che sono inviati al fronte contro la loro volontà con le armi occidentali. Chi invia armi sta costringendo a combattere una guerra rifiutata da tanti che stanno disertando o che hanno già disertato o che non sono voluti partire per il fronte. Il caso di Vuhledar, dove il territorio è stato perso non per carenza di armi, ma per la diserzione, è emblematico. Ha affermato un avvocato che difende i disertori: “Non avrebbero preso il territorio, non avrebbero conquistato nulla, ma nessuno sarebbe tornato”.

È indispensabile avviare un dibattito serio e onesto sulla reale efficacia dell’invio di armi, considerando che questa scelta potrebbe inasprire le misure coercitive nei confronti di chi non vuole più combattere. Inviare altre armi significa poter istituire nuove brigate di combattimento e avviare nuove ondate di reclutamento forzato.

Di fronte a queste campagne di reclutamento coatto si è verificato un dilagante fenomeno di renitenza che ha raggiunto dimensioni impressionanti. Sarebbero infatti circa 800 mila i renitenti alla leva in Ucraina secondo le stime che il presidente della commissione Affari economici del Parlamento ucraino, Dmytro Natalukha, ha riferito al quotidiano Financial Times. Si tratta di persone che sono entrate in clandestinità divenendo irreperibili per sottrarsi alla chiamata alle armi, cambiando indirizzo di residenza o trovando lavori in nero in modo da rendersi più difficilmente rintracciabili. “Il fenomeno – si legge su “Analisi Difesa –  aggrava l’ormai cronica carenza di truppe (soprattutto di militari in giovane età) e di truppe addestrate sofferta dalle forze armate ucraine anche a causa delle gravissime perdite che continuano a registrarsi lungo tutto il fronte dove la superiore capacità di sviluppare azioni offensive e volume di fuoco consente alle truppe di russe avanzare lentamente ma quotidianamente”.

Per non parlare della 155a brigata meccanizzata “Anna di Kiev”, fiore all’occhiello del presidente Macron, armata di tutto punto e addestrata in Francia: i soldati ucraini hanno disertato in massa quando sono tornati in patria. E non è finita qui: l’Associated Press riferisce di soldati ucraini che dalle trincee rifiutano di fare fuoco: “Alcune persone non vogliono sparare, vedono il nemico nella posizione di tiro in trincea ma non aprono il fuoco”, dice un comandante. Il fenomeno è molto più diffuso di quanto si pensi. Il generale Samuel Lyman Atwood Marshall, studioso della psicologia di guerra, fece sussultare il mondo militare e civile quando dichiarò che, in una compagnia di fanteria media, non più di un soldato su quattro sparava effettivamente le proprie munizioni mentre entrava in contatto con il nemico.

Di fronte a queste evidenze che senso ha ormai inviare altre armi e alimentare ulteriormente un conflitto che non ha alcuno sbocco militare? L’invio di armi si sta rivelando una strada senza uscita, un tunnel di morti e di mutilati senza fine. Che senso ha mandare a morire altre persone con altre armi quando in buona sostanza un milione di ucraini non vuole più combattere? Siamo di fronte all’assenza di una prospettiva militare credibile che non sia solo quella di immolarsi fino all’ultimo uomo. Questo fa salire drammaticamente giorno dopo giorno il numero di vittime (tenuto segreto) da una parte e di disertori e renitenti alla leva dall’altra.

Secondo i dati 2023 di Global Firepower, l’esercito ucraino conta circa 500.000 militari, di cui 200.000 in servizio attivo. In confronto, la Russia ha circa quattro volte più personale militare attivo.

Tirando le somme di questa situazione, i numeri sono quindi i seguenti:

  • i soldati ucraini in servizio attivo sarebbero 200 mila(una parte dei quali, come si è visto, non vuole più sparare pur essendo in trincea);
  • rifiutano di combattere 800 mila renitenti e 100 mila disertori ufficiali che salgono a 200 mila secondo stime più ampie: totale un milione;
  • pertanto per ogni soldato ucraino che spara vi sono verosimilmente 5 ucraini in età di combattimento che hanno rinunciato a fare la guerra.

Questi numeri sono il fallimento plateale della retorica in base alla quale stiamo mandando armi in Ucraina. 

