Mercoledì 27 novembre rappresentanti di una trentina di associazioni ambientaliste, sindacati, partiti, associazioni dei consumatori, associazioni di tutela sociale, sindaci e comuni cittadini/e, riuniti sotto il nome di “Rete Sicilia Pulita”, si sono dati appuntamento a Palermo davanti Palazzo D’Orleans, sede della Regione Sicilia, per far sentire la propria voce a pochi giorni dall’approvazione del Piano Regionale Rifiuti (pubblicato oggi in Gazzetta), con cui si penserebbe di por rimedio alla disastrosa situazione dei rifiuti nell’Isola con il vecchio metodo di dare loro fuoco!

Il piano prevede, infatti, la costruzione a Palermo e a Catania di due ‘termovalorizzatori’ (temine usato solo in Italia per nobilitare gli ‘inceneritori’) per una spesa di 800 milioni, che dovrebbero eliminare la frazione residua dei rifiuti al netto della Raccolta Differenziata. R.D. che è ferma nell’isola al 52%, Palermo 17%, Catania 22 % (dati ISPRA 2022). L’idea non è nuova. Già nel 2002 l’allora governatore Cuffaro aveva proposto la costruzione di quattro impianti, che non avevano superato la V.I.A. (valutazione di impatto ambientale) per i danni all’ambiente e alla salute che avrebbero provocato ed erano stati accantonati.

Ora il governo Schifani torna alla carica con una proposta ridimensionata, pur sapendo che nel frattempo questa tecnologia ha perso terreno e non è più finanziabile con fondi europei con la motivazione che l’incenerimento ostacola lo sviluppo dell’auspicata economia circolare. In tutta Europa si va ormai verso la dismissione. L’incenerimento (la conseguente produzione di energia richiederebbe ulteriori infrastrutture e sarebbe ancora più costoso e inutile), infatti, è posto al penultimo posto della tassonomia europea, immediatamente prima delle discariche e dopo le funzioni di Riduzione, Riuso, Raccolta Differenziata, Riciclo.

Naturalmente queste fasi, ben più rispettose dell’ambiente, per essere correttamente attuate richiedono la costruzione di appositi impianti, quasi del tutto assenti in Sicilia. Ed è proprio quello che chiedono associazioni e cittadini/e: la promozione del riuso (il mercato dell’usato ha da noi una lunga tradizione e non viene valorizzato, anzi viene spesso penalizzato), il potenziamento della raccolta differenziata con il sistema porta a porta (ancora molto limitato e spesso effettuato in maniera scorretta), la costruzione di altri impianti di TMB (trattamento meccanico biologico) e di lavorazione dei diversi materiali (materie prime seconde).

Spendere meglio gli 800 milioni stanziati consentirebbe di limitare al massimo il conferimento in discarica, creerebbe posti di lavoro stabile, garantirebbe la salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente. Non è facile far passare questo semplice messaggio alla cittadinanza di fronte ad una propaganda governativa che incoraggia nell’immaginario collettivo la catarsi del fuoco che libera dalla sgradevole presenza dei rifiuti.

Nei numerosi interventi del presidio, invece, sono stati sottolineati i molteplici svantaggi della scelta inceneritrice: primo fra tutti il danno alla salute, non evidente perché si manifesta a distanza di anni dall’esposizione alle emissioni con aumento di malattie respiratorie, tumori e danni al feto, quindi con gravi conseguenze per le generazioni successive. Oltre alla ben nota CO2, gas climalterante, e alla diossina, anche gli impianti di ultima generazione emettono PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) che richiedono temperature ben superiori per essere eliminati e di cui si è solo di recente rilevata la presenza in quasi tutti i materiali avviati allo smaltimento, plastiche in particolare, che sono il ‘cibo’ preferito degli inceneritori.

Anche dal punto di vista economico le proposte alternative all’inceneritore sarebbero estremamente vantaggiose per la cittadinanza, con l’istituzione della ‘tariffa puntuale’ che premia coloro che producono meno rifiuti.
Ancora più auspicabile sarebbe poi intervenire sulla prevenzione: la riduzione a monte dei rifiuti con un consumo consapevole ed incentivi alla GDO (Grande Distribuzione Organizzata) per ridurre drasticamente i comodi – ma terribilmente deleteri per l’ambiente – contenitori di plastica.

La Rete Sicilia Pulita continuerà a farsi sentire nelle prossime settimane con ricorsi legali, campagne informative, iniziative di piazza, perché L’ALTERNATIVA C’E’. Ed è l’unica scelta giusta per la Sicilia!

Fausta Ferruzza per l’OSSERVATORIO PERMANENTE DISASTRI AMBIENTALI PALERMO

La Rete Sicilia Pulita è al momento composta da:
Legambiente Sicilia, WWF, Italia Nostra, Forum Acqua e Beni Comuni, Rete Comitati Territoriali Siciliani, Zero Waste Sicilia, Comitato No Inceneritori Gela, Osservatorio Permanente sui disastri ambientali, Cgil Sicilia, Sunia, Arci Sicilia, Federconsumatori Sicilia, Auser, Centro Consumatori Italia, Attac Pa, Lav, UDI Palermo, Associazione 99%, Ecologia Politica PA, Governo Di Lei, AttivaMisterbianco, Femministorie, L’Eco delle Siciliane, ADAS, Economia Circolare odv, Comitati cittadini ennesi, Fattorie Sociali, No Discarica Misterbianco e Motta, UDI Catania, Mani Tese Sicilia, Un’altra Storia, Cleanup Sicily, Europa verde-Verdi, PD, M5S, SI, PRC e i Sindaci e Sindache di Blufi, Castelbuono, Caltagirone, Favara, Militello Val di Catania, Petralia Soprana, Termini Imerese.