La mattina del nove dicembre gli studenti hanno deciso di compiere un’azione di rottura rispetto all’appiattimento politico che invade ogni organo di rappresentanza.

Le forme, ad oggi previste, per garantire la partecipazione politica degli studenti, nel sistema scolastico italiano, non sono, infatti, sufficienti. Né la rappresentanza di Istituto né la rappresentanza all’interno della Consulta Provinciale Studentesca ci permettono di incidere sulle questioni fondamentali dell’istruzione pubblica. L’unico potere decisionale detenuto realmente da noi studenti si esercita su tutto ciò che di effimero è presente nella scuola. È da rilevare, inoltre, che, alle belle parole sulla partecipazione, sono affiancate minacce e leggi volte ad intimorire chi vuole esporsi per dire la propria, ultimo esempio di ciò è il DDL 1660. Consegue a queste mancanze il tanto biasimato disinteresse nella politica da parte dei giovani. Ma come si combatte questa piaga? Ci rispondono: “con corsi e informazione”. È l’ignoranza, secondo loro, la ragione per la quale un uomo non ha cura del proprio destino. Però, chiunque abbia la minima contezza della storia del processo democratico in Europa e nel mondo, si renderà facilmente conto di come quest’analisi sia errata. Noi, con la massima modestia, vorremmo far notare qualcosa che a tanti sembra sfuggire: il grande problema dei sistemi su cui si dovrebbe fondare una reale gestione del potere democratico è la loro, sempre maggiore, ininfluenza. L’uomo non si interessa di questi sistemi non perché non ha cura del proprio destino ma perché non riconosce un effettivo nesso tra la sua sorte ed essi.