Saranno le future relazioni indo-statunitensi sotto il governo di Trump 2.0 a giocare in ultima analisi il ruolo più importante per determinare il grado di tumulto che l’Asia meridionale vivrà il prossimo anno.

L’Asia meridionale è considerata una regione relativamente stabile, i cui problemi principali, da non sottovalutare, sono legati allo sviluppo socio-economico; un contesto non paragonabile però alle turbolenze geopolitiche che l’Asia occidentale e l’Europa hanno vissuto di recente. Le cose potrebbero cambiare. L’intero territorio che si estende dall’Afghanistan al Myanmar, quest’ultimo incluso nell’Asia Meridionale per la sua precedente appartenenza all’Impero anglo-indiano, si sta preparando ad un 2025 tumultuoso.

Gli ultimi attacchi tit-for-tat  (n.d.T.: strategia che si basa inizialmente sulla cooperazione, poi, in caso di tradimento da parte dell’avversario, si risponde con un tradimento e si ritorna ad un atteggiamento cooperativo non appena l’avversario ricomincia a cooperare) in Afghanistan tra i Talebani afghani e il Pakistan attraverso la Linea Durand non lasciano presagire nulla di buono per il futuro delle loro relazioni bilaterali. Kabul non ha mai riconosciuto il confine imposto dalla Gran Bretagna tra l’Afghanistan e quello che poi è diventato il Pakistan. È inoltre accusata da Islamabad di ospitare il designato gruppo terroristico dei Tehrik-i-Taliban Pakistan, noti anche come “Talebani pakistani”. I Talebani afghani, nel frattempo, hanno accusato il Pakistan di aver ucciso dei civili nel loro ultimo attacco.

Allo stesso tempo, anche le relazioni del Pakistan con gli Stati Uniti si stanno deteriorando. L’amministrazione Biden ha imposto al Pakistan nuove sanzioni sul programma di missili balistici, colpendo senza precedenti un’agenzia statale, mentre il Dipartimento di Stato ha appena condannato la sentenza di 25 civili emessa da un tribunale militare. L’inviato del presidente americano Donald Trump per le missioni speciali, Richard Grenell, sta anche sollecitando il rilascio dell’ex primo ministro pakistano Imran Khan. Le relazioni andranno probabilmente a complicarsi sempre di più.

L’India si è trovata in una situazione simile. Ad ottobre, un ex funzionario indiano è stato accusato di aver organizzato il tentativo di assassinio di un terrorista designato da Delhi con doppia cittadinanza americana sul suolo statunitense nell’estate del 2023. All’inizio di quest’anno, la Russia ha dato voce ai sospetti indiani di ingerenza degli Stati Uniti nelle sue elezioni politiche, mentre alcuni indiani ritengono che le accuse degli Stati Uniti contro il miliardario Gautam Adani siano motivate politicamente. Altri accusano gli Stati Uniti di aver rovesciato il governo amico del Bangladesh.

A questo proposito, i legami tra questi vicini hanno subìto un duro colpo dopo che l’ex Primo Ministro Sheikh Hasina è fuggita dal suo Paese durante le proteste sempre più tumultuose dell’estate. Il nuovo governo del Bangladesh ha adottato una posizione ultranazionalista nei confronti dell’India, che lo accusa di aver chiuso gli occhi di fronte alle violenze della mafia contro la minoranza indù. In precedenza, Dhaka ha accusato Delhi di aver avuto un ruolo nelle inondazioni di agosto. Questa crescente sfiducia reciproca potrebbe presto avere conseguenze sulla sicurezza del territorio.

Infine, il Bangladesh farebbe bene a tenere d’occhio il Myanmar più che l’India, dove l’esercito nazionalista buddista dell’Arakan ha appena preso il controllo del confine e, secondo quanto riferito, ha riaffermato le sue precedenti accuse verso Dhaka, in riferimento al sostegno che manifesterebbe nei confronti dei gruppi jihadisti Rohingya. La velocità con cui i ribelli hanno attraversato il Paese dall’inizio dell’offensiva nell’ottobre 2023, che li ha portati a conquistare oltre la metà del Paese, fa temere che il Myanmar possa presto seguire le orme della Siria.

Come si può notare, i problemi socio-economici non sono più la principale sfida dell’Asia meridionale, mentre le questioni geopolitiche sono ora al centro dell’attenzione delle autorità. Tre di queste riguardano il peggioramento delle relazioni bilaterali tra Afghanistan-Pakistan, India-Bangladesh e Bangladesh-Myanmar, che si aggiungono alle tensioni già esistenti tra India e Pakistan. Se c’è un aspetto geopolitico positivo dell’anno passato, è che l’India e la Cina stanno cercando di ricucire i loro rapporti.

Il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente cinese Xi Jinping si sono incontrati a margine dell’ultimo vertice dei BRICS a Kazan, in Russia, a fine ottobre. Ciò a seguito dell’annuncio sull’accordo a lungo atteso raggiunto tra i loro Paesi per attenuare reciprocamente la crisi di confine che ha causato scontri letali nell’estate del 2020. Se il loro iniziale riavvicinamento restasse in piedi, il dilemma sulla sicurezza si allevierebbe, riducendo la pressione militare lungo il confine settentrionale dell’India.