Si potranno trovare dati diversi a seconda delle fonti, ma la realtà non cambia. Emerge comunque con chiarezza che una netta maggioranza della popolazione ucraina in età di arruolamento nei fatti ha voltato le spalle all’appello di Zelensky per la guerra a oltranza. Una guerra per la vittoria proclamata con la controffensiva del 2023. Ma oggi il presidente ucraino è costretto dai sondaggi, oltre che dalle diserzioni e dai fallimenti militari a parlare di pace. Lo fa per ragioni di consenso e di realismo militare, per lungo tempo ignorato. Non solo: una netta maggioranza di ucraini in età di arruolamento ha voltato le spalle anche alla Commissione Europea che parla ancora di vittoria militare per bocca dell’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, Kaja Kallas, che ancora dichiara: “La vittoria dell’Ucraina è una priorità per tutti noi”. E stupisce che il ministro della Difesa Crosetto parli di pace collegandola alla pace dei cimiteri. Ha infatti dichiarato che senza l’invio di armi “ci sarebbe la stessa pace che troviamo nei cimiteri”. A ben vedere nei cimiteri di guerra ci sono reggimenti di soldati ucraini che hanno usato le nostre armi. E lì non ci sarebbero finiti se si fossero portate a termine le trattative di pace condotte a Istanbul nel marzo 2022.

La narrazione che ha accompagnato l’invio delle armi è oggi del tutto fuori dalla realtà quando gli ucraini in età di combattimento – per la stragrande maggioranza – si rifiutano di combattere con le nostre armi, facendo naufragare i sogni di gloria militare a lungo accarezzati con tanta enfasi in troppi discorsi retorici. Molti dei soldati ucraini a cui veniva promesso di passare le vacanze nella Crimea liberata oggi sono senza gambe e braccia. Moltissimi non ci sono più. Storie terribili. Storie che tanti – rinunciando di combattere – non vogliono più ripetere gridando: “Gloria all’Ucraina”.

Con l’invio di nuove armi ci si è illusi di risolvere il problema alla radice. La guerra – che molti parlamentari hanno visto come la soluzione del problema in Ucraina – si è rivelata non la soluzione ma essa stessa il problema. Il Parlamento italiano è in maggioranza caduto nell’inganno della retorica militare e della disinformazione che presentava la vittoria ucraina come possibile. Tanti parlamentari sono caduti in un tragico nuovo tranello della storia, ripetendo il copione di chi, pur militando nella Seconda Internazionale, votò per i crediti di guerra.

La storia non insegna, l’uomo non sembra imparare.

La guerra – che la Costituzione ripudia come strumento di risoluzione delle controversie internazionali – è stata vista ancora una volta dai banchi parlamentari come strumento valido per la risoluzione delle controversie. E tutto questo non minimizza assolutamente la scellerata scelta di Putin di ordinare l’invasione dell’Ucraina. Anche lui ha voluto risolvere le controversie ricorrendo alla guerra. La risoluzione delle controversie internazionali deve invece trovare nella diplomazia (e nel conseguente confronto per una sicurezza condivisa) il terreno su cui lavorare. E’ uno sforzo che va condotto con la stessa tenacia, la stessa intensità e la stessa perseveranza usate oggi per fare la guerra. Con la differenza che ogni sforzo sul terreno diplomatico non produce lutti, ma risparmia il mondo dalla follia della guerra in cui vincono solo i più forti. La diplomazia è spesso frustrante, ma quella di oggi è una prova militare ancora più frustrante, oltre che perdente per l’Occidente.

Quella di oggi è una prova simile all’ordalia, ossia a quel rito di morte a cui i barbari ricorrevano quando non riuscivano a risolvere con mezzi pacifici e civili le controversie ritenute insanabili. E’ sconfortante vedere come neppure il segretario generale della Nato sia in grado di sottrarsi al fascino primitivo di questa prova di forza, illuso com’è che l’Ucraina possa prevalere in uno scontro impari. Stiamo assistendo a un inganno collettivo basato su informazioni oggettivamente errate o manipolate. Esiste una disinformazione nostrana che fa trasparire speranze di vittoria che gli analisti militari non vedono. Stiamo assistendo alla prosecuzione di un repellente rito barbarico. Stiamo inviando le armi che comportano reclutamenti forzati, con scene brutali simili alla cattura di prede durante una battuta di caccia.

Tutto ciò ci pone di fronte a problemi etici che per comodità politica rifiutiamo spesso di affrontare.

