Il 31 dicembre ho raggiunto a Mikolaïv Alessandro e Giovanna, due volontari di Operazione Colomba, il Corpo Nonviolento di Pace promosso dall’Associazione Giovanni XXIII di don Oreste Benzi, che opera in aree di conflitto per solidarizzare con le vittime delle guerre e sostenere chi localmente si fa operatore di pace.
Mikolaïv è la città tuttora abitata più vicina al fronte, attualmente segnato dal corso del fiume Dniepr, il quarto fiume europeo e quindi ostacolo assai difficile da superare. Le città sulla riva del fiume come Cherson sono state invece abbandonate dalla stragrande maggioranza della popolazione.
Mikolaïv è segnata dai razzi che ogni tanto l’hanno raggiunta; anche nella giornata del 31 dicembre è suonata per ben due volte a lungo la sirena, senza però conseguenze visibili. Visibilissimi sono invece i numerosi rifugi antimissile costruiti ad ogni angolo della città, ma la vita ormai non si ferma più al semplice suono della sirena.
Anche a Mikolaïv c’è una piazza dove sono esposte le foto dei numerosi soldati caduti, tra cui, in basso, quelle aggiunte da pochi giorni. Solo che questa piazza è cinta da un lato da una fila di carri armati dell’esercito nemico, anneriti, neutralizzati e lì posti come trofeo e dall’altro da ciò che resta del palazzo del governo pesantemente colpito e sventrato dai missili russi.
Anche qui, incrociando le dita, la vita prosegue regolarmente il suo corso, ma tra tante e tanti che riescono a tirare avanti sperando in tempi migliori, alcuni non ce la possono fare da soli perché hanno perso la casa come Liuba, perché resi troppo fragili dalle ferite fisiche, psicologiche e morali dalla guerra, o perché hanno perso il marito e il padre, come Ala e suo figlio di nove anni.
Queste persone formano la comunità ospitata nel centro di accoglienza che si trova accanto alla chiesa evangelica indipendente “Liubov Cristova” (Amore di Cristo) guidata dal Pastore Edmondo con il supporto dell’associazione Youth of Ukraine.
Il centro è stato ristrutturato nel 2023 e reso agibile grazie alle donazioni provenienti dalle parrocchie del Comune di Grugliasco (TO) e agli aiuti portati in più occasioni della campagna StopTheWarNow; infatti qui è parcheggiato un furgone con il simbolo della carovana pacifista.
Fuori dal centro c’è un continuo via vai di persone, perché questo è uno dei luoghi in cui è posizionata una cisterna di acqua potabile da cui si può liberamente attingere; le case ne sono ormai prive, poiché arriva acqua salmastra, dato che gli impianti di desalinizzazione e potabilizzazione collegati con l’acquedotto non sono più in funzione.
Accanto al dormitorio c’è la stanza con otto letti che ospita i volontari di Operazione Colomba. Chi sono dunque questi volontari, attivisti e militanti della Pace?
Alessandro Ciquera ha 36 anni, abita a Torino e lavora come educatore; è stato per la prima volta in Ucraina nel 2018 e dal 2023 ha seguito assiduamente lo sviluppo del progetto e quindi è di casa qui, dove tutti lo accolgono con grandi abbracci.
Giovanna Gagliardi ha 35 anni ed è di Napoli, ma vive a Roma ed è insegnante di sostegno nella scuola media di Torbellamonaca. È stata in Ucraina con la prima spedizione di StopTheWarNow all’inizio della guerra, conosce bene l’arabo ed ha partecipato ad altre missioni in Libano e Palestina.
Per loro, per noi, aggiungo, la motivazione è comune: conoscere in prima persona e portare solidarietà, provare a fare qualcosa di utile in mezzo a immani tragedie di cui rischiamo di essere solo spettatori passivi, mentre molto in realtà può essere fatto dal basso “in direzione ostinata e contraria”.
Alla festa di Capodanno abbiamo contribuito con torroni e panettoni italiani e regali per i due bambini e siamo stati sommersi da deliziose pietanze e dolci ucraini.
Alcuni tra volontari e ospiti hanno cantato accompagnati dalla chitarra e dal pianoforte romantiche canzoni ucraine e così anche a noi tre è toccato esibirci in un vasto repertorio di canzoni italiane, accolte con benevolo e generoso entusiasmo.
Credo che al di là di tutto il dono paradossalmente più grande che abbiamo fatto agli ospiti del Centro di accoglienza sia stato metterli nella condizione di poterci a loro volta ospitare, pur in un rifugio sotterraneo di una città vicina al fronte di un Paese in guerra, in un momento ricco di calore umano e fraterno.
Purtroppo al nostro risveglio una terribile notizia ci ha lasciati attoniti: un ragazzo di 31 anni, un ex soldato che aveva combattuto al fronte, era stato fatto prigioniero, liberato, era tornato a combattere, fino ad essere ferito e reso invalido, segnato nel corpo e nell’anima dalla guerra e dalle sostanze che spesso si finisce per assumere per sopportarne gli orrori, è stato trovato a letto, morto soffocato dal suo stesso rigurgito.
Il Pastore Edmondo ci dice che sono ormai tantissimi i giovani che si portano dentro la guerra, resi fragili e feriti nella mente e nell’anima e ulteriormente rovinati dall’uso di alcol e sostanze. Servirebbero centri e personale specializzato nella riabilitazione, che lo Stato non ha; le chiese fanno ciò che possono per aiutare, ma non basta.
Gli esseri umani non sono macchine da guerra, penso io, l’umanità è incompatibile con ciò che si vede, si subisce e in alcuni casi si è costretti a fare durante una guerra; queste sono le ferite peggiori, perché lasciano strascichi pesantissimi nella vita delle persone. Lo sapevamo e lo abbiamo vissuto con la tragedia del Vietnam: abbiamo visto che cosa ha prodotto la guerra tra i reduci.
Quando capirà l’Europa che è tempo di fare il possibile per fermare la guerra, invece di alimentarla ulteriormente, fermarla subito, adesso che ancora è possibile farlo, prima di esserne tutti quanti travolti?
E mentre ci impegniamo a imporre ai nostri governanti politiche di pace, sosteniamo i tanti volontari come Alessandro e Giovanna, che dal basso in Ucraina come in Palestina, in Libano come in Sudan o nel Mediterraneo, tra guerre, conflitti e le rotte dei migranti, vivono questo nuovo internazionalismo che è la fratellanza tra i popoli.