Il tentativo di confronto con l’Eliseo ha galvanizzato il PS, riunito attorno alla rottura strategica con Jean-Luc Mélenchon. Tra gli ecologisti, invece, gli zigzag della leadership hanno offuscato i confini. E al PCF la crisi è aperta con Fabien Roussel. Intanto Macron ha detto che entro 48 ore nominerà un nuovo capo di governo e che non si dimetterà prima della fine del suo mandato che è nel 2027
 
Macron sarà riuscito almeno in una cosa: seminare discordia a sinistra. Invitando a un incontro all’Eliseo martedì 10 dicembre tutte le forze politiche che hanno “indicato di adottare una logica di compromesso” – ad eccezione della France insoumise (LFI) e del Raggruppamento Nazionale (RN) – il presidente della Repubblica ha inferto un nuovo colpo alla fragile alleanza del Nuovo Fronte Popolare (NFP). Alla fine del pomeriggio, i leader dei tre partiti di sinistra – Partito Socialista (PS), Partito Comunista Francese (PCF) e Les Ecologistes – hanno lasciato a mani vuote l’incontro con il capo dello Stato.
“Dobbiamo… fermare le riunioni all’Eliseo”, ha concluso anche la presidente del gruppo ecologista dell’Assemblea nazionale, Cyrielle Chatelain, stimando che Emmanuel Macron avesse a disposizione due opzioni: nominare un primo ministro della forza Elezioni legislative di giugno o affrontare una nuova mozione di censura. Un epilogo che sembra un ritorno al punto di partenza, dopo una settimana di tensioni a sinistra sul modo migliore di affrontare la post-censura, lasciando sparsi come un puzzle i partiti finora uniti nella NFP.
All’indomani della caduta di Michel Barnier, i socialisti sono stati i primi ad accettare di recarsi all’Eliseo per discutere un accordo di non censura per un governo di sinistra, trascinando dietro di sé gli ecologisti e il PCF. Tanto da aprire una voragine all’interno del NFP, escludendo LFI ogni logica di compromesso con chi detiene il potere.
 
Negli ultimi giorni sono aumentate le reciproche stoccate  tra i vari leader della sinistra. “Cosa farai in questo pasticcio? Stai per sederti al tavolo delle trattative con Gabriel Attal e Laurent Wauquiez! », ha esordito martedì il deputato della LFI Paul Vannier, mentre Jean-Luc Mélenchon si è rammaricato che il PS, il PCF e gli ecologisti stiano formando una “coalizione per negoziare con la destra”.
 
Poco prima, il comunista André Chassaigne, presidente del gruppo della Gauche démocrate et républicaine (GDR) all’Assemblea, e gli Insoumis Éric Coquerel si sono insultati a vicenda su BFM, il primo accusando il secondo di essere “favorevole al caos”.
 
