Il Decreto legge 145/2024, convertito nella legge 187/2024, ha confermato l’inserimento dell’Egitto nella lista dei “paesi di origine sicuri”. Lo scorso novembre l’Unione europea, con una decisione del Consiglio, ha annunciato il finanziamento dell’esercito egiziano (FAE) con 20 milioni di euro, nell’ambito del Partenariato strategico e globale UE-Egitto, reso noto a marzo di quest’anno, dopo una visita al Cairo di Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, che aveva al centro degli incontri il Piano Mattei per l’Africa, con varie forme di assistenza finanziaria, e una possibile intesa per la “gestione dei flussi migratori”.
Sul modello del Protocollo concluso con la Tunisia, l’Unione europea dovrebbe investire oltre sette miliardi di euro in tre anni per “un partenariato strategico e globale”, finalizzato a rafforzare, tra gli altri obiettivi, il contrasto dell’immigrazione irregolare. Secondo quanto dichiarato da Giorgia Meloni, “Questa iniziativa” tra Unione europea ed Egitto “è il modo migliore per far fronte al flusso migratorio, e apprezziamo gli sforzi dell’Egitto in questo senso. Aspiriamo a lavorare insieme più di prima per aiutare gli Stati di origine e quelli di transito con “investimenti e assistenza, per prevenire l’immigrazione illegale, per aiutare questi Stati a fronteggiare i trafficanti di migranti”.
In realtà il governo italiano vuole abbattere le residue possibilità di riconoscimento del diritto di asilo ai cittadini egiziani. Secondo Euronews, “negli ultimi anni, l’UE ha registrato un forte aumento delle richieste di asilo da parte di cittadini egiziani: da 6.616 nel 2021 a 26.512 nel 2023, secondo l’Agenzia per l’asilo. La maggior parte di queste richieste è stata registrata in Italia (69%) e proprio in Italia nel 2024 gli egiziani sono la quarta nazionalità per numero di approdi, dopo bangladesi, siriani e tunisini”. La maggior parte di queste richieste viene tuttavia respinta, soprattutto dopo la introduzione delle cd. procedure accelerate in frontiera. Non assume rilievo neppure la qualità di renitente alla leva, una condizione che in Egitto espone a gravi sanzioni che si traducono spesso in arresti arbitrari ed in brutali torture. Ma intanto si aumentano i finanziamenti all’esercito egiziano. Le industrie che producono armi ringraziano.
Negli ultimi mesi la repressione dei dissidenti in Egitto, dopo le intese con l’Unione europea è ulteriormente aumentata con arresti arbitrari e sparizioni forzate. Eppure in Italia, a differenza di altri paesi europei, l’Egitto continua ad essere inserito nella lista dei paesi di origine sicuri, e sono programmate espulsioni con accompagnamento forzato di cittadini egiziani ai quali è stata respinta una richiesta di protezione internazionale. Alcuni di questi casi saranno presto all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Come denuncia l’organizzazione umanitaria “EgyptWide, “sotto il profilo dei diritti umani, la nuova misura di assistenza varata dal Consiglio e promossa per tramite dell’EPF ci preoccupa ancora di più perché è destinata direttamente alle FAE , un apparato che opera notoriamente al di fuori di ogni criterio di legalità e proporzionalità sotto il vessillo della ‘guerra al terrore’, come esemplificano le gravi violazioni dei diritti umani in Sinai, una regione dove lo stato di diritto e i diritti più basilari sono stati virtualmente sospesi con l’inizio della campagna di sicurezza presidenziale lanciata nel 2014″.
Ci si chiede: “In che modo il Consiglio dell’Unione europea ha valutato che le stesse Forze Armate, che hanno commesso per anni crimini quali la distruzione di infrastrutture civili e il trasferimento forzato di interi villaggi nel Nord del Sinai, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali di oppositori e sospettati, saranno in grado di utilizzare le risorse messe loro a disposizione per ‘migliorare la sicurezza delle/i civili nelle operazioni di sicurezza’?”
