“Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza, ma intanto c’è una certezza in tutto ciò: i naufraghi soccorsi dalla Open Arms – già provati dalle violenze in Libia e dalla traversata – sono stati sottoposti a sofferenze inutili. Noi continueremo a prestare assistenza a quanti si trovano in pericolo nel Mediterraneo non solo perché è un obbligo previsto dal diritto internazionale, ma perché è la cosa giusta da fare”.

Così EMERGENCY, parte civile nel processo Open Arms commenta in una nota l’assoluzione in primo grado del vicepremier Matteo Salvini che, all’epoca dei fatti, era Ministro dell’Interno, dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio nell’ambito del processo in corso a Palermo.

EMERGENCY nella missione dell’agosto 2019 era a bordo con un mediatore culturale e uno psicologo, Alessandro Di Benedetto che, ascoltato dai giudici durante una delle udienze in questi 3 anni, ha spiegato che molti dei naufraghi soccorsi dalla Open Arms erano in condizioni drammatiche e “presentavano disturbi da stress post traumatico con sintomi fisici e psicologici evidenti. Avevano dolori, accessi di rabbia, atteggiamenti catatonici e di ottundimento”.

La permanenza sulla nave per diversi giorni e senza poter scendere a terra aumentò le sofferenze dei naufraghi, che erano già provati dalla traversata lungo la rotta del Mediterraneo centrale, posticipandone la richiesta di asilo e l’accesso a servizi essenziali come cure mediche e supporto psicologico, con un forte rischio di re-traumatizzazione.

Inoltre, la pratica dello sbarco selettivo, cioè solo delle persone ritenute “vulnerabili”, contribuì ad esacerbare le condizioni di stress sulla nave. “Tutte le persone soccorse in mare, in quanto naufraghe, dovrebbero essere considerate vulnerabili e raggiungere un luogo sicuro nel minor tempo possibile – ribadisce EMERGENCY”.