Il resoconto della prima parte del viaggio si trova a questo link: https://www.pressenza.com/it/2024/11/rotta-balcanica-il-viaggio-dei-volontari-di-opetbalkan/.

La seconda parte del racconto riguarda le tappe toccate dal 25 al 29 novembre 2024.

Giorno 8:

Oggi siamo stati a Policastro, in Grecia, al centro di Open Cultural Center (OCC), un’associazione che nasce nel 2016 quando nel campo di Idomeni iniziano a venire rinchiusi i migranti. Successivamente Idomeni viene chiuso e oggi OCC lavora presso il campo di Nea Kavala. Qui i transitanti ricevono una carta per cui possono entrare e uscire dal campo quando vogliono. L’associazione decide di organizzare attività poco fuori dal campo: è una decisione strategica, per far staccare le persone da quell’ambiente, farle sentire accolte e dare loro un’alternativa.

Le attività sono divise nei vari momenti della giornata: al mattino quelle degli adulti su lingua, utilizzo di computer, ricerca di lavoro eccetera. Nel pomeriggio ci sono le attività per le donne su inclusione, arte e comunicazione. Di sera ci sono quelle per bambini, sulla creatività, sensibilità, letteratura, scienza, sport e arte. L’associazione ha anche creato un posto vicino ai campi dove organizzano diversi eventi come concerti.

In Grecia, come nella maggior parte dei Paesi della Rotta Balcanica, è molto difficile chiedere asilo. La grande differenza con gli altri Stati europei sta nel fatto che avendo ricevuto l’asilo puoi comunque uscire dalla Grecia e continuare la tua ricerca. I volontari di OCC ci hanno raccontato che lo Stato dal momento in cui ti dà asilo si disinteressa completamente di te: ecco perché le attività di questa associazione sono così impattanti.

OCC riceve fondi europei, che sono però molto difficili da ottenere, oltre a donazioni e crowdfunding. Ora i loro bisogni principali riguardano fondi e materiali per sviluppare il laboratorio di computer e per mezzi di trasporto che mettono al servizio dei migranti.

Un’altra particolarità della Grecia sta nel fatto che si trovi nel mezzo della Rotta Balcanica e di quella Mediterranea. La maggior parte dei transitanti proviene da Iraq, Siria, Eritrea e Nordafrica.

Le informazioni sui campi sono abbastanza risicate, poiché il governo non dà quasi nessuna informazione su di essi, su quante persone ospitano e in quali condizioni. Possiamo dire che la capacità del campo di Nea Kavala si aggira intorno alle 1.200 persone, che al momento ne ospita fra le 700 e le 800 e che di queste circa 500 partecipano alle attività di OCC. Spesso appena i transitanti ricevono i documenti smettono di partecipare alle attività dell’associazione perché decidono di lasciare la Grecia, cercando di raggiungere altri Stati, soprattutto la Germania.

Nel pomeriggio abbiamo visitato il campo di Nea Kavala. Le persone alloggiano in container che fungono da camere, si muovono tranquillamente dentro e fuori il campo.

La sera abbiamo incontrato online Giuseppe del Collettivo Alto-Vicentino. Questo collettivo nasce nel 2019 per stare al fianco alle persone che intraprendono la Rotta Balcanica nei loro bisogni più essenziali, come sistemare gli squat.  Nel 2023 decidono di fare un giro in Bulgaria e si rendono conto che Harmanli sarebbe il luogo giusto da cui partire. Il loro obiettivo era quello di frapporsi fra le persone in movimento e la polizia di frontiera. Ricevono il primo avviso a luglio 2023 da parte di una donna incinta con minori e rispondono chiamando direttamente il 112, che gli dice che stanno arrivando. Una volta raggiunta la famiglia, il 112 arriva ma li porta in caserma, accusandoli di essere degli smugglers, senza però avere nessuna base. Dopo poco, nasce un gruppo con il Collettivo, Mission Wings, NNK e altri attivisti per fornire aiuto ai transitanti. Da settembre 2023 smettono di chiamare il 112 perché arrivava anche la polizia di frontiera a fare i pushbacks (respingimenti violenti al confine). Ora lo chiamano solo una volta raggiunto il posto, sia nel caso di persone vive che di persone morte (la polizia è obbligata a fare un’analisi della salma e questo consente a Diana di Mission Wings di mettersi in contatto con la famiglia della persona deceduta). Da dicembre/gennaio oltre al Collettivo anche NNK ha iniziato ad avere una forte presenza in Bulgaria.

