Ho iniziato a frequentare la scuola elementare a 5 anni nel ’63, sapevo già scrivere (lo avevo imparato guardando il maestro Manzi in TV, e con me almeno un milione di italiani e italiane) ma tenevo questo segreto per me, fino a quando non lo scoprì la maestra che si arrabbiò non poco per la mia indole alquanto indipendente; anche la mia famiglia ci rimase molto male, mi proibivano di guardare la TV perché portavo già gli occhiali, come avevano potuto non accorgersi delle mie malsane frequentazioni pomeridiane? Per lo stesso motivo anche la lettura era proibita, leggevo di nascosto ed ero felice perché una mia amichetta molto più spinta di me mi prestava i suoi libricini, storie di fughe d’amore di donne romantiche, una meraviglia!

La mia maestra era severa ma materna, amava le poesie e amava recitarle a memoria; anche noi imparavamo a memoria quelle dei grandi poeti, capacità per me motivo di orgoglio quando, divenuta docente di lettere, mi deliziavo a declamare quei versi mai più dimenticati, suscitando una certa ilarità nei miei alunni. Ma poco importa, anche Umberto Eco sollecitava ad imparare a memoria le poesie in una sua “bustina”, se la memoria non mi inganna, quindi sono stata una bambina fortunata.

Finita la scuola elementare, ho iniziato quella che allora si chiamava la nuova scuola media. Classi ancora divise per genere, vero, ma quante novità: come l’ora di “Applicazioni Tecniche” che per noi femminucce erano lavori di ricamo, uncinetto, maglia, taglio e cucito; certo sognavo anche di costruire quelle meravigliose casette di legno o quei circuiti elettrici che facevano accendere per miracolo una lampadina, progetti costruiti dagli alunni (maschi…) in veri e propri laboratori. Pazienza, da allora il bricolage non è più entrato nella mia vita, ma vuoi mettere, ora che lavorare a maglia è considerato un vero e proprio percorso di relax contro lo stress della vita moderna, io sono avvantaggiata!

E poi si poteva scegliere in alternativa l’ora di musica: suonando insieme il flauto o cantando in coro nasceva in noi quello spirito di gruppo che tanto ci ha aiutato quando, qualche anno dopo, abbiamo iniziato a coltivare l’idea delle rivoluzioni e delle manifestazioni di piazza.

Certo, in terza media, sono stata costretta ad abbandonare queste amenità per dedicarmi allo studio del latino, materia obbligatoria per chi, come me, era stata amorevolmente obbligata a scegliere il liceo classico per proseguire gli studi. Che preparazione, che affinità con la grammatica ci trasmetteva quella “cultura delle regole” e quel patrimonio di civiltà e tradizioni di antiche generazioni! E la Letteratura italiana, la vita e le opere dei maggiori poeti e romanzieri, Pascoli, Manzoni, D’Annunzio. Magari non tutti avrebbero scelto gli studi liceali, ma si sa, quella era una vera scuola di classe e per chi andava a lavorare o proseguiva in un istituto tecnico, pazienza, il ricordo di quegli studi sarebbe comunque servito a corroborare una sana coscienza morale.

La storia era Storia, con la S maiuscola, era la storia della nostra Patria, l’Italia, del glorioso Risorgimento e degli uomini che avevano combattuto per realizzarlo, le gesta degli eroi dovevano guidare la nostra vita. E la geografia era vera geografia, bastava solo un atlante per leggere laghi, fiumi, montagne, città e province d’Italia o al massimo di qualche stato europeo come la Francia di cui si studiava la lingua, altro che conoscenza di terre lontane e pericolose…

E poi era una scuola severa la nostra, dove le punizioni erano vere e il voto di condotta ti marchiava a fuoco come un vitello. L’ora di Educazione fisica (volgarmente chiamata ginnastica) risentiva ancora dei fasti di memoria fascista, con la marcia per i ragazzi e le adunate di giochi ginnici per noi ragazze.

Peccato che dalla fine degli anni ’70 e nei decenni successivi il vecchio impianto scolastico iniziò a sfaldarsi per lasciare posto ad una nuova scuola, quella di De Mauro e dell’Educazione linguistica democratica, quella della storia dei popoli e non delle nazioni, quella del mondo globalizzato, quella dell’inclusione e della partecipazione con progetti e metodologie didattiche innovative, insomma la scuola permissiva e indulgente della sinistra.