Crisi aperta per il PCF
L’annuncio della riunione all’Eliseo martedì, alla presenza del partito Les Républicains (LR), ha spaccato anche al loro interno i movimenti di sinistra. La stessa mattina, il segretario nazionale del PCF, Fabien Roussel, ha suscitato scalpore facendo dell’abrogazione della riforma delle pensioni una merce di scambio con il potere. “Se rimaniamo fermi sull’abrogazione […], non andremo avanti”, ha dichiarato l’ex deputato, oggetto di un’indagine della Procura finanziaria nazionale (PFN). “Sembra che il clero decadente negozi i Vangeli”, ha reagito il deputato comunista Nicolas Sansu, che già il giorno prima si era commosso per una prima raffica di dichiarazioni di Fabien Roussel che si schierava contro l’abrogazione. 
In seguito allo sconvolgimento causato da questa affermazione il gruppo della Gauche démocrate et républicaine (GDR) ha annullato in modo disastroso la sua conferenza stampa settimanale – e non è l’unico a creare problemi interni. Otto deputati del gruppo della Gauche démocrate et républicaine (GDR) e una dozzina di senatori comunisti si sono subito incontrati al Senato e in videoconferenza con il segretario nazionale del PCF per fare il punto in un clima di tensione.
Né il deputato Stéphane Peu né il senatore Pascal Savoldelli hanno difeso Fabien Roussel. “Abbiamo detto all’unanimità che dovevamo smettere di porre in discussione l’idea di abrogare la riforma delle pensioni. Vogliamo preservare l’unità del NFP qualunque cosa accada”, riferisce Nicolas Sansu. “Fabien è stato ridimensionato ma ovviamente farà quello che vuole”, dice un altro partecipante, stanco della remata contro del suo leader. Ce n’è abbastanza per allargare ulteriormente il divario tra il segretario nazionale e il gruppo in Assemblea, composto per quasi la metà da ultramarine resistenti a qualsiasi concessione ai macronisti.
Nell’altra metà, comunista “pura”, anche lì, si strilla: “Fabien Roussel ha parlato di un accordo di non censura da parte di un governo che arriva fino a LR, ma noi non ne abbiamo mai parlato nel gruppo”, riferisce il deputato del PCF Elsa Faucillon, che non “vede come sopravvivrebbe il gruppo comunista dell’Assemblea” se in Place du Colonel Fabien  firmasse un accordo all’insaputa dei parlamentari. Oltre ai deputati comunisti, anche i dirigenti del PCF riferiscono, alla vigilia della “conferenza nazionale” (un mini-congresso) che avrà luogo sabato, che si respira un’atmosfera interna esplosiva.
“Quando diciamo che esiste una linea rossa, non dobbiamo oltrepassarla. In qualche modo Fabien la supera, e su questo non sono d’accordo”, si lamenta Raphaëlle Primet, copresidente del gruppo comunista al consiglio di Parigi. La corrente unitaria del PCF, Alternativa Comunista, ha pubblicato una lettera aperta al segretario nazionale invitandolo a “passare il testimone”: “Fabien, permettici di raccontarti con serietà: questo percorso [quello dell’accordo sul campo con Emmanuel Macron” – ndt] è un tradimento»… seguono tumulti anche tra gli ecologisti.
Tra Les Écologistes  molti attivisti con gli occhi spalancati hanno osservato le variazioni strategiche di Marine Tondelier. Il 1° dicembre ha pubblicato un appello per una candidatura congiunta della sinistra nel 2027 con Lucie Castets. Ma poche ore prima della mozione di censura, ha chiesto unilateralmente un dialogo con tutti i partiti che hanno partecipato con il fronte repubblicano alle elezioni legislative, suscitando la perplessità dei funzionari del NFP. Soprattutto l’ala sinistra del partito non ne è convinta.
L’appello dell’ex ministro dell’Ecologia Cécile Duflot, direttrice della ONG Oxfam, per una “coalizione climatica e sociale che passi dagli ecologisti al blocco centrale” senza RN né LFI, ha gettato nuova benzina sul fuoco – alcuni ambientalisti temono che i negoziati con Emmanuel Macron possano portare a una separazione con LFI: “Non spetta ad una ONG posizionarsi per volere una coalizione che vada da LR al PCF, escludendo RN e LFI che, di conseguenza, sono assimilati, qualunque cosa si dica. Il perimetro del partito non vi riguarda”, ha risposto il senatore ambientalista Raymonde Poncet.
Anche l’elenco delle undici proposte prioritarie che servono da base per la discussione non è stato unanime tra gli ambientalisti. Così come le reazioni piuttosto ottimistiche di Marine Tondelier e Cyrielle Chatelain al loro primo incontro con Emmanuel Macron il 9 dicembre. Marine Tondelier si è detta “soddisfatta di diverse cose” e Cyrielle Chatelain ha risposto positivamente alla proposta di un “nuovo metodo” avanzata da Emmanuel Macron. “Una cosa è dire a Macron che in caso di un primo ministro del NFP ci impegniamo a non utilizzare il 49-3 (la fiducia che in Francia permette al governo di far passare le sue leggi senza voto parlamentare – come accadde per la riforma delle pensioni odiata dal 75% della popolazione) e che non possiamo applicare l’intero programma; un’altra è discutere di una piattaforma programmatica.
Dopo il loro primo incontro c’è stato un riorientamento”, riferisce il deputato Hendrik Davi, membro del gruppo ambientalista all’Assemblea. Il membro della direzione degli Ecologisti, Alain Coulombel, si dice però convinto della solidità dei dirigenti del partito: “Non ripeteremo l’esperienza di Emma Cosse, che disse che non sarebbe mai entrata al governo, per poi finire per farlo».
 