Al termine della missione in Egitto dello scorso marzo, la Meloni, rispondendo ai giornalisti che la sollecitavano a prendere posizione sul processo Regeni affermava che “l’Italia pone tendenzialmente sempre questa questione, dopodiché, come sapete, c’è un processo in Italia in cui noi siamo andati avanti a fare quello che dobbiamo fare, e il lavoro che stiamo facendo non cambia la nostra posizione sulla materia”.
Malgrado tutti i tentativi di insabbiamento, intanto, il processo Regeni, da seguire su Radio Radicale, prosegue con l’audizione di testimoni che confermano le responsabilità degli imputati per le torture inflitte, fino all’uccisione di Giulio, ed all’abbandono del cadavere su una strada. Gravi intimidazioni hanno già raggiunto in passato avvocati ed altri testimoni costretti a deporre dietro un paravento se presenti in Italia, dove evidentemente opera una rete di servizi direttamente riconducibile al regime di Al Sisi. Ancora a giugno di quest’anno, l’Egitto di Al Sisi ha vietato ai testimoni di venire in Italia per deporre al processo.
Come ha dichiarato l’avvocata Alessandra Ballerini, “Nonostante tutto l’impegno profuso dalla Procura e nonostante le richieste formali che sono state poste in essere dalla Farnesina è innegabile l’ostruzionismo egiziano che pare a questo punto insormontabile ma che, anche per le argomentazioni che abbiamo sentito dal pubblico ministero, è del tutto illegittimo. Quindi il problema è l’ostruzionismo egiziano. Chiaro che chiunque dice che c’è collaborazione sta mentendo. Ed oggi ne abbiamo avuto le prove”.
Un nuovo importante testimone si era presentato il 3 dicembre scorso all’ambasciata italiana al Cairo, chiedendo di essere ascoltato sull’uccisione di Giulio, perché in possesso di importanti documenti probatori. Zakaria, questo il suo nome, veniva respinto dal carabiniere di guardia e, successivamente, prelevato nella notte da casa, da uomini in abiti civili, senza che vi fossero più sue notizie. La madre di Zakaria ha poi dichiarato che era stato lo stesso figlio a suggerirle di rivolgersi ai diplomatici italiani in caso gli fosse accaduto qualcosa. Quali passi sta compiendo la diplomazia italiana nei confronti del governo egiziano? Il regime di segretezza che il governo italiano sta imponendo ai rapporti con i paesi terzi coprirà anche questi misfatti?
La denuncia della madre disperata, che ha chiesto notizie del figlio anche all’ambasciata italiana, è rapidamente scomparsa dai giornali, e sembra che anche su questo caso sia calato il silenzio. Evidentemente la nostra ambasciata al Cairo è sotto il controllo dei servizi egiziani e le autorità italiane, che hanno numerosi dossier economici aperti con l’Egitto, basti pensare alla Piattaforma del giacimento Zohr dove opera l’Eni di fronte alle coste egiziane, contano sull’aiuto di Al Sisi per bloccare le partenze di migranti e riprendersi i richiedenti asilo denegati in Italia. Il governo Meloni, dopo che la presidente del Consiglio ed il ministro degli esteri hanno rifiutato di deporre al processo, sembra non avere alcuna intenzione di fare passi concreti per proteggere i testimoni dell’uccisione di Giulio Regeni, esposti a persecuzione in Egitto.
Sulla sparizione di Zakaria, e sulla sorte dei testimoni del processo Regeni ancora presenti in Egitto, occorre fare chiarezza e consentire loro un trasferimento in Italia in un luogo sicuro. La nostra ambasciata deve prendere una posizione più dura e meno burocratica, per proteggere tutti i testimoni e garantire la liberazione di una persona che potrebbe pagare con la vita il suo tentativo di collaborare con l’autorità giudiziaria italiana che sta processando gli autori dell’omicidio di Giulio.
