(Riceviamo e pubblichiamo dalla agenzia stampa Interris)

Lo sport è uno strumento importante di coesione sociale per le persone con disabilità, in grado di abbattere ogni barriera.

Questo valore assume una ulteriore valenza quando, attività sportiva e teatro, si uniscono sinergicamente per dare vita ad un messaggio di fraternità ancora più potente, come nel caso dello spettacolo teatrale intitolato “I piedi nelle scarpe”, il quale narra la biografia del dott. Ludwig Guttmann, neurologo e promotore dell’attività sportiva rivolta alle persone con disabilità e organizzatore del movimento sportivo paralimpico.

Interris.it ha intervistato Sara Moroni, regista de “I piedi nelle scarpe”, narrato da Gianfranco Busi.

Moroni, che messaggio ha voluto lanciare ideando uno spettacolo teatrale su Ludwig Guttmann?

“Un giorno ero in biblioteca alla ricerca di qualcosa che potesse invogliarmi alla lettura e alla possibile creazione di una partitura teatrale. Ero incentrata sullo sport, poiché ritengo sia un’attività capace di includere e di creare unione tra le anime.
Mi imbatto nella vita di un eccellente medico, ma soprattutto un uomo.
Egli ha trasformato il dolore fisico e la sofferenza psichica in una rivoluzione disarmata portando gioia e voglia di vivere a chi aveva perso la speranza.
Lo ha fatto tramite lo sport, la disciplina che consente di raggiungere e, a volte, superare i propri limiti e capacità, credendoci fino in fondo, imparando i valori dell’amicizia e consentendo di diventare più forti nel corpo e nell’anima.
L’impegno, la determinazione e il prendersi cura dei sofferenti sono i sostantivi che coronano questo neurologo scampato alla Shoah e alla guerra, che ha donato tutto sé stesso a chi cercava una luce per ritornare a vivere.
Un messaggio potente, vero, concreto, per cui, noi tutti, siamo chiamati a confrontarci e ad unirci.”

Sport e inclusione sono temi che, spesso, sono concatenati. In che modo, attraverso il teatro, si può dare un messaggio per un futuro più attento alle fragilità ?

“Lo sport include e crea emozioni, siano esse di vittoria o di sconfitta, fondamentali per la crescita emotiva di ciascuno di noi.
Il teatro è uno specchio: sul palcoscenico si mette in scena il nostro essere, i nostri comportamenti e attitudini, le nostre verità e finzioni. Lo spettatore osserva, si ritrova nei gesti e nelle parole dell’attore creando in sé stesso una presa di coscienza che aiuta a far riflettere e a far emergere i nostri punti forti, ma anche i nostri talloni d’Achille.
È proprio nelle nostre debolezze che si racchiude la chiave per scuotere le nostre anime a vedere tutto noi stessi negli occhi di chi ci sta di fronte. Solo così potremo portare speranza e gioia di vita in ogni persona, vedendo nelle fragilità dei punti di forza che concretizzano il nostro disegno di vita e di speranza per dare luce al mondo.”

In che modo, il teatro, può diventare uno strumento per favorire la partecipazione delle persone con disabilità alla vita sociale?

“Il teatro è vita e gioia. Dona vigore, sicurezza in sé stessi, semplicemente.
Il percorso creativo- teatrale aiuta la persona a vincere le proprie timidezze, le proprie paure, le proprie debolezze, a rapportarsi con gli altri in modo gentile e grato.

Nelle persone con disabilità può essere un meraviglioso aiuto che conduce ad una magnifica scoperta: rendersi conto che ciò che vediamo come ostacolo non sia davvero un ostacolo, piuttosto un trampolino di lancio per le nostre emozioni e per i nostri talenti nascosti che ‘urlano’ di essere scoperti e vissuti fino all’ultimo respiro.”