Ho dovuto aspettare 50 anni per ritrovare nuovamente la mia vecchia e amata scuola! E mentre fanno discutere le nuove linee guida per le elementari e medie (primaria e secondaria di primo grado), fortemente volute dal Ministro Valditara, nel leggerle io ho sentito il mio cuore sobbalzare per un déjà-vu che mi ha riportato indietro nel tempo, e per questo non posso che ringraziarlo. Le indicazioni nazionali o, come si diceva una volta, i programmi per gli studenti e le studentesse dai 6 ai 13 anni, entreranno in vigore dal prossimo anno scolastico, dopo un veloce passaggio in parlamento ed un altrettanto veloce confronto con alcune associazioni del mondo della scuola che, come sempre, non verranno neanche prese in considerazione. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.

Alle elementari si prevede il rafforzamento dello studio della grammatica, vivaddio, affiancata da esercizi di scrittura a mano, per contrastare l’uso diabolico del digitale, e letture di classici antichi, dalla mitologia greca a quella nordica che non guasta, ma soprattutto della Bibbia “testo della nostra tradizione che ha influenzato il patrimonio culturale di molte civiltà”, certo non di quelle dei numerosi alunni e alunne extracomunitari che riempiono ormai le nostre classi; per loro sono già pronti percorsi di studio separati per imparare la lingua italiana e per integrarsi nel nostro modo di vivere e nelle nostre tradizioni.

Tra le novità proposte troviamo la memorizzazione di poesie, dalle filastrocche per i più piccoli ai testi della nostra tradizione letteraria per i più grandi, maggiore spazio alla musica e alle attività corali per incentivare lo spirito di gruppo e, soprattutto, la reintroduzione dello studio del latino dalla seconda media, su scelta dei genitori è vero, ma inserito nel curricolo. A dire la verità il latino non ha mai abbandonato la scuola italiana, essendo presente in quasi tutti i licei e anche in molte scuole medie con progetti integrativi. Ma certo ritirarlo fuori, seppur come materia facoltativa, è molto cool.

La storia verrà separata dalla geografia (era stata la riforma Gelmini ad unirle in una nuova disciplina, Geostoria, per motivi di risparmio e con meno ore), ritornando ad essere quella guida di valori imprescindibili che si basano sulla conoscenza delle radici della cultura italiana, europea e occidentale, attraverso l’approfondimento dell’antica Grecia, di Roma, del Cristianesimo e del Risorgimento. D’altra parte il Ministro lo aveva già preannunciato tempo fa, basta con i dinosauri e con quelle vicende lontane che rovinano i sonni dei più piccoli e non trasmettono alcun insegnamento di vita. E la geografia tornerà finalmente ad occuparsi di ciò che le è più congeniale, lo studio dei fiumi, laghi, montagne e delle regioni d’Italia, con qualche accenno all’ambiente e all’economia per renderla un po’ più attuale.

Nel frattempo è già in vigore l’ordinanza sulla valutazione nella primaria che abolisce le fumose descrizioni di stampo anglosassone introducendo giudizi trasparenti e comprensibili per le famiglie; perché vuoi mettere la bontà pedagogica di un chiaro e sintetico “non sufficiente” attribuito ad un bimbo di 6 anni! Mentre nella scuola secondaria di primo grado, l’anello debole del nostro sistema di istruzione per una fascia di età particolarmente problematica, un voto di valutazione del comportamento inferiore al sei porterà alla bocciatura.

Ma che non si parli di scuola ideologica e sovranista, avverte Valditara, ma di una scuola seria “che prende il meglio del passato per guardare al futuro”, insomma una scuola vintage, il prototipo di un mondo perfetto che non esiste più ma che possiamo ricreare come un esperimento di laboratorio. Adesso aspetteremo con ansia le nuove linee guida per le superiori che, siamo sicuri, ci riserveranno altre sorprese, come la riforma del voto di condotta che prevede un graduale sistema, dalle attività socialmente utili a vere e proprie sanzioni punitive, in grado di riportare la scuola verso quella “cultura del rispetto e della responsabilità individuale” di antica memoria.

In attesa di nuove, mi consola l’idea che il mio nipotino di tre anni proverà presto l’ebbrezza di queste novità ed io, al suo fianco, potrò essere una guida sicura e competente, memore dei miei antichi fasti scolastici.

Solo un dubbio mi assale: perché scomodare (e temo anche pagare) storici di fama come Ernesto Galli della Loggia, latinisti e italianisti come Andrea Balbo, Claudio Giunta o il presidente emerito della Crusca Claudio Marazzini, docenti di atenei, pedagogisti, musicisti come Uto Ughi, solo per citare alcuni membri della Commissione voluta dal Ministro Valditara, quando sarebbe bastato scaricare dal web i programmi della scuola media degli anni ’60?

Ma a noi, poveri mortali, non è dato capire.