In queste ultime ore di grande tensione, i cittadini georgiani stanno affrontando le conseguenze delle tanto contestate elezioni parlamentari dello scorso 26 ottobre 2024, le prime elezioni con sistema proporzionale puro (con sbarramento al 5%) per 150 membri del Parlamento, ampiamente criticate per la presunta mancanza di trasparenza. Le molteplici e gravi accuse di diffusi brogli elettorali commessi dal partito al governo Sogno georgiano ha scatenato massicce proteste a livello nazionale e internazionale. Nel frattempo, le accuse di manipolazione e di interferenze esterne continuano a dominare il discorso politico, nonostante la presenza di una missione di osservazione elettorale in loco alla fine di ottobre.

Sebbene gli ultimi exit poll preelettorali stimassero il partito al governo, Sogno georgiano, guidato dal miliardario filo-russo Bidzina Ivanishvili, al 40% circa dei voti, la Commissione elettorale centrale ha dichiarato la vittoria dello stesso partito attribuendogli il 53,94%. Questo risultato è stato contestato con veemenza dai partiti di opposizione e dagli osservatori elettorali, che denunciano diffusi brogli elettorali e irregolarità procedurali.

La presidente Salome Zourabichvili, potenzialmente l’ultima georgiana eletta direttamente attraverso il voto popolare prima della scadenza del suo mandato prevista a giorni, nel corso del mese di dicembre, ha contestato immediatamente la legittimità delle elezioni definendole una –‘operazione speciale russa’ e successivamente ha presentato un ricorso presso la Corte costituzionale sostenendo che due principi costituzionali fondamentali, ovvero la segretezza del voto e la sua universalità, sono stati palesemente violati e chiedendo una indagine approfondita sulle frodi elettorali. Zourabichvili ha anche affermato che la Georgia sta subendo pressioni da Mosca affinché abbandoni qualsiasi possibile aspirazione di adesione all’Unione europea e interrompa bruscamente il percorso finora intrapreso. Le sue preoccupazioni sono state presto confermate da una delle prime azioni del governo guidato da Sogno georgiano ovvero la sospensione dei colloqui di adesione all’UE fino al 2028.

Oltre a ritenerlo niente altro che una ‘operazione speciale russa’, la presidente Salome Zourabichvili ha descritto il processo elettorale come ‘rubato’ e segnato da ‘massicce frodi elettorali’ attraverso dichiarazioni che hanno avuto una rapida risonanza a livello globale, amplificando le tensioni legate alla traiettoria democratica della Georgia.

Allo stesso tempo, gli osservatori elettorali hanno segnalato importanti irregolarità procedurali, compresa la vulnerabilità nei sistemi di voto elettronico, che sarebbero risultati di facile manomissione, e l’uso di schede elettorali stampate su carta sottile, che rendevano visibili le scelte elettorali. I partiti di opposizione e gli osservatori sostengono che questi difetti hanno consentito al partito al potere Sogno georgiano di rivendicare la vittoria in maniera controversa, estremizzando ulteriormente la polarizzazione politica e la disillusione pubblica.

 

Lo scoppio delle proteste e il congelamento del processo di adesione all’UE

Le conseguenze delle contestate elezioni si stanno manifestando anche attraverso i drammatici sviluppi sia nelle strade che all’interno degli edifici istituzionali, non limitandosi alle mere dichiarazioni pubbliche. Il 25 novembre, durante la sessione inaugurale del neoeletto Parlamento, i deputati dell’opposizione e il presidente Salome Zourabichvili hanno boicottato i lavori, ritenendo illegittimi i risultati elettorali. Di conseguenza, si sono presentati in aula soltanto i rappresentanti eletti con il partito Sogno georgiano, dunque 88 membri al posto dei 150 posti dell’Assemblea. All’esterno, migliaia di manifestanti si sono radunati per esprimere la loro indignazione, accusando il partito al governo di frode elettorale e accampandosi fuori dal Parlamento pronti a sfidare l’uso ripetuto degli idranti da parte della polizia per diverse notti consecutive.

Le tensioni si sono intensificate dopo che il primo ministro Irakli Kobakhidze ha comunicato la decisione di sospendere le discussioni legate al processo di adesione all’UE fino al 2028. Migliaia di manifestanti si sono riversati verso il viale Rustaveli, nel centro di Tbilisi, convogliando davanti al Parlamento georgiano per protestare contro la decisione unilaterale del governo e denunciare la continua erosione dei diritti della popolazione. La polizia antisommossa ha utilizzato idranti, gas lacrimogeni e manganelli per disperdere la folla, provocando violenti scontri. I manifestanti hanno reagito con fuochi d’artificio e pietre, costruendo barricate improvvisate nelle strade, mentre numerosi filmati documentano scene allarmanti di aggressioni da parte della polizia, soprattutto quelle che coinvolgono manifestanti ripetutamente presi a calci mentre giacevano a terra e numerosi arresti effettuati durante le cariche.