Al di là di quello che sarà il suo voto Le chiedo di farsi portavoce di una riflessione sulle questioni poste da questa lettera. Un consiglio: trasformate gli aiuti militari in aiuti civili. Il 74% degli italiani è favorevole ad aiuti umanitari e solo il 32% è favorevole all’invio di aiuti militari all’Ucraina, come risulta da un sondaggio commissionato dall’ISPI. Ancora una volta assistiamo a una netta divaricazione fra opinione pubblica e decisori politici. E’ qualcosa che non fa bene alla democrazia e che genera disconnessione ideale ed emotiva fra cittadini e politica.

Le ricordo che 101 associazioni si rivolgono a Lei per dire no all’invio di armi in Ucraina.

Resto a disposizione per ulteriori approfondimenti e La ringrazio per l’attenzione che vorrà dedicare a questi temi cruciali. Allego la necessaria documentazione per dimostrare che tutto ciò che ho scritto corrisponde a verità.

Cordialmente,

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink

Fonte delle informazioni

Euronews, 19.12.2023, L’esercito ucraino è a corto di nuove truppe da inviare al fronte
https://it.euronews.com/2023/12/19/lesercito-ucraino-e-a-corto-di-nuove-truppe-da-inviare-al-fronte

ISPI, 21.2.2024, Sondaggio invio armi: cosa pensano gli italiani
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/due-anni-di-guerra-in-ucraina-cosa-pensano-gli-italiani-164345

Analisi Difesa, 4.8.2024, In Ucraina aumentano renitenti alla leva e disertori
https://www.analisidifesa.it/2024/08/in-ucraina-aumentano-renitenti-alla-leva-e-disertori/

Associated Press, 22.8.2024, “Some new Ukrainian soldiers refuse to fire at the enemy”
https://apnews.com/article/russia-ukraine-war-new-recruits-pokrovsk-ed2d06ad529e3b7e47ecd32f79911b83

PeaceLink, 11.9.2024, Soldati che non sparano: gli studi del generale Marshall
https://www.peacelink.it/storia/a/50225.html

L’inkiesta, 12.11.2024, La vittoria dell’Ucraina è una priorità europea, dice Kaja Kallas
https://www.linkiesta.it/2024/11/ucraina-priorita-europea-kaja-kallas/

Today, 17.11.2024, Reportage: vi racconto il reclutamento forzato degli ucraini
https://www.today.it/mondo/guerra-in-ucraina-reclutamento-forzato-reportage-.html

Analisi Difesa. 20.11.2024, Sondaggio Gallup: la maggioranza degli ucraini vuole negoziare la pace
https://www.analisidifesa.it/2024/11/sondaggio-gallup-la-maggioranza-degli-ucraini-vuole-negoziare-la-pace/

Euronews, 30.11.2024, Decine di migliaia di soldati hanno disertato dall’esercito ucraino. Più di 100mila soldati sono stati incriminati in base alle leggi sulla diserzione (questo articolo riporta informazioni di un’inchiesta molto approfondita dell’agenzia Associated Press)
https://it.euronews.com/2024/11/30/decine-di-migliaia-di-soldati-hanno-disertato-dallesercito-ucraino

InsideOver, 6.12.2024, Ucraina, quando il soldato non ci crede più: centomila accusati di diserzione. Troppi disertori, una delle principali cause della perdita di Vuhledar
https://it.insideover.com/guerra/ucraina-quando-il-soldato-non-ci-crede-piu-100-mila-accusati-di-diserzione.html

Fanpage, 4.1.2025, Ucraina, inizia il quarto anno di guerra: “Paese al collasso economico, i giovani scappano dall’esercito”
https://www.fanpage.it/esteri/ucraina-inizia-il-quarto-anno-di-guerra-paese-al-collasso-economico-i-giovani-scappano-dallesercito/

Rivista Italiana Difesa, 8.1.2025, Problemi e diserzioni per la 155a brigata meccanizzata ucraina
https://www.rid.it/shownews/7045/problemi-e-diserzioni-per-la-155a-brigata-meccanizzata-ucraina

Sole 24 Ore, 21.1.2025, Ucraina, Crosetto: «Pace senza aiuti? Sì, quella che troviamo nei cimiteri»
https://www.ilsole24ore.com/art/crosetto-continuiamo-sostenere-kiev-arrivare-pace-AG9jKrRC

PeaceLink, 27.1.2025, Armi all’Ucraina, vigilia voto Camera Deputati. Agenzia DIRE: “Pacifisti: stop armi da 101 associazioni”
https://lists.peacelink.it/pace/2025/01/msg00014.html