Il boicottaggio è lo sviluppo di un’azione mirante ad isolare uno Stato, un ente pubblico, un’azienda privata, un gruppo d’aziende, o alcuni prodotti, perché in contrasto con i principi etici, sociali e umanitari che ci si è posti. Il boicottaggio è una forma di azione diretta nonviolenta, in quanto è nella sfera di libertà di ogni persona compiere delle scelte che rispettino i propri principi ed è nella legittimità democratica il diritto di associarsi per farlo in modo più efficace.

Un esempio storico di un’azione di boicottaggio vincente è quello offerto dalla resistenza nonviolenta del popolo danese all’occupazione nazista a partire dal 1940: magistrati, medici, insegnanti rifiutano di iscriversi alle associazioni corporative istituite dagli occupanti; gli operai delle fabbriche di armamenti battono la fiacca, si danno malati, commettono errori nell’assemblaggio dei pezzi, talvolta veri e propri sabotaggi, sempre coperti da tutti i compagni; le persone ricercate dai nazisti, tra cui ebrei, comunisti, omosessuali, vengono nascoste e protette, organizzando spesso la loro fuga per mare in Svezia. I nazisti non riusciranno a penetrare nel tessuto sociale danese, non riusciranno ad avere nuove armi e proiettili dalle loro fabbriche, risultando sostanzialmente sconfitti. Questo grazie alle azioni diffuse e continue di boicottaggio, di disubbidienza civile, di non collaborazione.

Un esempio più recente di boicottaggio, in un contesto totalmente diverso e tutt’ora in atto, è quello della campagna internazionale di Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni (BDS) nei confronti dello Stato di Israele, per la sua politica coloniale di occupazione, apartheid e oggi vero e proprio genocidio del popolo palestinese. La campagna è partita con un appello nel 2005 e si è lentamente, ma continuamente radicata sempre di più nella società civile di molti paesi. Negli ultimi anni sembra essersi intensificata, iniziando a raggiungere risultati importanti, anche se probabilmente ancora insufficienti ad incidere sostanzialmente, almeno nel breve periodo.

Dal sito BDS Italia apprendiamo che diverse aziende colluse con lo Stato israeliano stanno sentendo la pressione della campagna, cancellando o sospendendo in diversi casi i progetti che aiutano e beneficiano dell’apartheid israeliana. La multinazionale estrattiva Chevron, fornitrice e partner di Israele, nel 2024 ha sospeso i lavori di una terza condotta per l’estrazione di gas fossile, a causa del genocidio nella striscia di Gaza. Anche Mc Donald, che ha molti legami finanziari con lo stato ebraico, in seguito al boicottaggio ha subito una perdita globale intorno all’1 – 1,5% durante l’ultimo anno. Carrefour, a causa delle pressioni, ha deciso di chiudere i suoi supermercati in Giordania. Il fondo pensioni USS, nel Regno Unito ha disinvestito oltre 100 milioni di sterline da obbligazioni con banche israeliane, a causa delle pressioni della campagna. E sono solo alcuni esempi. La campagna di boicottaggio si sta estendendo anche in ambito culturale ed accademico, con la sospensione di diverse collaborazioni con università israeliane.

Volantino di PaP – Cagliari e Comitato Sardo di Solidarietà con la Palestina

Il boicottaggio, pur essendo un’azione ispirata alla nonviolenza, può indirettamente creare danni anche a persone che non erano fra gli obiettivi: ad esempio dei lavoratori licenziati da un’azienda a causa della chiusura di un esercizio. In realtà si tratta di effetti causati non tanto dalla campagna, quanto dalla precarietà dei contratti lavorativi e dall’innata capacità del capitalismo di riversare le proprie perdite sugli ultimi. L’azione di pressione alle aziende non potrà mai farsi carico delle loro logiche interne di gerarchia e di sfruttamento.

Apparentemente non sembrano esserci nessi fra i due esempi di boicottaggio che ho sommariamente descritto: lontani nei parametri storici, geografici, culturali. La differenza fondamentale da cui non si può prescindere è data dallo scontro sul terreno: gli occupanti nazisti non volevano eliminare la popolazione danese, mentre gli occupanti israeliani intendono eliminare la popolazione palestinese. Anche in Danimarca dal 1940 al 1943 ci furono anche dei gruppi armati, come ci sono in Palestina, con la differenza della durata del conflitto e dell’occupazione, che contribuisce ad esacerbare gli animi e a creare gruppi sempre più militarizzati. Una differenza importante è che in Danimarca si trattò di un’azione localizzata, mentre il BDS è una campagna internazionale: questo si spiega con il passaggio dalle economie circoscritte a quelle globalizzate nell’ultimo trentennio. C’è anche da tenere in conto la forza della nazione danese, da molto tempo stabilizzata, al contro della debolezza della popolazione palestinese, passata secolarmente da una dominazione all’altra, senza essersi mai amministrata davvero per proprio conto. I palestinesi oggi assediati non potrebbero influire da soli, dentro i loro precari e quotidianamente violentati confini, devono rivolgersi ai popoli del mondo, alla loro solidarietà, affinché diano forza a questa azione nonviolenta.

Ma una continuità nascosta resta, in situazioni molto diverse e a distanza di tempo e di spazio. In comune c’è lo stato di occupazione, in comune c’è la volontà di resistere.  In comune c’è la scelta del boicottaggio.

Allora è giunto il momento di dare forza a questo strumento, contribuendo alla campagna BDS ed appoggiando la Campagna di pressione alle Banche Armate, perché entrambe propongono a tutte le persone di essere protagoniste nel tentativo di fermare il genocidio palestinese e la terza guerra mondiale.