Cecilia Sala è tornata in libertà dopo essere stata ingiustamente arrestata e tenuta in isolamento per tre settimane nel carcere di Evin a Teheran.
Una splendida notizia che ci ricorda anche tutte le persone ingiustamente detenute a Evin e in altri centri di detenzione in Iran.
È il caso di Ahmadreza Djalali, medico e scienziato iraniano-svedese. Il 26 aprile del 2016 si trovava in Iran per un viaggio di lavoro quando è stato arrestato con l’accusa di spionaggio. Ha subito l’isolamento prolungato, la tortura e altri maltrattamenti. Dopo un processo iniquo è stato condannato a morte, nonostante abbia sempre negato le accuse nei suoi confronti. La scorsa estate è stato escluso da uno scambio di prigionieri tra Svezia e Iran e per protesta ha iniziato uno sciopero della fame. A oggi è ancora detenuto e rischia di essere messo a morte da un momento all’altro. La sua famiglia non ha mai smesso di lottare per la sua scarcerazione. Aiutaci a tirarlo fuori da Evin.
L’isolamento a Evin lo ha sperimentato anche la premio Nobel per la pace 2023 Narges Mohammadi, divenuta ormai un simbolo della lotta per i diritti umani in Iran. Sono più di 14 anni che Narges viene sottoposta ad arresti arbitrari e maltrattamenti per il suo impegno contro la pena di morte e per i diritti delle donne. Oggi è fuori dal carcere per un permesso medico. Le sue condizioni, infatti, si sono aggravate in carcere. Ma noi ci stiamo impegnando affinché resti fuori di prigione una volta per tutte. Unisciti anche tu!
Dall’inferno di Evin è passata anche Zeynab Jalalian, un’attivista curda iraniana impegnata per i diritti di donne e ragazze curde oppresse. In carcere da marzo del 2008, è stata accusata di “inimicizia contro Dio” e condannata a morte per la sua attività politica nel Partito per la vita libera del Kurdistan. Oggi non è più a Evin, ma continua a scontare la sua pena nel carcere di Yazd, a 1400 km dalla sua famiglia. Una pena ingiusta che deve finire il prima possibile: portiamo Zaynab fuori dal carcere.