Mentre i percorsi di ascesa economica e sociale del ceto medio diventano sempre più tortuosi, avanza nel nostro Paese una crescente avversione ai valori irrinunciabili della democrazia e della partecipazione e una contrarietà verso l’Europa e l’atlantismo. E’ quanto si legge nel 58° Rapporto CENSIS sulla situazione sociale del Paese/2024. A certificarlo sono alcuni inconfutabili dati: il tasso di astensione alle ultime elezioni europee ha segnato un record nella storia repubblicana, il 51,7% (alle prime elezioni dirette del Parlamento europeo, nel 1979, l’astensionismo si fermò al 14,3%); per il 71,4% degli italiani l’Unione europea è destinata a sfasciarsi, senza riforme radicali; il 68,5% ritiene che le democrazie liberali non funzionino più;  il 66,3% attribuisce all’Occidente (Usa in testa) la colpa dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Non a caso, solo il 31,6% si dice d’accordo con il richiamo della Nato sull’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil.

Si registra una sfiducia crescente nei sistemi democratici, dal momento che l’84,4% degli italiani è convinto che ormai i politici pensino solo a sé stessi e il 68,5% ritiene che le democrazie liberali occidentali non funzionino più. E non ci si riconosce più nelle grandi matrici valoriali unificanti del passato, poiché il 70,8% degli italiani esprime oggi un più o meno viscerale antioccidentalismo ed è pronto a imputare le colpe dei mali del mondo ai Paesi dell’Occidente, accusati di essere stati arroganti per via del presunto universalismo dei propri valori, per cui si è voluto imporre il nostro modello economico e politico agli altri. “Ogni universalismo – ritenuto figlio illegittimo dell’etnocentrismo occidentale – è diventato sospetto, annota il CENSIS, e adesso i movimenti del rimprovero non rimangono confinati entro elitarie conventicole di intellettuali: in molte case italiane sventola il vessillo dell’antioccidentalismo.”

In una società che ristagna, e che si è risvegliata dall’illusione che il destino dell’Occidente fosse di farsi mondo, scrive il CENSIS, le questioni identitarie sostituiscono le istanze delle classi sociali tradizionali e assumono una centralità inedita nella dialettica socio-politica. Ora si ingaggia una competizione a oltranza per accrescere il valore sociale delle identità individuali etnico-culturali, religiose, di genere o relative all’orientamento sessuale, secondo una ricombinazione interclassista.” La rivalità delle identità e la lotta per il riconoscimento implicano l’adozione della logica “amico-nemico”: il 38,3% degli italiani si sente minacciato dall’ingresso nel Paese dei migranti, il 29,3% prova ostilità per chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale, il 21,8% vede il nemico in chi professa una religione diversa, il 21,5% in chi appartiene a un’etnia diversa, il 14,5% in chi ha un diverso colore della pelle, l’11,9% in chi ha un orientamento sessuale diverso. Se il ceto medio si sfibra, il Paese non è più immune al rischio delle trappole identitarie. 

L’Italia sta insomma progressivamente subendo una mutazione morfologica. E mentre il dibattito politico si arrovella sui criteri normativi da adottare per regolare l’acquisizione della cittadinanza, il 57,4% degli italiani ritiene che l’”italianità” sia cristallizzata e immutabile, definita dalla discendenza diretta da progenitori italiani, per il 36,4% è connotata dalla fede cattolica, per il 13,7% è associata a determinati tratti somatici. Un Paese che si riscopre sempre più ignorante.  Per quanto riguarda il sistema scolastico, non raggiungono i traguardi di apprendimento in italiano: il 24,5% degli alunni al termine delle primarie, il 39,9% al termine delle medie, il 43,5% al termine delle superiori (negli istituti professionali il dato sale vertiginosamente all’80,0%). In matematica: il 31,8% alle primarie, il 44,0% alle medie e il 47,5% alle superiori (il picco si registra ancora negli istituti professionali, con l’81,0%). Il 49,7% degli italiani non sa indicare correttamente l’anno della Rivoluzione francese, il 30,3% non sa chi è Giuseppe Mazzini (per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica), per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo, per il 6,1% il sommo poeta Dante Alighieri non è l’autore delle cantiche della Divina Commedia.

Mentre si discute di egemonia culturale, sottolinea il CENSIS, per molti italiani si pone invece il problema di una cittadinanza culturale ancora di là da venire (del resto, per il 5,8% il “culturista” è una “persona di cultura”). Nel limbo dell’ignoranza possono attecchire stereotipi e pregiudizi: il 20,9% degli italiani asserisce che gli ebrei dominano il mondo tramite la finanza, il 15,3% crede che l’omosessualità sia una malattia, il 13,1% ritiene che l’intelligenza delle persone dipenda dalla loro etnia, per il 9,2% la propensione a delinquere avrebbe un’origine genetica (si nasce criminali, insomma), per l’8,3% Islam e jihadismo sono la stessa cosa.”

Qui per approfondire e scaricare i contenuti del Rapporto CENSIS: https://www.censis.it/rapporto-annuale/58%C2%B0-rapporto-sulla-situazione-sociale-del-paese2024.