Il 15 gennaio 2021, in mezza Italia e anche a Bologna, esercenti e cittadini diedero vita alla manifestazione “Io Apro”, recandosi a cena in vari ristoranti e pizzerie del Paese in protesta per denunciare l’inutilità e l’illegittimità degli ormai noti e famigerati Dpcm arbitrari dell’allora premier Giuseppe Conte, emanati tra polemiche col pretesto di contrastare la diffusione del Covid-19.
A Bologna, l’appuntamento più significativo venne organizzato dal Regina Margherita di via Santo Stefano, dove convennero decine di persone, di varia estrazione sociale e in rappresentanza di diverse realtà sociali cittadine, anche su invito di Massimiliano Mazzanti – all’epoca una delle figure più attive delle proteste di piazza -, il quale, per altro, si assunse anche il compito di documentare le diverse iniziative, avvalendosi dei collaboratori abituali dei suoi format giornalistici, tra i quali anche Giovanni Preziosa.

Come è noto, tutti i partecipanti vennero identificati, gran parte di questi multati e alcuni, tra cui appunto Mazzanti, denunciati all’autorità giudiziaria. Tra i destinatari delle multe – in quanto avrebbe “disatteso il divieto di uscire di casa e dal territorio del suo comune” -, Giovanni Preziosa, il quale avrebbe dovuto essere tutelato dalla discriminazione che lo stesso dpcm prevedeva per gli iscritti all’Ordine Nazionale dei giornalisti, se impegnati nell’attività di cronaca.
Secondo la Questura, Preziosa non avrebbe svolto una funzione giornalistica nell’occasione, ma semplicemente partecipato alla manifestazione. Tesi, questa, fatta propria anche dalla Prefettura, respingendo il ricorso che l’ex-vicequestore aveva presentato in quella sede.

Impugnato il respingimento avanti al giudice di pace, il caso è stato esaminato lo scorso 13 gennaio 2025 dalla dottoressa Natascia Gardini, con un risultato innovativo sul piano giurisprudenziale.
Il giudice bolognese non ha affatto ritenuto necessario esaminare le ragioni addotte dal Preziosa e le contro-deduzioni del rappresentante della Prefettura di Bologna, nella persona del vicario, per risolversi ad accogliere il ricorso dell’attuale portavoce cittadino del movimento Indipendenza!, visto come “in via preliminare ed assorbente” fosse da rilevarsi “la indiscutibile illegittimità dei dpcm in oggetto”. Dunque, secondo il la dottoressa Gardini, non è necessario discutere se le motivazioni che indussero Preziosa a uscire di casa e ad andare fossero di natura giornalistica o politica, dal momento che non si sarebbe dovuto mettere proprio in discussione il suo diritto a circolare fuori dalla sua abitazione, anche al di là dei confini comunali pianoresi.

Non si ferma certo a questa considerazione che, per qualcuno, potrebbe apparire generica, il giudice di pace. La Gardini, infatti, precisa il fondamento della sua decisione nel fatto che “nel nostro ordinamento giuridico penalistico, l’obbligo di permanenza domiciliare è già noto e consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal giudice”. Ora, quindi – continua il giudice di pace -, se “sicuramente nella giurisprudenza è indiscusso che l’obbligo di permanenza domiciliare costituisca una misura restrittiva della libertà personale”, ne discende che questo obbligo, ai sensi dell’articolo 13 della Costituzione, possa essere imposto “solo su motivato atto dell’autorità giudiziaria”.
In altre parole, l’azione della Polizia nei confronti di Preziosa – e di chiunque altro nelle medesime condizioni – e la difesa del conseguente atto amministrativo sono nulle, poiché assunte dagli organi amministrativi su disposizione di un’istituzione – il governo – e tramite uno strumento – il dpcm – a cui la Costituzione preclude la possibilità di conculcare i diritti inviolabili e irrinunciabili che la Carta fondamentale garantisce al cittadino dello Stato italiano.

La Gardini, per altro, riserva una particolare attenzione allo strumento del decreto della presidenza del consiglio, atto di mera e squisita natura amministrativa, adottato per l’imposizione della permanenza domiciliare.
Se questo provvedimento infatti fosse stato adottato con una norma legislativa dal Parlamento, sarebbe stato certamente e ugualmente illegittimo, dato che “neppure una legge potrebbe prevedere l’obbligo della permanenza domiciliare, direttamente irrogato a tutti i cittadini dal legislatore, anziché dall’autorità giudiziaria con atto motivato”; però, l’eventuale opposizione al provvedimento avrebbe necessariamente previsto l’elevazione, davanti alla Consulta, di un conflitto di costituzionalità della legge stessa. Eventualità, per di più, solo teorica, dal momento che la Corte Costituzionale boccerebbe in sede di iter di promulgazione una norma così grottesca.

Di contro – ed è qui la parte più coraggiosa e innovativa della sentenza emessa a favore di Preziosa -, trattandosi di un atto amministrativo, il giudice chiamato a valutare il caso non ha alcuna necessità né obbligo di sollevare questioni di fronte alla Corte Costituzionale, “ma deve procedere alla disapplicazione dell’atto amministrativo per violazione di legge”.
Non è frequentissimo che sentenze di organi di giustizia italiani aderiscano così perfettamente allo spirito autentico del Diritto costituzionale che, com’è noto, proprio nelle contese tra cittadini ed enti pubblici deve o dovrebbe tutelare principalmente le prerogative e le attribuzioni fondamentali del cittadino dalle pretese e dagli abusi degli organi statali e della pubblica amministrazione.

Fonte:
https://www.bolognacronaca.it/news/bologna/449624/sentenza-clamorosa-dpcm-covid-palesemente-incostituzionali.html?fbclid=IwY2xjawICYZJleHRuA2FlbQIxMQABHYe65O0YCiWDPOCK5lkV5zLHT2HZlCvcdyiGfcHATWYo-Y8lQetANk3nQw_aem_idRcjg1B3Nqlwjd_rQyClg&sfnsn=scwspwa
https://www.ildubbio.news/cronache/cassese-la-pandemia-non-e-una-guerra-i-pieni-poteri-al-governo-non-sono-legittimi-n5p4wvtd