Il cessate il fuoco inizia domenica 19 gennaio. Ci saranno tre fasi di 6 settimane ciascuna. Nella prima fase saranno rilasciati 33 ostaggi israeliani in cambio di circa 1650 prigionieri palestinesi detenuti in Israele. Fonti stampa di Tel Aviv escludono che Marwan Barghouti possa rientrare nella lista di scambio prigionieri. Ritiro graduale dell’esercito di occupazione da Gaza e ritorno libero della popolazione alle proprie case, con controllo affidato a tecnici egiziani e qatarioti su auto e camion. L’esercito israeliano mantiene un controllo parziale sul corridoio Salahuddine-Filadelfia e una striscia di sicurezza di 700 m lungo i confini di Gaza. Sulla seconda e terza fase si riprenderanno le trattative a partire dal 16° giorno dell’entrata in vigore dell’accordo. Da subito cesserà il criminale blocco degli aiuti che ha provocato la carestia e morte per fame; sarà ammesso l’ingresso degli aiuti umanitari alla popolazione con 600 camion al giorno.
Sono gli stessi punti e dettagli dell’accordo di maggio 2024, proposto da Biden e nesso in dettaglio dagli egiziani, ma che allora fu respinto da Netanyahu, che ha occupato il corridoio di confine tra Gaza e Egitto, facendo saltare la trattativa di allora. Sette mesi di ritardo, che hanno causato altri lutti in Palestina e in Israele, ma hanno aiutato Netanyahu a rimanere a sella e Trump a vincere.
Situazione umanitaria a Gaza
Un rapporto dell’Onu valuta in 80 anni il periodo necessario alla ricostruzione di Gaza. “Il 70% delle costruzioni sono state distrutte e nel nord la percentuale arriva fino al 100% in alcune zone. Le infrastrutture urbane sono state sistematicamente cancellate. I detriti e le munizioni non esplose rappresentano un pericolo ed un ostacolo al ritorno alla normalità”.
46 mila uccisi, 120 mila feriti e 20 mila dispersi sono cifre di un disastro compiuto per mano criminale.