I poliziotti cercano il più possibile di affibbiare a tutti questi volontari/attivisti l’etichetta di trafficanti, senza nessuna prova, nonostante loro siano sereni e trasparenti.

Dal momento in cui una persona viene identificata in Bulgaria non può più essere respinta in Turchia, quindi si punta molto su questo. Quest’estate i compagni del Collettivo hanno passato tanto tempo fuori dai campi di Harmanli a fare distribuzione cibo e punto medico assieme a dottoresse e dottori che hanno offerto cure mediche ai ragazzi. Hanno anche organizzato una biblioteca in lingua, sia per bambini/e sia con fotocopie per studiare.

Border Memory è un progetto partito dalle relazioni con decine e decine di famigliari che hanno perso un parente durante la rotta al confine fra Bulgaria e Turchia, o peggio di chi è alla ricerca di un parente scomparso. È nata la voglia di fare diventare questa ricerca una lotta, una protesta comune. Ci sarà il lato di ricerca presso prefetture e obitori, ma soprattutto un percorso di lotta politico e di pressione contro il sistema dei confini, in comune accordo con queste famiglie. Si stanno infatti raccogliendo delle testimonianze video, con l’obiettivo di portarle in Bulgaria tramite una conferenza stampa con i famigliari. Si spera di riuscire a dare vita a questo progetto nelle prossime settimane.

Giorno 9
Oggi siamo arrivati nella cittadina di Sjenica, in Serbia. Abbiamo incontrato online Diana di Legal Aid, che non eravamo riusciti a incrociare a Sofia. Ci ha raccontato di lavorare prettamente con i transitanti della Rotta Balcanica. Hanno notato che i migranti ucraini ricevono da parte del governo bulgaro un trattamento diverso da tutti gli altri. Sono una squadra di dieci avvocati che segue i diversi casi individualmente. Sono gli unici a coprire tutti i passi processuali dall’inizio alla fine.

Vorrebbero avere un’associazione composta unicamente da legali locali, ma è complesso poiché sono spesso troppo conniventi con l’amministrazione o gli smugglers, quindi hanno iniziato a cercarne anche fuori dalla Bulgaria. Anche lei infatti ribadisce, come abbiamo avuto modo di apprendere in questi giorni, che la Bulgaria da quattro anni non ha ancora una politica accettabile per quanto concerne la migrazione, con continue violazioni dei diritti umani.

Con Mission Wings negli ultimi tre anni hanno lavorato attivamente sul problema dei pushbacks. Tutti i casi che trattano sono solo “pro bono”, quindi ricevono diversi fondi da vari enti come :Bulgarian women fund e Oxford society. Diana ci ha tenuto anche a specificare che in Bulgaria la detenzione nei campi viene usata come prima opzione piuttosto che come ultima spiaggia.

Successivamente siamo stati in un Community Center aperto da NNK due mesi fa. Il centro è molto accogliente, ci sono a disposizione tè, caffè, biscotti, giochi come puzzle, shangai, carte, colori per dipingere, eccetera. Anche questo come quello di Policastro è un centro dove i migranti possono svolgere attività al di fuori del campo.

Abbiamo poi cenato con i volontari di NNK, che ci hanno raccontato i retroscena di alcuni ragazzi. Alcuni di loro hanno importanti fragilità psicologiche che però non vengono minimamente seguite dai medici del centro, che per ogni problema (dal mal di testa a quelli psichiatrici) prescrivono Lyrica, una pillola che presa in dosi massicce dà una forte dipendenza. Hanno raccontato di persone che non si ricordavano com’erano arrivate in Serbia, abusavano di alcol o praticavano autolesionismo ed erano a rischio suicidio. Come informazioni sulla situazione generale della Serbia ci hanno detto che dal 2015 sono state accolte solo 250 richieste di asilo.

Giorno 10
Abbiamo viaggiato tutto il giorno verso Belgrado.

Giorno 11
Oggi, a Belgrado, abbiamo incontrato l’associazione Klikaktiv. Sono un team composto da otto persone: il rappresentante (con cui abbiamo parlato), due avvocati, una psicologa, due mediatori culturali (uno dall’Afghanistan e uno dalla Siria), un giornalista investigativo e una persona che sta in prima linea sul campo.

