Davvero una bella iniziativa quella che si è svolta al Teatro Bolognini di Pistoia lunedì 27 gennaio scorso, a conclusione della rassegna Le parole di Hurbinek, che da diversi anni si svolge a Pistoia intorno alla ricorrenza del Giorno della Memoria, grazie alla collaborazione tra vari enti ed istituzioni del territorio pistoiese.

La rassegna, attraverso lezioni civili, laboratori nelle scuole, spettacoli, propone un percorso culturale dedicato al pensiero sull’Olocausto e alle sue vittime, “costruito con l’idea di tenersi lontani da commemorazioni formali e spesso troppo brevi, che rischiano di occultare invece che porre l’accento sull’oggetto e il valore della memoria”, come si può leggere dalla home page del sito della rassegna.

L’iniziativa conclusiva, dal titolo “Come siamo arrivati fin qui” ha visto un dialogo tra Paola Caridi giornalista e saggista, grande esperta di mondo arabo, collegata da Doha, Gad Lerner, anch’egli giornalista e saggista, grande esperto di Israele, mondo ebraico e medio oriente e Stefano Levi Della Torre, critico d’arte e saggista, grande esperto anch’esso dell’universo ebraico, entrambi presenti sul palco.

Il dialogo è stato condotto da Massimo Bucciantini, docente di storia all’Università di Siena e ideatore delle Parole di Hurbinek, insieme ad Antonio Marzano, docente di Storia e istituzioni dell’Asia all’Università di Pisa e a Eliana Trinci, docente di un liceo pistoiese e collaboratrice storica del progetto.

In un dibattito che ha catturato per oltre due ore l’attenzione della sala gremita del teatro, abbiamo potuto ascoltare voci molto autorevoli che hanno illuminato, da posizioni diverse per storia culturale e in alcuni casi anche personale e familiare, il grande groviglio della vicenda che si svolge in Israele/Palestina, un territorio grande come la Toscana, dove vivono circa 7 milioni di ebrei e circa 7 milioni di palestinesi.

Il grande pregio degli interventi è stato quello di rifuggire nel modo più assoluto il clima da tifoserie contrapposte, che troppo spesso purtroppo agita il dibattito su questo tema, così delicato e complesso che, pur nella tremenda crudeltà dei fatti, richiede analisi profonde e riflessioni pacate, se si vuole davvero arrivare a delle soluzioni che facciano cessare il sangue e creino prospettive di futuro per tutti gli abitanti di quella terra martoriata.

Da tutti gli interventi è emersa ben chiara la condanna del massacro orrendo del 7 ottobre, che non può trovare giustificazione alcuna, neppure in tutta la storia passata dell’occupazione israeliana dei territori. Allo stesso tempo è emersa con pari chiarezza la ferma condanna della abnorme reazione del governo israeliano di Netanyahu e degli altri partiti dell’estrema destra, che Gad Lerner non ha esitato a definire “fascisti”. Per tutti i relatori è risultato estremamente chiaro che l’unica possibile soluzione è “due popoli, due stati”, che vivano in pace e in sicurezza, prospettiva che al momento appare certo difficile anche da immaginare, ma che sola potrà far cessare i massacri.

Tale prospettiva non richiede però solo un accordo territoriale, oltre all’investimento di notevoli risorse, per dare ai palestinesi condizioni e prospettive di vita e di sviluppo accettabili. Il progetto richiede un reciproco e pieno riconoscimento dell’attualità e delle rispettive storie, cui assegnare pari dignità.

Sempre Lerner ha ricordato che la parola Shoa, con cui viene chiamata la tragedia fondativa dello Stato di Israele e la parola Nakba, che invece indica la tragedia fondativa della vicenda palestinese, nelle rispettive lingue hanno lo stesso significato: catastrofe. E’ quindi anche da qui che per i relatori si deve partire per cercare di ricostruire un dialogo, che in alcuni momenti della storia è sembrato far intravedere una soluzione possibile.

A chi ha ascoltato il lungo e articolato dibattito, cui sono seguite domande dal pubblico e risposte dei relatori, è rimasta una forte sensazione: grandi esperti della materia che guardano i problemi da prospettive diverse e, apparentemente contrapposte, non solo dialogano in modo pacato e costruttiva, ma alla fine sostanzialmente convergono. Quali interessi allora premono verso la guerra e la distruzione, soprattutto di civili? Sicuramente l’industria delle armi, basti pensare che nei 15 mesi trascorsi gli USA ne hanno dato per ben 35 miliardi a Israele, ma anche gli opposti estremismi, che dalla violenza traggono la loro linfa, a discapito di entrambi i popoli. In conclusione il Professor Marzano, rispondendo a una domanda del pubblico, ha detto, col plauso di tutti i relatori, cosa a suo parere il nostro paese dovrebbe fare in questo momento per favorire la pace: riconoscere subito lo Stato di Palestina.

https://www.leparoledihurbinek.it/

https://www.leparoledihurbinek.it/edizioni/2025/dettaglio/come-siamo-arrivati-fin-qui

Enrico Campolmi