Il Partito della Rifondazione Comunista di Trieste esprime il suo forte dissenso per le quattro zone rosse predisposte nella città di Trieste dal prossimo fine settimana e in vigore fino al 31 marzo. Intervenire in questo modo sui problemi della sicurezza ci sembra faccia perdere di vista quello che dovrebbe essere l’obiettivo delle istituzioni, e cioè preservare spazi di libera socialità e convivenza senza una presenza allarmistica delle forze dell’ordine. Non abbiamo nulla in contrario al normale controllo del territorio, da realizzarsi ogni giorno dell’anno e in tutta la città, ma il provvedimento adottato va in direzione diversa.

Un comunicato di Magistratura democratica sottolinea che i provvedimenti presi in molte città italiane (oltre a Trieste vi sono stati provvedimenti analoghi a Firenze, Milano e Bologna, già in fine 2024) vanno a intaccare severamente “la libertà di circolazione e quella personale” con un’ordinanza prefettizia da eseguire “a discrezione delle forze di polizia nell’individuarne i destinatari”. Questo è molto grave e porterà a stigmatizzare, o peggio, chi già lo è per funzione sociale, condizione economica e/o provenienza geografica, a prescindere dall’aver commesso illeciti. Insicurezza del lavoro e sui posti di lavoro (1000 morti all’anno e numerosissimi feriti, anche in modo permanente), femminicidi (uno ogni tre giorni, in Italia, e altre lesioni gravissime), povertà crescente e marginalizzazione di intere categorie di residenti e di persone migranti: queste sono le vere emergenze da affrontare.

Ripetiamo, non sottovalutiamo episodi sconcertanti avvenuti di recente, ma ribadiamo anche che, secondo le parole del questore di Trieste, la nostra città non è certo fuori controllo ma, al contrario, risulta sostanzialmente sicura, pur se la percezione può essere diversa per la voluta amplificazione di certi fatti di cronaca, spesso oltre la loro reale gravità. Come abbiamo scritto in un recente comunicato, bisognerebbe “far sì che i presìdi non abbiano solo carattere securitario, ma anche culturale” affinché i nostri rioni “non siano solo luoghi di circolazione delle merci (ahinoi, anche le droghe sono merci, come le armi e altre meraviglie…) ma anche uno spazio di attività e scambio” e cioè di convivenza/convivialità, oltre che di libero lavoro – e non di ipersfruttamento (con salari da fame e iperprofitti, soprattutto nel turismo) e caporalato, da tempo ben presente nelle piazze e strade triestine.

Gianluca Paciucci,
PRC- Trieste