L’associazione inizia a lavorare con i migranti nel 2019 alle frontiere con Bosnia, Ungheria, Romania e Macedonia. Lavorano anche con gli homeless e i rom oltre al progetto con i migranti, la loro policy è rivolta a chiunque necessiti aiuto. Non ricevono fondi o aiuti da Unhcr, ma ricevono importanti donazioni da associazioni francesi e olandesi. Cercano comunque di essere indipendenti, per vari motivi, fra cui scrivere ciò che pensano nei loro trattati senza ricevere pressioni esterne. Sul loro website (https://klikaktiv.org/) ci sono diversi report su specifici argomenti. Ne hanno scritto uno molto interessante riguardo alla recinzione illegale fra Serbia e Macedonia (confine aperto), che ha causato un aumento della spesa richiesta dagli smugglers per oltrepassare il confine.

Sono stati spesso negli squat al confine fra Serbia e Ungheria dove alloggiano anche 600-700 persone e ci sono stati pesanti disagi fra gang di  trafficanti. Trovano i vari spot (campi, squat, frontiere eccetera), arrivano in loco con i mediatori e iniziano il contatto con le persone. Hanno un volantino informativo che distribuiscono in varie lingue con cui informano le persone sui loro diritti e doveri in Serbia.

Inizialmente le persone in transito usavano gli squat come luoghi in cui fermarsi momentaneamente; in questo modo erano tracciabili da volontari e attivisti che riuscivano così ad aiutarli. Successivamente la polizia ha chiuso gran parte di questi luoghi, perciò ora i transitanti non sono più rintracciabili e alloggiano dispersi in luoghi privati gestiti dalle gang di trafficanti. L’associazione si è occupata anche di ripulire gli squat dopo che la polizia li aveva chiusi.

Per uscire dalla Serbia i migranti devono scegliere fra due vie, entrambe molto pericolose: passare dal fiume Drina per andare in Bosnia o passare il muro per andare in Ungheria. Proprio come fra Bulgaria e Turchia, al confine con la Bosnia i migranti vengono respinti e buttati nel fiume. Vengono addirittura spogliati nudi e torturati. Non ti uccidono, ma ti mettono nella condizione di morire: chiediamoci secondo la nostra morale qual è la differenza fra le due cose.

Pochi giorni fa in Parlamento si è parlato di un gruppo di 14 persone morte a Novi Sad per il crollo di un edificio pubblico. Ci sono state diverse proteste perché nessuno si è assunto la responsabilità rispetto all’accaduto, il Presidente non si è curato di richiamare la polizia di un altro Paese affinché seguisse indicazioni precise. Il fatto che la politica si disinteressi della polizia di frontiera e li lasci agire a loro discrezione causa una perdita di controllo della situazione. C’è bisogno che ci si prenda la responsabilità anche se si sta parlando della polizia di un altro Stato.

A Belgrado c’è del malumore sulla questione migranti, soprattutto per colpa della politica che manipola le notizie, rigirandole a svantaggio degli stranieri. Alimentano i fatti di cronaca riguardanti le lotte fra trafficanti, senza considerare che sono crimini paragonabili a molti commessi dai cittadini serbi.

Nel pomeriggio abbiamo visitato altre due associazioni, Infopark e Medici Senza Frontiere (MSF).

InfoPark è l’unico centro diurno in Serbia. Forniscono assistenza medica grazie all’aiuto di MSF, distribuiscono cibo grazie ai fondi che ricevono da UNICEF e alle donazioni dei ristoratori locali, distribuiscono gli NFI (no food item, quindi vestiti scarpe e parte igienica) con l’aiuto di Collective Aid. Forniscono anche aiuto legale e uno spazio con bagno e docce.

Hanno uno spazio apposito per donne e bambini in cui organizzano attività settimanali: ad esempio la domenica ci sono le attività per ragazzi, spesso vanno al parco a fare sport o a giocare a bowling con i ragazzi del posto. Altre riguardano l’ambito delle Life skills e altre sono più giocose come canto, puzzle, giochi da tavolo eccetera. Oltre a queste attività, organizzano anche feste e concerti.

