Una volta si diceva: “Unire l’utile al dilettevole”, ma siamo in tempi in cui dobbiamo unire l’Utile all’Utile. Così sabato a Milano si sono incontrate due lotte parallele, contro il massacro in Palestina e contro il DDL 1660, che colpisce duramente tutte le forme di lotta e protesta, anche nonviolente, anche le minime “resistenze passive”, anche gli accenni di rivolta in carcere.

Era già successo che in uno dei sabati di protesta i palestinesi si unissero ad altre lotte più “locali”. Si perché da 60 settimane, con ammirevole costanza, ogni sabato loro sono in piazza. Cambia solo leggermente l’orario, a seconda della stagione. Così, tempo fa, era avvenuta la stessa cosa contro i CPR. Anche ieri, come allora, la sensazione è stata quella che fosse ancora la tanta rabbia e convinzione di coloro che manifestano ininterrottamente a difesa del popolo palestinese, a rinforzare i “fratelli e le sorelle” italiane in piazza.

Il primo spezzone del corteo di sabato ha visto loro in prima fila, con le tante bandiere palestinesi che sventolavano, come sempre, a riempire di voci e slogan le strade. C’erano 4 camion a mandare musica e parole, e anche gli Ottoni facevano la loro parte, soffiando con tutta la loro forza per competere con le amplificazioni. In fondo un nutritissimo gruppo di giovani ballavano dietro un camion, tenendosi stretti, forse per stare al caldo. E poi la pioggerellina, fitta e continua. il freddo che entrava nelle ossa di tutti e tutte.

Se tante volte abbiamo parlato dei cortei milanesi settimanali che sostengono la resistenza dei palestinesi, la loro veemenza, la loro forza di non smettere di gridare, il loro unire uomini, donne, bambini, i loro megafoni in mano, il loro rovesciare per la strada la rabbia e il dolore accumulati, oggi diremo qualcosa in più sulla lotta al cosiddetto decreto sicurezza.

In piazza c’erano tutti e tutte coloro che sembrano destinati ad andare nella bocca del lupo. Giovani e meno giovani che, se continueranno a fare quello che hanno fatto negli ultimi anni, rischiano di andare a gonfiare ulteriormente le già sovraffollate carceri italiane. Dalle interviste fatte per radio onda d’urto, si coglie la certezza che questo decreto passerà (troppo deboli le manifestazioni tese a bloccarlo, non siamo in Francia), e quindi ci si prepara. Come ci si comporterà dal giorno dopo che sarà in vigore? Più d’uno, nel rispondere, prima sospira, come a dire: vedremo…

E’ un po’ come quando (con le debite proporzioni) ci si domanda: io parlerei sotto tortura? Avrò, io, il coraggio di fare quello che ho sempre fatto? Ce la faremo ad organizzarci per far sì che questo decreto possa essere un boomerang per il governo? Ci attrezzeremo meglio? Guadagneremo in compattezza e solidarietà, tanto da non lasciare davvero nessuno solo o sola? Ma si è sentita anche la voce potente di una donna, col suo cartello antispecista, che ci diceva: “Questo decreto ci darà forza, lotteremo più di prima!”.

Vedremo. Una cosa è certa: non mancheranno le motivazioni per cui scendere in strada, in piazza, per bloccare, per occupare, per resistere, ma anche per cominciare a rilanciare.

Sabato il corteo ha attraversato per due ore il centro di Milano, girando intorno alla zona “rossa”, quella della Scala. Si è visto un accenno di spinte forti alle transenne che, a duecento metri dalla Scala, la difendevano, ma la polizia era davvero ovunque e ad ogni angolo, lungo il corteo, faceva ben capire da che parte bisognasse andare, e dove invece non si potesse. Come una pista di biglie sulla spiaggia, con le curve ben chiare, dalle quali non si esce.

Prepariamoci a girare pagina. Che la fantasia, la creatività e l’unità ci accompagnino ancor di più, da qui in avanti.