Siria
Il dittatore è scappato.
Il Cremlino ha annunciato che è arrivato a Mosca, dove ha ottenuto l’asilo politico.
La presa del palazzo è avvenuta finora senza spargimento di sangue innocente, perché esercito e forze di polizia si sono dissolte; i capi criminali sono fuggiti e soldati ed agenti sono rimasti a casa. Alcuni ex prigionieri hanno raccontando che al momento della liberazione delle carceri, i secondini assassini si sono smessi l’uniforme ed in abiti civili sono usciti mischiati in mezzo alle loro vittime del giorno prima.
Feste di gioia in tutto il territorio siriano, la gente è scesa nelle strade e nelle piazze gridando “Viva la libertà!” e rimuovendo i simboli del potere, dalle gigantografie dell’ex dittatore alle sue statue, ma non si nascondono i timori per una svolta talibana nel paese, culla del laicismo nel mondo arabo-islamico.
Intervistati dalle tv arabe, tornate in Siria per la prima volta dal 2011, molti siriani temevano di esprimersi sulla fase futura.
Un anziano signore alla domanda del giornalista su cosa pensa di Tahrir Sham, ha tenuto la bocca chiusa.
lla faccia interrogativa del giornalista, ha risposto con un detto arabo: “Anche i muri hanno le orecchie”.
A Damasco è stato imposto il coprifuoco dalle 4 del pomeriggio alle 5 del mattino.
L’opposizione ha fatto affluire migliaia di miliziani per tenere la situazione sotto controllo.
Sono state registrate anche episodi di saccheggio di proprietà pubbliche e vandalismi.
Ahmad Shara’ (alias Abu Mohamed el-Joulani) è andato a pregare nella moschea principale della capitale, moschea degli Omayyadi, dove ha svolto un’orazione attorniato dai suoi miliziani armati.
Se mira a sostituire Bashar Al-Assad oppure a diventare il nuovo califfo lo diranno i giorni futuri.
Al momento le cronache degli avvenimenti segnano una inconsueta cautela nell’atteggiamento del personaggio, probabilmente per ordini dai suoi sponsor turchi e qatarioti.
In un discorso trasmesso dalla tv pubblica siriana, adesso sotto il controllo di miliziani, ha detto che tutte le strutture amministrative devono continuare ad operare sotto la direzione del precedente primo ministro fino alla consegna dei poteri al futuro governo.
Di certo è che sono in corso trattative con la precedente amministrazione governativa (primo ministro in particolare) per il passaggio dei poteri, salvaguardando la struttura dello stato, evitando la dissoluzione dell’esercito come avvenuto nel caso iracheno nel 2003, dopo l’invasione statunitense.
Le milizie hanno preso possesso del palazzo presidenziale, della dimora degli Assad, della sede radio-tv e dell’aeroporto che è stato chiuso al traffico aereo.
Si prevede l’arrivo stamattina degli altri capi politici delle varie fazioni per la composizione di un governo provvisorio.
L’unica devastazione è avvenuta nella sede centrale della polizia, dove le fiamme hanno divorato l’archivio. Un incendio sospetto che in realtà cancella le prove contro gli aguzzini del regime e crea il caos nella gestione delle anagrafi statali dei documenti di identità e passaporti.
La giornata di ieri è stata anche caratterizzata dal primo messaggio armato di Israele ai nuovi governanti siriani; un bombardamento contro un centro di ricerca scientifica nel cuore della capitale.
L’alleanza militare Tel Aviv-Washington si svela anche nell’azione coordinata sul territorio siriano. Il Centcom ha annunciato di aver compiuto ieri 75 raids sulla zona centrale della Siria, “prendendo di mira postazioni dell’ISIS”. Un passo verso lo smembramento della Siria?
