Mentre il mondo si prepara a celebrare questa sera la riapertura di Notre-Dame de Paris alla presenza dei potenti di questo mondo, è opportuno, al di là dell’impresa tecnica, interrogarsi non sul senso della cerimonia ma su quello del finanziamento che ha visto la partecipazione delle grandi fortune in un momento in cui infuria il dibattito su una tassazione più equa. Con un’esplosione di generosità senza precedenti, 340.000 donatori hanno raccolto 846 milioni di euro. Se le donazioni della maggior parte di loro non sollevano dubbi, quelle dei più grandi patrimoni, a cominciare da Bernard Arnaud (200 milioni di €), le famiglie Meyer-Betancourt (200 milioni di €), Pinault (100 milioni di €)… che rappresentano la maggior parte di essi sono preoccupanti. Il ricorso al concetto di evergetismo ci permette di comprendere la portata di tali donazioni in un momento in cui il dibattito sulla tassazione dei più ricchi sta diventando una questione importante. In effetti, più che una filantropia che affonda le sue radici nella cultura cristiana e nel commercio con l’aldilà, questa sequenza ricorda, per molti aspetti, un nuovo tipo di evergetismo in un mondo in cui molte fortune – o la capitalizzazione di grandi gruppi (a cominciare da GAFAM) – superano il patrimonio pubblico di molti Stati. Lungi dall’essere gratuita, questa prodigalità potrebbe avere conseguenze sul posto assegnato ai più ricchi, la cui legittimità è contestata in un mondo sempre più ineguale e afflitto da transizioni insufficientemente finanziate. Fin dai primi giorni successivi all’incendio di Notre-Dame de Paris, abbiamo assistito a quello che si può definire un tumulto di evergetismo da parte delle grandi fortune del paese. Questa terminologia, coniata dagli storici dell’antica Roma e della Grecia ellenistica per designare i doni ostentati, o benefici, dei più ricchi alla Città, non è priva di conseguenze. Hanno portato alla costruzione di edifici pubblici (mercato, sale di riunione, templi, ecc.), spettacoli (giochi circensi, rappresentazioni teatrali), pane a basso costo e feste per popolazioni molto povere. Le società mediterranee sono anche fortemente diseguali. Al di là del prestigio che conferivano ai donatori, spettava a questi ultimi consolidare la propria posizione sociale all’interno della Città.
Nel 1976, l’immenso Paul Veyne dedicò alla questione un saggio di sociologia storica, Il Pane e il Circo. Sociologia storica di un pluralismo politico, rimasto fino ad allora senza equivalenti e in cui decifra ampiamente, con fonti a sostegno, una pratica eminentemente politica. Ha definito evergete un modo molto complicato di descrivere un mecenate, ma non solo. “Questa follia (…) [che] ha lanciato i ricchi a un’escalation di donazioni alla comunità (ognuno desiderava mostrarsi più magnifico del vicino)”, nelle parole di Mona Ozouf, ha letteralmente fatto vivere la Città in un mondo in cui le risorse destinate al potere pubblico erano deboli e il potere economico e quello politico si fondevano. Ma se il mecenate si accontenta di finanziare la dimensione artistica della Città (anche se beneficia delle consuete esenzioni fiscali – cosa che andrebbe messa in discussione, soprattutto per donazioni di questa portata), se il filantropo si ammanta di una forma di gratuità, il evergete integra dimensioni che vanno ben oltre il disinteresse pubblico o l’interesse fiscale. Attraverso questo neologismo, fatti ben precedenti al concetto, l’evergetismo spiega una parte importante, intima?, dei rapporti tra potere e popolo all’interno della società romana, da cui prese il sopravvento la carità cristiana. Paul Veyne ritiene infatti che “pane e circo siano dunque politica in tre diverse e disuguali capacità, che corrispondono alle tre questioni: denaro, potere e prestigio. “. Certo, non siamo ancora in una fase di investimenti, anche se la Francia, per mancanza di risorse, sarebbe costretta, in un giorno non così lontano, a fare affidamento su grandi fortune e grandi gruppi per sopperire alle carenze di uno Stato alle prese con risorse sempre più limitate come quelle attuali. Questo è il caso degli Stati Uniti, dove la filantropia attribuisce un ruolo ai ricchi all’interno della City. Ma è gratuito?
In un articolo pubblicato su Le Monde, sul fenomeno filantropico negli Stati Uniti, François Meunier, economista dell’ENSAE Paris Tech, trae la conclusione che “il dono finisce per assumere uno statuto diverso; più che un reddito che abbandoniamo, diventa consumo di un bene superiore, che dà visibilità sociale, arricchimento morale personale, attività diversificate al momento della pensione, etc. “.
I ricchissimi coniugi Hancock della serie Dear White People non esitano a sottolineare in più occasioni che la loro generosità, lungi dall’essere gratuita, dà loro influenza e persino il diritto di decidere come verranno utilizzati i loro milioni, nell’obiettivo dichiarato a metà di porre fine all’integrazione degli studenti neri nella selezionatissima Winchester University. Lungi dall’essere gratuito, spesso implica, come i ricchissimi romani o elleni, fare il lavaggio sociale a un costo inferiore quando la donazione è esentasse, o altrimenti una forma di investimento sociale. Al di là della visibilità sociale e del rapporto con il resto della società, possiamo analizzare questo dispiegamento come appropriazione indiretta di beni pubblici.
L’edificio ricostruito di Notre-Dame de Paris non sarebbe quindi più il simbolo carico di storia dei soli cittadini francesi, ma il monumento, certamente comune, certamente pubblico, ma soprattutto sopravvissuto grazie a Pinault, Bettencourt e altri…
Come ha dimostrato Paul Veyne, le città antiche esistevano e sopravvivevano solo grazie al potere dei più ricchi che mantenevano clienti, monumenti, spettacoli e flussi di cibo. Allo stesso tempo, le autorità pubbliche erano inesistenti nel senso moderno e molto spesso venivano confuse con queste ultime.
In un momento di declino dei servizi pubblici organizzati attraverso la loro cosiddetta modernizzazione – un eufemismo che ben si addice alla spoliazione del nostro patrimonio comune, all’appropriazione di parte di esso da parte di attori privati attraverso partenariati pubblico-privati e altri finanziamenti innovativi – dobbiamo prevenire questo La generosità eccessiva, socialmente e politicamente più vantaggiosa delle strategie di evasione fiscale divenute sempre più insostenibili, guadagna troppo slancio perché questa generosità in definitiva serve solo a una parte sociale. In un momento in cui la tassazione dei più ricchi sta diventando una questione importante per le società moderne, l’evergetismo nella sua versione contemporanea potrebbe fungere da schermo ritardante affinché i più ricchi evitino una tassazione più equa.
traduzione di Turi Palidda
fonte: mediapart