È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? Il Giubileo ricordi che quanti si fanno “operatori di pace saranno chiamati figli di Dio” (Papa Francesco, Spes non confundit 8)
E’ di questi giorni la notizia che l’ “Amerigo Vespucci”, nave scuola della Marina militare italiana, è stata annoverata, dall’Ordinario militare mons. Marcianò, tra “i luoghi sacri giubilari, mediante i quali i nostri militari possono conseguire i benefici spirituali originati dall’indulgenza giubilare”.
Non poche perplessità e considerazioni ci sono subito apparse sulla inopportunità di questa scelta.
I militari sono esseri umani che, come tutti, hanno bisogno di conversione e perdono. E il Giubileo ne può essere l’occasione. Ma la porta giubilare sulla Vespucci appare come sacralizzazione di una struttura finalizzata alla forza e alla violenza, dove si addestrano giovani perché siano pronti anche ad uccidere. Più sensato sarebbe stato invitare i militari a vivere l’indulgenza giubilare altrove, anche per riconsiderare la propria scelta, quantomeno da vivere nel modo e nei limiti che quell’attività deve avere, specialmente per chi si riconosce nella fede cristiana.
Già Giovanni Battista, ai soldati che lo interrogavano su cosa fare, così rispondeva: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe” (Lc. 3,14). Significa che i militari non devono commettere angherie e abusi della propria forza, ma soprattutto che non possono “estorcere”, in primis ai civili, il bene più prezioso, la vita. E il Concilio Vaticano II così ammonisce: “Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione” (GS 80).
Perciò riterremmo buona la presenza dei cappellani, perché essi inducano i militari alla riflessione sulle conseguenze dei loro atti. Ma li vogliamo senza stellette, per lo stesso motivo per cui non ci piace la “Vespucci” come luogo giubilare: essi siano coscienza critica e non parte della struttura militare che, in un mondo orientato all’etica evangelica, va sostituita da Corpi civili di pace e da un’organizzata mediazione nonviolenta per la risoluzione dei conflitti.
Nell’attuale realtà, in cui assistiamo a stermini di bambini, di donne, di inermi civili e che ci pone sul baratro del disastro atomico, abbiamo il dovere di essere testimoni non ambigui. Lavoriamo, dunque, per una Chiesa meno schizofrenica, che non risulti dissociata tra le parole del Vangelo e del Papa, che quotidianamente ci esortano ad essere concretamente artigiani di pace, e la prassi delle scelte tragiche e dissennate di questo mondo.