Dal 7 ottobre 2023, le forze israeliane hanno colpito Gaza con una brutalità che non lascia scampo, nemmeno a chi sta cercando semplicemente di imparare, crescere e sognare. Il Ministero dell’Istruzione palestinese ha rivelato un bilancio che fa tremare e che vede circa 13.000 studenti palestinesi uccisi, 21.000 feriti in un genocidio che non risparmia nessuno. Ogni statistica è un lutto, un cuore che non batte più.

La morte di questi giovani è il segno di una generazione sterminata, una generazione che non avrà la possibilità di insegnare ai propri figli cosa significa sperare. In Cisgiordania, nello stesso periodo, 120 studenti sono stati uccisi, ma la morte è solo la parte più visibile di una violenza che ha colpito nel profondo, senza pietà. 21.000 ragazzi feriti, alcuni gravemente, altri solo fisicamente, ma con l’anima scossa dal peso di una guerra che sembra non finire mai.

La scuola, un luogo di crescita, è diventato un obiettivo da colpire. Più di 425 istituzioni educative, tra cui scuole e università, sono state distrutte o danneggiate dai bombardamenti nella Striscia di Gaza. 77 scuole distrutte completamente, 171 gravemente danneggiate. Eppure, tra le macerie, c’è chi ancora crede che l’istruzione sia un diritto inalienabile. Ogni banco distrutto, ogni aula svuotata, oltre che una perdita materiale, è un attacco a un futuro che potrebbe essere, a un futuro che può ancora essere.

L’educazione, come un fiore fragile, è stata calpestata dalla violenza. 630 insegnanti, giardinieri dell’anima, sono stati brutalmente uccisi, mentre altri 3.865 sono stati feriti nel tentativo di proteggere il sapere. 185 sono stati ingiustamente arrestati. Le loro scuole, templi del sapere, sono state trasformate in rovine fumanti. Non solo gli studenti, ma anche questi eroici educatori sono stati travolti da una furia cieca. Eppure, la loro eredità non morirà, perché la sete di conoscenza è più forte di ogni bomba.

Il Ministero dell’Istruzione palestinese ha denunciato con forza questi attacchi come una violazione grave del diritto all’istruzione, un diritto sancito dalla comunità internazionale ma calpestato da chi, nella violenza, ha scelto di non fermarsi neanche davanti alla vita dei più giovani. Eppure, mentre i numeri continuano a crescere, mentre la sofferenza si propaga come un’onda che non si ferma mai, ci sono ancora quei pochi che si rifiutano di dimenticare. E questa memoria, pur tra le macerie, è la forza che alimenta la speranza.

Le bombe non si limitano a lacerare corpi, ma strappano via interi pezzi di futuro. Ogni bambino, ogni giovane colpito a morte, rappresenta un intero capitolo cancellato dalla storia di un popolo. Questa guerra, infatti, non mira solo alla distruzione fisica, ma a un genocidio culturale, a un tentativo sistematico di annientare una memoria collettiva. Si vuole spezzare il filo che lega le generazioni, privando i giovani del diritto di conoscere il proprio passato e di costruire un futuro che ne sia l’eredità. Eppure, la speranza resiste, tenace come l’erba che spunta tra le macerie. Nelle voci dei sopravvissuti, negli sguardi dei bambini che, nonostante tutto, continuano a sognare, si cela la forza di un popolo che rifiuta di arrendersi all’oblio.