Con il termine “sharenting” si intende il fenomeno della condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, ecografie). Il neologismo, coniato negli Stati Uniti, deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità). La gioia di un momento da condividere, pubblicando l’immagine dei propri figli, è un’emozione comprensibile, ma allo stesso tempo è necessario chiedersi se ci sono rischi nell’eccessiva sovraesposizione online. Uno studio europeo riporta che ogni anno i genitori condividono online una media di circa 300 foto e innumerevoli dati sensibili riguardanti i propri figli. Le prime tre destinazioni per queste foto sono Facebook (54%), Instagram (16%) e Twitter (12%). Un’altra indagine ha rilevato che i bambini, prima dei due anni, che vivono nei Paesi occidentali, hanno una presenza online di circa l’81% in media suddivisi per il 92% negli Stati Uniti e per il 73% in Europa. In Australia e in Nuova Zelanda, il 41% dei bambini ha una presenza online dalla nascita. Oltre il 30% delle madri pubblica regolarmente foto dei propri neonati e, grazie alla condivisione, un numero crescente di bambini nasce digitalmente anche prima della nascita naturale. Il fenomeno della pubblicazione di immagini di ecografie, racconti di esperienze personali durante la gravidanza e persino l’attivazione di indirizzi e-mail e profili di social network è in continuo aumento. Negli Stati Uniti, il 34% dei genitori pubblica regolarmente ecografie online, il 13% in Francia e rispettivamente il 14% e il 15% in Italia e in Germania.

Lo sharenting è un fenomeno da tempo all’attenzione del Garante per la protezione dei dati personali, soprattutto per i rischi che comporta sull’identità digitale del minore e quindi sulla corretta formazione della sua personalità. La diffusione non condivisa di immagini rischia inoltre di creare tensioni anche importanti nel rapporto tra genitori e figli. È dunque necessario che i “grandi” siano consapevoli dei pregiudizi cui sottopongono i minori con l’esposizione in rete (tendenzialmente per sempre) delle loro foto, anche in termini di utilizzo di immagini a fini pedopornografici, ritorsivi o comunque impropri da parte di terzi. Per tale motivo l’Autorità ha proposto di estendere a questi casi la particolare tutela assicurata dal Garante sul terreno del cyberbullismo. “E’ bene riflettere, si legge sul sito istituzionale del Garante, sul fatto che postare foto e video della vita dei minori, magari accompagnati da informazioni come l’indicazione del nome, l’età o il luogo in cui è stato ripreso, contribuisce a definire l’immagine e la reputazione online. Ciò che viene pubblicato online o condiviso nelle chat di messaggistica rischia di non essere più nel nostro controllo e questo vale maggiormente nel caso dei minori. Quando qualcosa appare su uno schermo, non solo può essere catturato e riutilizzato a nostra insaputa da chiunque per scopi impropri o per attività illecite, ma contiene più informazioni di quanto pensiamo, come ad esempio i dati di geolocalizzazione. Chiediamoci sempre se i nostri figli in futuro potrebbero non essere contenti di ritrovare loro immagini a disposizione di tutti o non essere d’accordo con l’immagine che gli stiamo costruendo. È bene essere consapevoli che stiamo fornendo dettagli sulla loro vita e che potrebbero anche influenzare la loro personalità e la loro dimensione relazionale in futuro.”

Se proprio decidiamo di pubblicare immagini dei nostri figli, è importante provare almeno a seguire alcune accortezze, che il Garante indica nelle seguenti: rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per “pixellare” i volti, disponibili anche gratuitamente online); coprire semplicemente i volti con una “faccina” emoticon; limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che sono affidabili e non condividono senza consenso nel caso di invio su programma di messagistica istantanea; evitare la creazione di un account social dedicato al minore; leggere e comprendere le informative sulla privacy dei social network su cui carichiamo fotografie, video, etc..

Intanto, è partita la nuova campagna di comunicazione istituzionale lanciata dal Garante Privacy contro il “sharenting. “La sua privacy vale più di un like” è il claim della nuova campagna in onda sulle reti radio tv della Rai e che verrà diffuso anche attraverso i social media del Garante. Un professore, interpretato dall’attore Luca Angeletti, mette in guardia, in modo ironico, una classe di genitori sui rischi dell’eccessiva esposizione in rete dei loro figli. Ciò che viene pubblicato sui social o condiviso nelle chat può essere infatti catturato e riutilizzato da chiunque per scopi impropri, per attività illecite, o finire addirittura sui siti pedopornografici. Il claim della campagna di comunicazione, “La sua privacy vale molto più di un like”, invita i genitori a riflettere e ad essere più consapevoli della protezione dei dati personali prima di postare l’ennesima foto del proprio figlio minorenne.
Qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=JvbfKBOJd80.