Bucare una montagna, cementificare un’area protetta e costruire infrastrutture in zone a rischio valanghe. È questo ciò che comporta il controverso progetto di collegamento tra le stazioni sciistiche di Colere e Lizzola, due località della Bergamasca distanti circa otto chilometri. Il costo complessivo è stimato in 70 milioni di euro, di cui ben 50 coperti da fondi pubblici regionali. L’iniziativa, promossa dalla società RSI, ha sollevato un acceso dibattito tra sostenitori e oppositori, rendendo evidente il contrasto tra una visione tradizionale del turismo alpino e un futuro più sostenibile. Gli attacchi all’opera sono sfociati in una petizione pubblicata online per mettere in guardia l’opinione pubblica sui danni ambientali, economici e sociali che la sua realizzazione potrebbe comportare.

Il piano, presentato dalla società RSI sei mesi fa, prevede la costruzione di quattro impianti di risalita, un tunnel di 500 metri scavato sotto il Pizzo di Petto e tre nuove piste da sci. Inoltre, si prevede di realizzare un bacino artificiale con una capacità tra i 60 e gli 80mila metri cubi per l’innevamento lungo i nuovi tracciati. Questi interventi interesseranno aree delicate come la Val Sedornia, parte della rete europea Natura 2000, e il Parco delle Orobie bergamasche. Non mancano però rischi geomorfologici: i geologi hanno infatti evidenziato in più punti il pericolo di valanghe. Il progetto ha suscitato forti opposizioni da parte di associazioni ambientaliste, sezioni locali del Club Alpino Italiano (CAI), Legambiente e cittadini riuniti nel comitato TerreAlt(r)e. Le organizzazioni sottolineano come il modello dello sci alpino sia sempre meno sostenibile a causa dei cambiamenti climatici. Le stazioni sotto i 2.000 metri di quota sono ormai economicamente e tecnicamente difficili da gestire. La Banca d’Italia stessa scoraggia nuovi investimenti in questo settore. Inoltre, il sistema di innevamento artificiale previsto non solo è energivoro, ma anche poco praticabile, dal momento che il riscaldamento globale riduce i giorni utili per la produzione di neve tecnica.

A fine dicembre, il collettivo TerreAlt(r)e ha lanciato una petizione dal titolo “No al collegamento sciistico Colere Lizzola. Salviamo un’area incontaminata delle Orobie”, che ha ottenuto oltre 8mila firme sul portale Change.org. «L’operazione ad oggi ha un costo di 70 milioni, di cui 50 pubblici, anche se si prevede un incremento dei costi di almeno il 36% – si legge all’interno della petizione -. Il dispendio di energia dovuto a nuovi impianti più potenti e più veloci ricadrebbe sul costo del biglietto, rendendo la fruizione di questo sport sempre più appannaggio di pochi. Il costo non prevede il miglioramento delle infrastrutture per raggiungere i luoghi interessati, e nemmeno lo smantellamento degli impianti una volta arrivati a fine vita. La concessione ad RSI del comprensorio è calcolata in 60 anni». TerreAlt(r)e scrive ancora che l’opera «non risponde al problema dello spopolamento e l’incremento del turismo di massa creerebbe ulteriori disagi alle infrastrutture della valle», aggiungendo che «l’aumento dei prezzi degli immobili inoltre, renderebbe inaccessibile alle persone delle valle l’acquisto e quindi la permanenza sul territorio». Il collettivo chiede dunque che il progetto così come presentato venga interrotto e che siano individuate, in collaborazione con le realtà locali, «risposte più lungimiranti e rispettose dell’ambiente dei territori montani, per garantire servizi essenziali valorizzando l’esistente con costi molto più contenuti rispetto a quelli ipotizzati per il collegamento».

Nonostante le contestazioni, il progetto trova appoggio tra alcuni amministratori locali e rappresentanti politici. Il sindaco di Valbondione, Walter Semperboni, è uno dei più accesi sostenitori. «Senza il collegamento, Lizzola muore e diventa un paese fantasma», ha dichiarato il primo cittadino, che ha sottolineato come le seggiovie esistenti siano obsolete e non vi siano alternative per attrarre investimenti. «Gli impianti servono per destagionalizzare il turismo. D’estate le persone ne possono usufruire, compresi gli anziani e i disabili, che hanno il diritto di godere delle nostre montagne», ha aggiunto, sostenendo che i vantaggi economici superino i costi ambientali. Il collegamento Colere-Lizzola rappresenta un caso emblematico del conflitto tra due visioni della montagna. Da una parte, chi punta su grandi opere per rilanciare il turismo tradizionale; dall’altra, chi invoca un approccio più sostenibile e diversificato. Mentre si attende la conferenza dei servizi che potrebbe dare il via libera definitivo, il dibattito resta acceso.