Le tensioni interne al NFP sono state tuttavia considerate sufficientemente preoccupanti da indurre due piccoli partiti vicini agli ecologisti, L’après de Clémentine Autain e Alexis Corbière, e Génération·s a pubblicare, il 10 dicembre, dei comunicati stampa che invitano a non ” cadere nella trappola di Emmanuel Macron”. Al PS, espressione dello smantellamento e della ritrovata unità replicano che è solo il PS che il periodo sembra galvanizzare.
“Accordo perfetto attorno alla delegazione che incontrerà il Presidente della Repubblica! “, ha trionfato il deputato Pierre Pribetich, vicino a François Hollande, al termine della riunione settimanale del gruppo all’Assemblea, martedì mattina. All’altro estremo dello spettro socialista, anche il “faurista” (pro-Faure) Laurent Baumel ha accolto con favore l’unità ritrovata grazie alla fuga solitaria del PS all’indomani della mozione di censura: “Siamo in una fase di disinfeudazione di Jean-Luc Mélenchon, e su questo, così come sul fatto che nessuno parteciperà ad una coalizione con la destra, tutti sono d’accordo”, ha sottolineato l’ex ribelle. Al punto che, fatto senza precedenti almeno dai tempi del disastroso congresso di Marsiglia (Bouches-du-Rhône), è stato pubblicato sul sito un comunicato firmato da tutti i rappresentanti delle correnti socialiste, compresi i nemici giurati del primo segretario, lunedì scorso, per scolpire nel marmo le “esigenze [dei socialisti] per costruire una nuova strada […] che ci permetta di trovare una via d’uscita da questa situazione di stallo che nuoce al popolo francese”. La scorsa settimana, tuttavia, non è andata tutto liscio per il PS.
Le esitazioni di Olivier Faure, su France Info, dove sembrava menzionare “concessioni reciproche”, in un accordo che includeva il diritto di Laurent Wauquiez, hanno fatto storcere il naso ad alcuni dei suoi vicini. Ha chiarito il giorno successivo.

Pochi giorni dopo, la formula astrusa di Boris Vallaud, alla domanda di un giornalista del LCP che gli chiedeva se la presenza di Bruno Retailleau nel governo potesse costituire una linea rossa, avrebbe potuto anche indurre a interrogarsi: “Bruno Retailleau che guida la politica di Bruno Retailleau? per noi non è possibile”; egli ha eluso il presidente del gruppo socialista, in un video ampiamente diffuso – e deriso – da alcuni ribelli. “Soprattutto non voleva dare l’impressione di entrare nella discussione chiedendo la testa di tal dei tali”, ha detto martedì il suo entourage, glissando solo in secondo piano, “ovviamente, Retailleau, non è possibile .”

Preoccupanti sono anche le sfumature semantiche tra i parlamentari dello stesso gruppo: Jérôme Guedj, chiedendo una “sospe nsione” della riforma delle pensioni, il suo collega Arthur Delaporte chiedendo, da parte sua, l'”abrogazione” della legge Dussopt… Da lì manca poco a vedere delinearsi le crepe che potrebbero presto riapparire dal passato.

“La strategia del PS è buona, ma mal eseguita: la gente parla troppo, si comportano come i portavoce di Macron”, commenta un ecologista.

Martedì mattina, Laurent Baumel non ha detto altro: “In realtà, se c’è questa impressione un po’ confusa, è perché non tutti abbiamo chiaro cosa significhi concretamente stipulare un ‘accordo di non censura’. Per alcuni, come me, questo significa una vera riparlamentarizzazione: non censurare un governo, qualunque esso sia, purché non usi il 49-3. Per altri, la censura dipenderà dai progressi che si potranno ottenere. Ma su questo punto il dibattito si fa complesso, anche nel PS, perché le sfumature sono infinite.”
Nel frattempo, il partito di Olivier Faure ha deciso una politica di piccoli passi. Poche ore prima della riunione dell’Eliseo, un membro della direzione del gruppo in seno all’Assemblea si era dimostrato combattivo: “Dobbiamo ricavare tutto ciò che possiamo sulle pensioni, sull’aumento degli stipendi…  I macronisti non sono mai stati così deboli, Marine Le Pen è nuda. E siamo riusciti a isolare i ribelli e a unire i comunisti e i verdi attorno alla nostra linea”, ha riassunto, basandosi un po’ frettolosamente sulle dichiarazioni dei leader dei partiti non necessariamente in sintonia con la propria base.
Analisi radicalmente opposta per Jean-Luc Mélenchon. “Continuo a sperare che loro [il PS, gli ecologisti e i comunisti – ndr] non avranno la stupidità di portare avanti questo approccio… Parlo a nome di milioni di persone di ogni opinione, ma anche di socialisti, comunisti, ecologisti che non vogliono partecipare a questa farsa”, ha detto lunedì sera, durante un incontro a Redon (Ille-et-Vilaine), convinto di essere alla fine l’unico unificatore.
fonte: Mediapart journal politique –traduzione di Salvatore Turi Palidda