Ma non basta. Occorre porre fine ad accordi che per ragioni economiche e militari, oltre che di propaganda, legittimano regimi che non rispettano i diritti umani, come l’Egitto. La Meloni, che dalla passerella di Atreju rilancia il modello Albania, rivolto in particolare ai richiedenti asilo egiziani, malgrado il suo evidente fallimento, deve prendere posizione nei confronti di Al Sisi, chiedendo la liberazione di Zakaria, e ribadire con forza la richiesta di individuare gli autori delle torture inflitte a Giulio sino alla sua uccisione. L’Unione europea, a fronte delle crescenti violazioni dei diritti umani in Egitto, deve congelare gli aiuti finanziari decisi in favore dell’esercito egiziano.
La legge sul diritto di asilo recentemente approvata dal Parlamento egiziano non garantisce alcuna tutela effettiva ai richiedenti protezione provenienti in Egitto da paesi terzi.
Occorre porre fine anche per questa ragione alla tragica farsa dell’Egitto “paese di origine sicuro”, cancellando questo paese dalla lista di paesi prevista adesso dal nuovo decreto legge 145/2024, convertito nella legge 187/2024. Si devono sospendere tutte le espulsioni con accompagnamento forzato verso questo paese, ed imporre una rigorosa clausola di condizionalità, con riferimento al rispetto dei diritti umani, in tutti gli accordi già stipulati o che si andranno a stipulare con quel paese. A livello europeo, come si è già fatto con il Memorandum UE-Tunisia, occorre sottoporre ad un rigoroso monitoraggio la destinazione dei fondi trasferiti da Bruxelles alle forze armate egiziane, e riconsiderare tutte le intese fin qui stipulate con Al Sisi. Su questo si vedrà chi sta da una parte o dall’altra della barricata sui diritti umani. Perché di Stato di diritto in Egitto non si può proprio parlare.
Siamo consapevoli che lo smottamento a destra dei governi europei, della Commissione e del Consiglio dell’Unione europea, costituiranno una ulteriore spinta per una crescente esternalizzazione dei controlli di frontiera, sulla base del Patto europeo sulla migrazione e l’asilo del 2024. Che comporteranno nuovi accordi con Al Sisi, ormai in grado di ricattare l’Unione europea, sulla base della sua posizione strategica, tenendo anche conto del conflitto in Sudan, del genocidio in corso in Palestina, della crisi umanitaria in Libano, e della più recente “rivoluzione” siriana.
La collaborazione con regimi pseudo-democratici che non rispettano i diritti umani, fino al punto di non difendere neppure i testimoni di un omicidio e di efferate torture commesse a danno di un cittadino italiano, saranno motivo di una crescente mobilitazione in Italia, malgrado tutti i tentativi di normalizzazione e di insabbiamento. Il processo contro gli ufficiali egiziani che hanno torturato ed ucciso Giulio continuerà ad essere uno straordinario fattore di aggregazione.
Se qualcuno pensa che il “successo” delle politiche di “gestione dei flussi migratori” possa poggiare ancora a lungo sugli accordi con paesi che non rispettano i diritti umani, sarà presto smentito dai fatti. Ed anche i calcoli di geopolitica, in vista della collaborazione con Al Sisi, potrebbero esporre l’Italia all’ennesimo fallimento in politica estera, mentre gli effetti dei conflitti nel vicino oriente non potranno che riverberarsi sul Mediterraneo. Non si potrà arrestare la mobilità umana di chi fugge un regime, come non si potrà bloccare per sempre l’accertamento dei fatti e delle responsabilità in sede processuale, in Italia. Non saranno le menzogne, la propaganda, le intimidazioni o la collaborazione tra servizi segreti, ad impedire che alla fine prevalgano verità e giustizia nel processo Regeni, e nei rapporti tra Italia ed Egitto.
L’Unione europea finanzia l’Egitto che fa scomparire un testimone del processo Regeni – ADIF