A causa di errori di programmazione, del definanziamento e delle recenti dinamiche che hanno alimentato demotivazione e disaffezione dei professionisti verso il SSN, siamo di fronte ad una crisi del personale senza precedenti. E senza un adeguato rilancio delle politiche per il personale sanitario, l’offerta dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali sarà sempre più inadeguata rispetto ai bisogni di salute delle persone, rendendo impossibile garantire il diritto alla tutela della salute. Sono le parole del presidente della Fondazione GIMBE al centro dell’audizione presso la XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’“Indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie”.
In termini percentuali sulla spesa sanitaria totale, ha chiarito Cartabellotta, il trend rileva una lenta ma costante riduzione: se nel 2012 rappresentava il 33,5%, nel 2023 si è attestato al 30,6%. Se la spesa per il personale dipendente si fosse mantenuta ai livelli del 2012, quando rappresentava circa un terzo della spesa sanitaria totale, negli ultimi 11 anni il personale dipendente non avrebbe perso € 28,1 miliardi, di cui € 15,5 miliardi solo tra il 2020 e il 2023, un dato che evidenzia il sacrificio economico imposto ai professionisti del SSN. Per l’anno 2022, ultimo disponibile, la RGS riporta un totale di 681.855 unità di personale dipendente, pari ad una media nazionale di 11,6 unità per 1.000 abitanti con nette differenze regionali: da 8,5 unità per 1.000 abitanti in Lazio e Campania a 17,4 unità per 1.000 abitanti in Valle D’Aosta Dati che portano il presidente di Gimbe, a sottolineare che: “Nelle prime 5 posizioni si collocano tutte le Regioni e Province autonome a statuto speciale di più piccole dimensioni (Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Province autonome di Trento e Bolzano) oltre alla Liguria. Al contrario, al di sotto della media nazionale si trovano tutte le Regioni in Piano di rientro, tutte del Centro-Sud, oltre alla Lombardia”.
Parametrando i dati RGS-CA sulla spesa sanitaria 2023 per il personale dipendente alla popolazione residente ISTAT al 1° gennaio 2023, la spesa pro-capite per il personale dipendente nel 2023 è stata di € 672, con differenze significative tra le regioni: dai € 1.405 euro nella Provincia autonoma di Bolzano a € 559 in Campania, con una “classifica” che riflette quella relativa alla distribuzione del personale dipendente per 1.000 abitanti. Mettendo in correlazione, per l’anno 2022, le unità di personale dipendente con la spesa pubblica totale, la spesa per unità di personale a livello nazionale è pari a € 57.140, con un range che varia da € 49.838 del Veneto a € 81.139 della Provincia autonoma di Bolzano (figura 5), con tutte le Regioni in Piano di rientro che mostrano paradossalmente valori superiori alla media nazionale. “Quest’inedito indicatore – ha commentato Cartabellotta – dimostra che l’ottimizzazione della spesa pubblica per il personale sanitario è stata gestita in maniera molto differente tra le Regioni. Non a caso, quelle più virtuose nell’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni registrano una spesa per unità di personale dipendente più bassa. Un risultato verosimilmente dovuto sia alla riduzione delle posizioni apicali, sia ad un più elevato rapporto professioni sanitarie/medici, che consente di ridurre la spesa mantenendo una maggiore forza lavoro per garantire l’erogazione dell’assistenza sanitaria”.
Ovviamente la carenza di personale sanitario unita all’impossibilità per le Regioni di aumentare la spesa per il personale dipendente a causa dei tetti di spesa, negli anni ha alimentato il fenomeno dei “gettonisti”: medici, infermieri e altri professionisti sanitari reclutati tramite agenzie di somministrazione del lavoro e cooperative, con i relativi costi rendicontati come spese per beni e servizi. Secondo un report dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), relativo al periodo gennaio 2019 – agosto 2023, il fenomeno era già molto evidente nel 2019, con una spesa complessiva di quasi € 580 milioni. Nel 2020 il valore è crollato a € 124,5 milioni, per poi risalire negli anni 2021-2022, fino a raggiungere, nel solo periodo gennaio-agosto 2023, € 476,4 milioni, un valore doppio rispetto all’anno precedente.
“La crisi del personale sanitario – ha concluso il presidente Cartabellotta – non è solo una questione economica, ma una priorità cruciale per la sostenibilità del SSN. Liste di attesa interminabili, pronto soccorso affollati, impossibilità di trovare un medico di famiglia hanno un comune denominatore: la carenza di professionisti sanitari, la loro disaffezione e il progressivo abbandono del SSN. È urgente rilanciare le politiche sul capitale umano per valorizzare la colonna portante della sanità pubblica, rendendo nuovamente attrattiva la carriera nel SSN e innovando i processi di formazione e valutazione delle competenze professionali. Senza questi interventi, il SSN non sarà in grado di garantire universalmente il diritto alla tutela della salute, rendendo vano qualsiasi tentativo di arginare questa crisi.”
Qui per approfondire: https://www.gimbe.org/pagine/341/it/comunicati-stampa.