Ricevono donazioni da Unhcr e UNICEF. Hanno più difficoltà ad aiutare gli uomini adulti poiché i fondi UNICEF sono dedicati a donne, bambini e situazioni di emergenza. Al di là di questo hanno comunque vari donatori anche se più piccoli.

Non hanno fondi sufficienti per offrire un luogo dove dormire e i transitanti finiscono nelle sistemazioni degli smugglers. Oltre ai vari servizi citati, offrono anche una connessione internet, che rimaneva accesa anche dopo aver chiuso il centro. Così le persone restavano per strada davanti al centro anche la notte per avere il wifi. La polizia lo ha ritenuto un disagio e ha richiesto e ottenuto che la connessione venisse staccata ogni giorno alla chiusura del centro stesso. L’associazione raccoglie dati sulle diverse persone che quotidianamente passano dal centro: quante famiglie e quali i componenti, quanti uomini soli, quanti minori …

Abbiamo poi incontrato Medici Senza Frontiere, organizzazione più strutturata delle precedenti, ma che ci ha offerto un punto di vista interessante spiegandoci come operano in Serbia. Dal 2020 gli è stato negato l’ingresso nei campi, a seguito di un report dell’organizzazione diventato pubblico nel quale venivano denunciate le condizioni all’interno di essi. Da quel momento hanno operato in punti strategici della rotta fino al 2023, quando hanno chiuso le sedi a Pirot e a Sjenica. Il progetto del 2025, sapendo che la Rotta Balcanica è in continuo mutamento, è quello di creare un team autonomo, guidato da operatori di un call center di emergenza, che si sposti senza una sede fissa per andare nei punti più impegnativi e con maggiore bisogno.

Come avevamo già sentito dagli operatori di Klikaktiv, anche quelli di Medici Senza Frontiere hanno espresso la loro preoccupazione riguardo all’evolversi della situazione in Serbia e al continuo incremento di violenza da parte della polizia di frontiera.

Al riguardo, l’organizzazione prevede un sistema di aiuto alle persone in movimento: raccolgono, per tutte le persone che visitano e curano, i dati e le condizioni in cui li hanno incontrati. Compilando delle cartelle cliniche con valori medici esatti e innegabili, creano delle prove che possono essere utilizzate a favore della persona in caso di richiesta di asilo. Esse vengono conservate tutte in un database, in modo che siano sempre recuperabili. Essendo un’organizzazione internazionale e riconosciuta, tutti i documenti stipulati hanno valore e sono prove delle violenze subite dalle persone in transito. Lo stesso vale per le situazioni nelle quali gli operatori di Medici Senza Frontiere assistono in prima persona a comportamenti violenti da parte della polizia: vengono redatti e pubblicati dei report di denuncia che hanno moltissimo valore.

Abbiamo ripreso il viaggio e la sera siamo arrivati a Zagabria, capitale della Croazia. Qui abbiamo incontrato Maya, un’operatrice umanitaria che ci ha raccontato di un incontro che si terrà a Zagabria a dicembre a cui parteciperanno tutte le associazioni che si occupano della Rotta Balcanica. Servirà per aggiornarsi sulla situazione, aiutare la cooperazione e confrontarsi sui bisogni fondamentali. Domani si torna a casa!

Giorno 12
Oggi siamo tornati da Zagabria a Milano, dove scout amici e parenti ci hanno accolto nella sede del Gruppo Scout Agesci Milano 68.

OpetBalkan di Casa per la Pace Milano e il Clan La Locomotiva del Gruppo Scout Agesci Milano 68 hanno condiviso una serata emozionante di accoglienza dei viaggiatori! Un corale grande grazie, puno hvala!

I resoconti quotidiani dei volontari e la forza delle loro parole ci hanno portati tutte e tutti più vicini alle persone in movimento sulla rotta, alla loro umanità e normalità nell’assurdo estremo del meccanismo brutale che li respinge. Proseguire questa testimonianza nei prossimi giorni sarà il nostro comune impegno.

Rivolgiamo un grazie fondamentale anche a ciascun donatore. Durante questo viaggio i nostri volontari hanno incontrato realtà note e nuove che operano in loco a favore dei migranti, vedendo e toccando con mano i frutti del loro impegno. Si è deciso di lasciare delle offerte ad alcune di esse. Nello specifico sono stato lasciati 300€ a No Name Kitchen, team di Bihać – Bosnia e  400€ a No Name Kitchen, team di Harmanli – Bulgaria.