D’altro canto, però, la nuova amministrazione Trump potrebbe disapprovare qualsiasi miglioramento significativo delle relazioni sino-indiane, a causa della prevista priorità di contenere la Cina. Questo potrebbe portare gli Stati Uniti a cercare di incentivare l’India a rallentare il ritmo del suo avvicinamento alla Cina in cambio di un alleggerimento di alcune delle pressioni esercitate in precedenza dall’amministrazione Biden. Le accuse esistenti dovrebbero fare il loro corso, ma ci potrebbe essere un accordo informale per non farle aumentare.

L’India è il Paese più importante della regione grazie al suo peso demografico, economico e militare, che la rende una Grande Potenza in ascesa in quello che è stato descritto come l’emergente ordine mondiale multipolare. Pertanto la sua azione di bilanciamento , nota in gergo indiano come “multi-allineamento” tra gli altri attori principali può avere un ruolo di rilievo nella regione. In particolare, ciò riguarda le relazioni con gli Stati Uniti, la Cina e la Russia. I legami con la Russia sono eccellenti, stanno migliorando con la Cina, mentre restano complicati con gli Stati Uniti.

Ci si aspetta che Trump negozi con forza gli interessi commerciali e di investimento americani in tutto il mondo. Ha criticato l’India per i suoi alti dazi solo alcuni mesi fa, quindi è improbabile che proponga concessioni correlate per incentivare l’India a decelerare il suo avvicinamento alla Cina. Può invece fare pressione sul nuovo governo del Bangladesh sulla questione dei diritti delle minoranze indù e sull’organizzazione di elezioni libere ed eque il prima possibile, cosa che sarebbe molto apprezzata da Delhi.

Il peggioramento dei legami tra Stati Uniti e Pakistan sulla questione dei missili balistici di quest’ultimo, che secondo il vice consigliere per la sicurezza nazionale Jon Finer, potrebbero un giorno colpire il suolo americano, e l’incarcerazione di Khan sarebbero ovviamente accolti con favore dall’India, ma potrebbero non essere sufficienti per raggiungere un accordo sulla Cina. Ecco perché la proposta del Bangladesh, già citata, sarebbe un mezzo più realistico per raggiungere questo obiettivo. Ma anche se si dovesse trovare un accordo, è improbabile che l’India si rivolti contro la Cina e diventi un intermediario degli Stati Uniti.

Il massimo che farà è rallentare il ritmo con cui i loro legami stanno migliorando, nella speranza che una maggiore pressione americana sulla Repubblica Popolare nel prossimo futuro, che seguirebbe i piani di Trump di mediare un cessate il fuoco, un armistizio o un accordo di pace tra Russia e Ucraina, possa migliorare la sua posizione. Se l’India riuscirà a posizionarsi di nuovo come il principale partner asiatico degli Stati Uniti, come lo è stato durante gli anni di Obama e il primo mandato di Trump, allora sarà in una posizione migliore per gestire le prossime turbolenze regionali.

Per gli interessi geostrategici degli Stati Uniti, il Bangladesh e il Pakistan non hanno un’importanza paragonabile a quella dell’India, poiché non possono fungere da parziale contrappeso alla Cina come quest’ultima. Trump, che notoriamente favorisce gli accordi transazionali, potrebbe quindi privilegiare i suoi interessi regionali, purché possa ottenere in cambio qualcosa che lo giustifichi. Il Bangladesh potrebbe quindi essere spinto a tenere al più presto elezioni libere ed eque, mentre il Pakistan potrebbe essere costretto a rilasciare Khan e poi a fare lo stesso.

Dal punto di vista dell’India, è imperativo garantire che le relazioni con il nuovo assetto di governo del Bangladesh non peggiorino, e gli Stati Uniti possono aiutarla in questo. L’India vuole anche contenere le conseguenze di un eventuale collasso di tipo siriano in Myanmar, invece di rischiare che si riversino nei suoi Stati nordorientali, storicamente instabili. Gli Stati Uniti non possono accorrere in aiuto più di tanto in questo senso, ma alcuni gruppi di ribelli sono considerati amici degli Stati Uniti e da loro sostenuti politicamente, quindi potrebbero essere in grado di esercitare una certa influenza positiva su di loro.

Un’altra cosa che l’India vuole è un alleggerimento della pressione politica americana, compresa l’accettazione del ruolo che l’India e la Russia svolgono nelle rispettive azioni di bilanciamento complementare nei confronti della Cina, che risponde agli interessi degli Stati Uniti, nonostante ciò non sia ancora ampiamente riconosciuto. Il futuro delle relazioni indo-statunitensi sotto Trump 2.0 giocherà in definitiva il ruolo più importante nel determinare il grado di tumulto che l’Asia meridionale vivrà il prossimo anno. Un sensibile miglioramento ridurrebbe la portata delle turbolenze regionali del prossimo anno.

Traduzione dall’inglese di Martina D’amico. Revisione di Thomas Schmid.