Le prigioni di Assad
Migliaia di prigionieri sono stati liberati dalle carceri del regime. Storie di sofferenze e provazioni, ma anche storie di morte. Una gioia mista con le lacrimi dei familiari di coloro che non ce l’hanno fatta a sopravvivere alle torture dei macellai di Assad. Nel carcere di Saidanaya, alle porte di Damasco, a 24 ore dalla sua liberazione, le milizie non sono riuscite ad entrare nei tre piani sotterranei fortificati da porte segrete.
Nella mancanza di corrente elettrica, le difficoltà sono enormi per riuscire a salvare i detenuti intrappolati.
Dal carcere di Tartous è uscito il pilota militare Raghid Tatary, dopo aver passato in prigione 43 anni senza mai essere stato processato o condannato. La sua colpa era stata di non aver obbedito agli ordini di bombardare la città di Hama, nel 1982, ai tempi di Hafez Assad, padre del fuggiasco Bashar.
È entrato in carcere a 27 anni e ne è uscito a 70. Nel massacro di Hama l’Assad padre si vantava di aver schiacciato i fratelli musulmani con il costo 20 mila civili uccisi.
Espansionismo israeliano
L’esercito israeliano ha occupato tutto il corridoio di sicurezza smilitarizzato all’interno del territorio siriano, istituito sulla base della tregua del 1974.
I carri armati israeliani hanno intimato alla popolazione siriana di 5 villaggi di non uscire da casa, fino ad un nuovo ordine.
Israele è andato anche oltre occupando il monte Sheikh con il pretesto che il ritiro dei soldati siriani metteva in pericolo la sicurezza del Golan, territorio per altro siriano occupato da Israele dal 1967 e annesso illegalmente. Espansionismo territoriale alla ricerca dello spazio vitale, che ricorda le azioni della Germania prima della seconda mondiale.
Mandato cattura Netanyahu
I casi strani della vita. Il giorno prima che la Corte penale internazionale rilasciasse i mandati di cattura, una tv italiana ha trasmesso un documentario con le riprese d’epoca del processo di Norimberga; mi aveva colpito la parte finale con la lettura delle condanne contro i gerarchi nazisti: “Hermann Göring, colpevole di crimini contro la pace, guerra d’aggressione, crimini di guerra e crimini contro l’umanità: morte per impiccagione”. E poi la sfilza dei nomi di altri gerarchi nazisti.
Il giorno dopo della messa in onda, i mandati di cattura per Netanyahu.
È vero che la Corte Penale Internazionale ci ha messo 412 giorni prima di accorgersi della carneficina di Gaza, messa in atto deliberatamente dall’esercito israeliano.
È vero anche che il 21 novembre, data di emissione degli ordini di arresto, è lontano 6 mesi dall’annuncio del procurator Karim Khan dell’esistenza delle indagini.
Ma i mandati di arresto dovrebbero essere, per le persone sinceramente democratiche, una boccata di ossigeno dopo l’incubo.
Vedo e leggo, invece, di molti amici e amiche di fede o cultura ebraica che difendono l’operato del governo delle destre israeliano, nel nome delle vittime della Shoah.
Chiudono gli occhi sulla Shoah palestinese in corso. Negazionisti in tempo reale.
Vorrei ricordare loro le parole di un uomo giusto tra i giusti: Primo Levi.
Nel 1988, sei anni dopo la strage di Sabra e Chatila, mentre il rabbino estremista Meir Kahane esortava ad espellere l’intera popolazione palestinese dalla sua terra, la Palestina, Primo Levi così dichiarava in un’intervista all’amico Gad Lerner: “Mi sono convinto che il ruolo d’Israele come centro unificatore dell’ebraismo adesso – sottolineo l’adesso – è in una fase di eclissi.
Bisogna quindi che il baricentro dell’ebraismo si rovesci, torni fuori d’Israele, torni fra noi ebrei della Diaspora che abbiamo il compito di ricordare ai nostri amici israeliani il filone ebraico della tolleranza”.
Va ricordato agli smemorati e accecati che oggi i seguaci di Kahane sono al governo e dettano la linea.
