La leggenda narra che lo Stato (cattivo) metta le mani nelle tasche degli italiani (buoni), come se fosse un ladro cinico che se ne approfitta della povera gente. In realtà sono molti italiani che spesso e volentieri evitano di dare allo Stato quanto dovuto e stabilito per legge. Gli ultimi dati sull’ammontare delle tasse non riscosse sono lì a dimostrarlo: una montagna di 1.275 miliardi di euro.
Da questo punto di vista per gli evasori l’Italia è il paese dei balocchi. È vero che nel 2024 lo Stato è riuscito a recuperare 32,79 miliardi di euro, segnando un lieve aumento rispetto ai 31 miliardi dell’anno precedente. Tuttavia, questo recupero è solo una goccia nel mare rispetto alla montagna delle imposte non riscosse.
Recentemente Il Sole 24 Ore, sulla base dei dati dell’Osservatorio sulle Partite IVA del Ministero della Finanze, ha redatto una classifica delle professioni nel settore commerciale a più alto rischio di evasione. Il risultato è che l’84% delle categorie ha una “pagella fiscale” inferiore alla sufficienza.
Di fronte a questi dati sarebbe logico aspettarsi un drastico intervento strutturale, rendendo non conveniente l’evasione fiscale anche attraverso severe sanzioni. È evidente che la sottrazione di risorse allo Stato viene pagata dalla collettività, che di conseguenza riceve minori servizi. Invece accade che lo Stato ciclicamente proceda alla “rottamazione” delle cartelle esattoriali, di solito senza penalità.
Nel 2024 questa pratica ha permesso di incassare 4,6 miliardi di euro (oltre 31,6 miliardi negli ultimi otto anni), ma si tratta di una misura che rischia di fatto di incentivare comportamenti opportunistici. Chi evade o ritarda i pagamenti viene spesso premiato da condoni e sconti, minando ulteriormente il senso di giustizia fiscale.
È interessante notare che la cifra recuperata dall’evasione fiscale è superiore all’ultima manovra di bilancio (28,4 miliardi di euro). Ciò significa che senza il recupero dell’evasione fiscale non ci sarebbero risorse da destinare in alcun settore.
Come ha giustamente scritto l’economista Albero Frau, “è necessario un cambio di mentalità, sia a livello politico che culturale. L’evasione fiscale in Italia non è solo un problema economico, ma un fenomeno che mina la fiducia nelle istituzioni e la coesione sociale. Finché sarà percepita come un comportamento tollerato o addirittura premiato da misure come i condoni, sarà impossibile costruire un sistema fiscale equo ed efficiente”.
Il 31 dicembre scorso Ernesto Maria Ruffini ha lasciato l’incarico di Direttore dell’Agenzia delle Entrate, rilasciando queste dichiarazioni: “Il clima è cambiato, ho letto che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico. È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di Direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi”.
Tutto ciò non deve stupire, poiché non è passato molto tempo da quando chi guida l’attuale Governo ha definito “pizzo di Stato” il pagamento delle imposte. Aveva ragione George Orwell: “Nessuno è patriottico quando si tratta di pagare le tasse.”