Riceviamo e pubblichiamo dal Consorzio Italiano Solidarietà – Ufficio Rifugiati Trieste

La cosiddetta “soluzione finale”, ricordata nella Giornata della Memoria, non fu una decisione improvvisa, ma l’esito di un percorso quasi decennale (dal 1933 al 1942) scandito da una serie di provvedimenti amministrativi e legislativi improntati a discriminazione, segregazione e criminalizzazione delle persone di origine e religione ebraica, e non solo.

Questo processo fu alimentato dalla creazione e dalla diffusione sistematica di campagne d’odio, che prepararono il terreno per una progressiva disumanizzazione delle vittime.

Identificate come esseri “di scarto”, colpevoli non per le loro azioni ma per la loro ineliminabile condizione personale, le vittime furono spogliate di ogni umanità: un presupposto che rese possibile quello che resta uno dei più grandi crimini della storia dell’umanità.

Pur evitando indebite analogie storiche, è necessario, senza sottovalutare il presente, riconoscere che viviamo in un’epoca segnata da inquietanti manifestazioni di degenerazione sociale, culturale e politica.

Oggi, chi attraversa i confini degli stati più ricchi in condizioni di estrema necessità o per richiedere asilo (un diritto fondamentale, nato proprio in seguito alle persecuzioni di massa del XX secolo) è vittima di un violento processo di disumanizzazione, accompagnato da incitamenti all’odio e alla violenza.

Fenomeni gravi lo dimostrano con evidenza: la diffusione incontrollata di veri e propri campi di confinamento per migranti, strutture concepite per controllare e ghettizzare intere masse umane considerate “in eccesso”, che assumono pericolose caratteristiche di natura concentrazionaria.

Non meno allarmante è la crescente accettazione sociale di prassi violente e illegali – ormai normalizzate – come i respingimenti di massa e le deportazioni, accompagnate dall’esibizione dei corpi dei deportati come trofei, atti a eccitare i più bassi istinti.
Purtroppo, gli esempi potrebbero continuare a lungo.

Non sappiamo se e fino a quale punto questa fase regressiva si arresterà, ma è evidente che la sua estrema pericolosità per le nostre già fragili democrazie non viene adeguatamente compresa.

In questo contesto, la stessa Giornata della Memoria rischia di ridursi a un rituale stanco e vuoto, privo di una reale riflessione sul presente.

Tramandare in modo non celebrativo la memoria delle milioni di persone vittime in Europa di dittature fondate sull’ideologia dell’appartenenza etnica, sulla violenza razziale e sulla xenofobia, riflettendo su come ciò sia stato possibile, deve diventare un obiettivo urgente e necessario per prevenire nuove tragedie.