Genocidio a Gaza
La giornata di ieri a Gaza è stata caratterizzata dall’estensione delle operazioni di demolizioni di interi quartieri anche a Rafah e non solo nel nord della Striscia. La deportazione della popolazione di Gaza non riguarda soltanto il nord. I piani espansionistici israeliani minacciano di annessione tutto il territorio.
I bombardamenti di ieri hanno causato l’uccisione di 44 civili e il ferimento di altri 74. Il numero totale delle vittime – secondo i censimenti del ministero della salute, basati sul numero dei corpi che vengono portati negli ospedali – è di 44.708 uccisi e 106.050 feriti.
Libano
Sei persone uccise in diversi bombardamenti israeliani nel Libano meridionale.
È stata colpita con l’artiglieria Naqoura e sono continuate a Khayyam e Kfar Kalla le operazioni di demolizione delle abitazioni.
Le violazioni della tregua sono all’ordine del giorno da parte di Tel Aviv, che interpreta gli accordi con una visuale di dominio e prevaricazione. “Abbiamo registrato attività sospette ed abbiamo agito preventivamente per neutralizzarle”, ha detto il portavoce dell’esercito invasore.
Su un altro versante, si registra il ritorno in Siria di migliaia di profughi siriani che sii erano rifugiati in Libano per sottrarsi alla guerra ed alla repressione del regime degli Assad.
Cisgiordania e Gerusalemme est
A Gerusalemme, dall’inizio dell’invasione di Gaza, ci sono stati 83 uccisi, 700 feriti e 2000 arrestati.
L’operazione di annessione della Cisgiordania ad Israele sta passando dall’annessione di fatto ad una giuridica.
Il ministro Smotrich ha emanato una direttiva per la cancellazione dell’amministrazione civile istituita dall’esercito nelle aree C (il 60% del territorio del futuro Stato di Palestina).
Il significato operativo è che i territori interessati passano all’amministrazione del governo israeliano e non più all’esercito di occupazione. Un regime di segregazione per i 250 mila palestinesi che vi risiedono: sono assediati dalle colonie, le loro terre soggette a continue confische, le case a demolizioni, la loro vita minacciata dalle aggressioni dei coloni armati, i loro movimenti sono limitati dai posti di blocco e dalle barriere di separazione sulle superstrade che collegano le colonie con Israele.
L’annuncio ufficiale dell’annessione è rinviato a dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca.
Nel frattempo, la polizia dell’ANP non trova meglio che agire per conto dell’esercito di occupazione, nella repressione dei movimenti di resistenza. A Jenin, reparti delle forze di sicurezza di Ramallah hanno ingaggiato scontri con una formazione armata locale.
Un’enormità che lo stesso re Abdallah di Giordania ha stigmatizzato in una telefonata al presidente Abbas, raccomandando di evitare la disgregazione dell’unità popolar dei palestinesi.
Il monarca giordano teme una deportazione di massa dei palestinesi di Gerusalemme e della Cisgiordania verso est del fiume.
Rojava
Fuga da Manbij. I jihadisti filo turchi hanno attaccato i curdi con la copertura di droni turchi. Deportazione e pulizia etnica. Dopo aver ripulito Tal Rifaat, a nord di Aleppo, i jihadisti tagliagole sono all’attacco di Manbij, città che aveva resistito agli attacchi turchi e dei miliziani, ma che adesso sotto la morsa di un’euforia della vittoria per la caduta del regime in 12 giorni, non sarà facile difenderla.
I miliziani a terra e l’esercito turco dal cielo. I droni turchi stanno martellando alla spalle le retrovie delle forze democratiche siriane e la situazione secondo i rapporti militari di varie parti è difficile. La fuga della popolazione verso est è inevitabile.
Cultura
Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al 74esimo Festival di Berlino dove ha vinto il premio per il Miglior Documentario e il Premio del Pubblico nella sezione Panorama, “No Other Land”, diretto da Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal e Rachel Szor, vince il premio come Miglior Documentario alla 37esima edizione degli European Film Awards.