Mandato di cattura per Benjamin Netanyahu

Il mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale (Icc) nei confronti di Benjamin Netanyahu e dell’ex Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant per crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Gaza rischia di divenire il canto del cigno dell’ordine mondiale basato sul rispetto delle istituzioni multilaterali e del diritto internazionale.

La decisione sta già dividendo i Paesi della stessa Nato e i 27 Paesi UE, che fanno parte dei 124 che riconoscono l’autorità del Tribunale de L’Aia.

La Germania non si pronuncia, la Francia adesso dice che Netanyahu, a differenza di Putin, ha l’immunità, l’Italia per bocca della Presidente del Consiglio non ha ancora deciso e forse – diciamo noi – non deciderà mai (che equivale ad uno schiaffo al diritto internazionale) – mentre Irlanda, Olanda, Regno Unito, Belgio, Spagna, Norvegia e Slovenia hanno già annunciato il rispetto dell’ordinanza della Corte.

Biden, Macron e Orban si trovano in una triste compagnia e nel massimo isolamento morale. Parlano di diritto internazionale e di rispetto delle regole e poi sono i primi a tradirli.

In riferimento alle due procedure alla Corte penale ed alla Corte di giustizia, contro Israele ed i suoi politici e militari, riportiamo le parole del giurista di diritto internazionale Nicola Perugini: “Le due corti sono il più grande test politico-legale dall’era della decolonizzazione. Con chi stiamo? Con la giustizia universale anche per il mondo non bianco, o con i crimini e il genocidio coloniali? – si chiede Nicola Perugini, docente di diritto internazionale a Edimburgo. “I due procedimenti sono un chiaro segnale che l’umanità, in senso prettamente giuridico, non può tollerare la violenza messa in gioco da Israele negli ultimi 14 mesi per eliminare la popolazione palestinese dopo averla accusata di responsabilità in quanto gruppo nazionale per gli eventi del 7 ottobre”.

“Quella violenza contro il gruppo colonizzato – spiega Perugini – ha come scopo la sostituzione della popolazione palestinese con coloni israeliani. Dalle due corti messe insieme, emerge il repertorio del crimine dei crimini per mettere in atto, come la maggioranza dei ministri di Netanyahu dichiara alla luce del sole, quella che nel suo ultimo report la relatrice speciale Francesca Albanese chiama la “cancellazione coloniale””.

Per l’ennesimo giorno, i media scorta mediatica del genocidio hanno cancellato la notizia del mandato di cattura del criminale di guerra ricercato Netanyahu dall’orizzonte informativo.

Genocidio a Gaza

Demolizione sistematica di interi quartieri a Jebalia e Beit Lahia nel nord di Gaza.

L’operazione di deportazione è a pieno regime per l’attuazione del piano colonialista israeliano.

I bombardamenti israeliani aerei e con l’artiglieria hanno causato ieri 45 uccisi.

Il rapporto di ieri del Ministero della Sanità palestinese parla di un numero totale delle vittime che si aggira sui 177 mila tra uccisi, feriti e dispersi: 44.429 uccisi, 105.250 feriti e 17 mila dispersi accertati.

A loro vanno aggiunte le vittime rimaste sepolte sotto le macerie, la cui assenza non è stata denunciata da parenti ancora in vita.

Situazione umanitaria

L’Unrwa ha annunciato che non utilizzerà più il valico di Karam Abu Salem a causa della presenza di criminali comuni armati che prendono possesso delle merci sotto gli occhi dei soldati israeliani. “E’ compito della forza occupante garantire i convogli, ma non succede niente”.

Il blocco degli aiuti renderà ancora più difficile la vita della popolazione già affamata e sottoposta a continui bombardamenti.

Philippe Lazzarini: “L’operazione umanitaria a Gaza è diventata impossibile a causa del blocco ermetico, degli ostacoli israeliani e della mancanza di sicurezza; la responsabilità di proteggere gli operatori umanitari e le forniture ricade su Israele in quanto potenza occupante”.

La situazione sanitaria è al totale collasso.

La denuncia del dottor Mounir Al-Bursh è precisa: “L’esercito occupante impedisce l’ingresso delle garze sterilizzate e le medicine per il dolore. Abbiamo dei bambini colpiti con bombe incendiarie che soffrono le pene dell’inferno e noi siamo impotenti di fronte alle loro grida di dolore. L’esercito israeliano usa armi vietate internazionalmente in aree civili. Alcuni cadaveri ci arrivano con delle deformazioni sospette nella cassa toracica e per la “vaporizzazione” delle carni. Arrivano scheletri di ossa che si sbriciolano al minimo tocco. È pulizia etnica e genocidio”.

Cisgiordania

4 militanti assassinati da Israele in un agguato a sud di Jenin.

Un drone israeliano ha crivellato di proiettili un’auto a bordo della quale si trovavano i quattro militanti. L’esercito di occupazione ha impedito alle ambulanze della Mezzaluna rossa di raggiungere la zona e dopo la morte dei feriti ha sequestrato i loro corpi.

Giornalisti nel mirino

È stato ucciso ieri a Gaza il giornalista Maysara Salah mentre stava svolgendo il suo lavoro di informazione della guerra israeliana contro la popolazione di Gaza. Lavorava per l’agenzia di servizi televisivi Quds press.

Il numero dei giornalisti uccisi dall’inizio del genocidio a Gaza è salito a 192.
Israele non vuole che il mondo venga a conoscenza dei suoi crimini e i media internazionali che non denunciano il divieto ai giornalisti internazionali e l’assassinio dei colleghi palestinesi sono complici dell’occultamento del genocidio.

Libano

È entrato in vigore materialmente e sul terreno, all’alba di oggi, il cessate-il-fuoco in Libano. Migliaia di famiglie sfollate stanno tornando alle loro terre e cercare di riparare le case rase al suolo.

Dalle immagini tv locali e dai social, la fotografia che arriva dalle terre disastrate e depredate dai soldati israeliani, ladri di civiltà, è di gioia e felicità per la fine dell’occupazione, “grazie alla resistenza di combattenti per la libertà”, dicono.

A Khayyam, l’esercito israeliano ha demolito con la dinamite decine di case. Un drone israeliano ha sorvolato Beirut, in palese violazione della tregua. Il portavoce dell’esercito ha inventato il termine di “azione preventiva per impedire che Hezbollah violi la tregua”.

Siria

Aleppo, la seconda città siriana per numero di abitanti e per importanza economica, è sotto il controllo delle milizie armate dell’opposizione e in primo luogo della qaedista Tahrir Sham (ex Fronte Nusra). Una debacle dell’esercito governativo e dei suoi alleati russi, libanesi e iraniani.

Tahrir Sham ha annunciato di aver preso possesso di armamenti della difesa anti-aerea russa. Fuga di almeno 200 mila persone dalla città.

L’offensiva – secondo gli annunci dell’opposizione – sta toccando la provincia di Hama.

L’Osservatorio siriano sostiene che la cittadina di Maarrat Numan è stata già conquistata dall’opposizione, insieme ad altri 52 villaggi nelle tre province Idlib, Aleppo e Hama.

Il presidente siriano ha parlato in diretta tv promettendo di liberare tutto il Paese “dai servi dello straniero”, come ha definito l’opposizione in relazione al sostegno della Turchia e degli Stati Uniti.

Le milizie filo turche hanno sfruttato la situazione per sferrare un attacco alla cittadina di Tal Rifaat , a maggioranza curda sotto controllo dei combattenti delle Forze democratiche siriane.