Ci sono famosi film con al centro cibi, pranzi e cene. Il pranzo di Babette e la Grande abbuffata, due di questi. .

Ma quello di cui vi voglio parlare è una cena, o meglio una merenda snoira in cui l’attenzione era centrata sulla produzione zero di rifiuti da parte della trentina di commensali partecipanti. E non intendo solo puntare a fare una raccolta differenziata globale e ben fatta. Si era trattato di qualcosa di più, un riuscito esperimento sociologico. Naturalmente una “performance” del genere che oggi siamo portati a catalogare tra le cose straordinarie un tempo sarebbe stata semplicemente la normalità. Ma in pieno Antropocene, immersi come siamo nelle abitudini della civiltà dei consumi e degli sprechi questo banchetto dell’estate 2023 alla Fondazione Bricherasio di Roppolo assume i caratteri appunto della straordinarietà.

Avevamo voluto cimentarci in una esperienza estrema e quale occasione più adatta di un convegno sull’inceneritore in cui la parola d’ordine era coerenza e quindi minimizzazione dei rifiuti o meglio la loro assoluta prevenzione.

Sappiamo bene che nella maggior parte delle occasioni del genere bene che vada si riempiono sacchi di plastica carta, avanzi di cibo, bioplastica per le stoviglie, vetro, tovaglioli di carta sporchi, ecc. Chi aveva ricevuto l’invito a partecipare aveva pure ricevuto un invito chiaro anche se inconsueto. Per mangiare e bere sarebbe stato necessario portarsi piatti, bicchieri e stoviglie riutilizzabili da casa. Niente tovaglioli di carta ma solo di stoffa lavabili. E anche per quanto riguardava il cibo le prescrizioni che avevamo elaborato con Sean Sacco, allora consigliere regionale del M5S, prevedevano che il cibo condiviso e le bevande che avremmo consumato non dovessero produrre rifiuti essendo portate in contenitori riutilizzabili. In effetti era stata data l’indicazione di portare preparazioni casalinghe e se invece si fosse trattato di cibo acquistato avrebbe comunque dovuto essere contenuto in sacchetti o altri contenitori riutilizzabili. E ovviamente niente avanzi nel piatto.

Le prescrizioni erano state ben accolte e rispettate anche se poteva apparire all’apparenza strano portarsi dietro bicchiere, piatto, e stoviglie. Anche per le bevande era filato tutto liscio: io avevo procurato acqua di fonte di un paese di montagna in bottiglie di vetro riutilizzabili e lo stesso era stato per le bottiglie di birra auto prodotta di Luca e per il vino. Alla fine ognuno aveva riportato con sé i contenitori e le stoviglie da lavare. Unici scarti organici croste di toma e pelli di salame che avevano arricchito il pasto dei gatti della mia frazione.

Soprattutto niente plastica che come è noto è il rifiuto che viene effettivamente riciclato in percentuali molto basse anche a fronte di tassi di raccolta differenziata alta perché la qualità è bassa. E quindi tutta quella plastica che non sia imballaggio o che sia una bottiglia con dentro ancora liquido oppure sporca prende la via dell’inceneritore. Ma la strada maestra è quella della riduzione dei rifiuti a monte e l’esperienza raccontata dimostra che è possibile farlo anche…a tavola!