Il giornalista di Al-Jazeera, Alì Al-Attar, versa in gravi condizioni nell’ospedale europeo di Khan Younis, con emorragia cerebrale. Non è possibile curarlo a Gaza e l’esercito israeliano ha rifiutato tutte le richieste avanzate per trasportarlo all’estero e ottenere così le necessarie cure.
I suoi familiari e i colleghi spiegano che Al-Attar ha ancora conficcate in testa delle schegge della bomba lanciata dall’esercito israeliano contro l’ospedale di Deir el-Balah, il 7 ottobre 2024, mentre stava trasmettendo un servizio sulla situazione umanitaria nel centro di Gaza. In quell’attacco, un altro suo collega è stato ferito e un giornalista di Al-Quds News è stato ucciso.
Al-Attar avrebbe bisogno di essere ricoverato in un’unità di terapia intensiva, ma in mancanza di posti disponibili, giace su un letto d’ospedale.
I giornalisti palestinesi e la redazione di Al-Jazeera hanno lanciato un appello ai giornalisti nel mondo di non lasciare Alì da solo.
Malgrado che l’ANSA abbia pubblicato la notizia tre giorni fa (QUI), nessun giornale italiano ne ha dato resoconto. Anbamed rilancia l’appello, scrivendo una lettera personalizzata a tutte le redazioni.
Ecco il testo del messaggio recapitato dalla redazione di Anbamed a tutte le testate e i colleghi con i quali abbiamo rapporti o disponiamo dei loro contatti.
Cara e caro collega,
Il giornalista palestinese di Gaza, Alì Al-Attar, della redazione di Al-Jazeera, è stato ferito gravemente il 7 ottobre 2024 durante il bobardamento israeliano sull’ospedale “Shuhadaa Al-Aqsa” di Deir El-Balah, nel centro della Striscia di Gaza. Attualmente è ricoverato nell’ospedale europeo di Khan Younis e versa in gravi condizioni. Ha un’emorragia cerebrale, rottura cranica e nella testa ha ancora delle schegge della bomba.
Non è possibile curarlo a Gaza. Necessita di un trasferimento urgente all’estero.
Le richieste della famiglia, dei colleghi e della direzione di Al-Jazeera all’esercito israeliano sono state tutte respinte.
Ti chiedo di esprimere un atto di solidarietà umana e professionale nei confronti di un collega in condizioni di bisogno estremo, per salvargli la vita: far pubblicare sulla propria testata questo appello, diffonderlo sui propri account social e una cosa ancora più efficace scrivere all’ambasciata israeliana in Italia, per chiedere un gesto umanitario.
Farid Adly, direttore editoriale
di “Anbamed, notizie dal sud est del Mediterraneo”