 

Il ruolo della diaspora georgiana nelle proteste mondiali

Le proteste contro le contestate elezioni parlamentari del 26 ottobre si sono diffuse rapidamente e in maniera consistente ben oltre i confini della Georgia, in particolare attraverso la mobilitazione della diaspora georgiana, che conta circa quattro milioni di persone in tutto il mondo e che ha avuto un ruolo fondamentale nell’avvio delle manifestazioni di protesta che si stanno tenendo in centinaia di città simboliche. La scorsa settimana, grazie ai loro sforzi organizzativi e di coordinamento, insieme ad attivisti di altri Paesi, sono state organizzate diverse manifestazioni in numerose città del continente europeo e di quello americano, inclusi sit in, spettacoli itineranti e manifestazioni mobili attualmente in corso di svolgimento a Washington, Bruxelles, Madrid, Berlino, Londra, Roma e Strasburgo. La diaspora georgiana è diventata, in questo modo, una colonna portante delle proteste in corso contro le elezioni parlamentari del 26 ottobre. Il numero dei cittadini georgiani che vivono all’estero in alcune aree del mondo arriva addirittura a superare quello dei residenti nel paese d’origine, stimati in 3,69 milioni di persone, e sta emergendo come una forza potente, impegnata e sempre più strutturata per la difesa della democrazia sulla scena internazionale. Movimenti e organizzazioni di riferimento, come GZA (Georgisches Zentrum im Ausland) con sede a Berlino e il movimento “ქარები” (Winds), stanno promuovendo attivamente le mobilitazioni e denunciando costantemente le implicazioni più ampie della retrocessione democratica in corso in Georgia. Le loro richieste includono nuove elezioni purché in condizioni eque e trasparenti, responsabilità per cattiva condotta elettorale e un maggiore controllo internazionale.

A Bruxelles, gli attivisti che vivono in Belgio e quelli che arrivano da altri paesi dell’UE hanno promosso metodi di protesta dinamici per raggiungere i rappresentanti politici e i cittadini europei. La maggior parte delle numerose manifestazioni si sono svolte a Place Luxembourg, dove gli attivisti hanno montato delle tende per il presidio permanente davanti al Parlamento europeo, e sono culminate in scioperi della fame e proteste mobili utilizzando veicoli drappeggiati con bandiere georgiane ed europee per diffondere i loro messaggi e sensibilizzare il pubblico coinvolgendo attivamente giornalisti, cittadini e politici. Quando li abbiamo incontrati per la prima volta lo scorso 26 novembre, gli attivisti hanno premuto per la necessità di un’azione immediata e non negoziale da parte delle istituzioni europee, a cominciare dal ruolo decisivo del Parlamento europea durante la sessione plenaria in corso in quel momento a Strasburgo. In particolare, i loro sforzi e le loro speranze si sono concentrati sulla “proposta di risoluzione del Parlamento europeo sull’aggravamento della crisi democratica in Georgia in seguito alle recenti elezioni parlamentari e alla presunta frode elettorale”, che è stata effettivamente adottata con 444 voti favorevoli, 72 contrari e 82 astensioni il 28 novembre. Attraverso tale risoluzione, i membri del Parlamento europeo hanno condannato fermamente le numerose e gravi violazioni elettorali che si sarebbero verificate durante le elezioni parlamentari”, hanno chiesto rielezioni entro un anno sotto un’amministrazione indipendente e supervisione internazionale, e ha invitato l’UE e i suoi Stati membri a imporre sanzioni personali ai funzionari e ai leader politici in Georgia responsabili di violazioni elettorali, abusi amministrativi e uso indebito delle istituzioni statali, tra cui il primo ministro Irakli Kobakhidze, il sindaco di Tbilisi Kakha Kaladze, il presidente del parlamento Shalva Papuashvili e l’oligarca Bidzina Ivanishvili. I membri del Parlamento europeo, oltre a denunciare le numerose violazioni, tra cui l’intimidazione degli elettori, la manipolazione del voto, l’interferenza con gli osservatori e la manomissione delle macchine per il voto elettronico, hanno condannato anche l’interferenza della Russia nei processi democratici della Georgia attraverso campagne di disinformazione, come la teoria del complotto del “Partito della Guerra Globale”, secondo la quale i partiti di opposizione mirano a istigare la guerra con la Russia su ordine dell’Occidente. In particolare, i deputati hanno avvertito le autorità georgiane che vietare i partiti politici legalmente costituiti allontanerebbe ulteriormente la Georgia dal processo di adesione all’UE.

Dopo l’adozione della risoluzione, in Belgio i manifestanti hanno spostato le loro proteste presso l’ambasciata georgiana a Woluwe-Saint-Pierre e, venerdì pomeriggio, presso la sede della Commissione europea a Schuman dove diversi attivisti hanno espresso le loro preoccupazioni e dichiarazioni, come la seguente: “In Georgia, in particolare a Tbilisi, stiamo assistendo a decisioni da parte del partito filo-russo Sogno georgiano che rifiuta il percorso di integrazione del nostro paese nell’UE. Oggi siamo qui a Bruxelles, davanti alla Commissione europea, per opporci a tutto ciò. In precedenza, abbiamo organizzato proteste davanti all’ambasciata georgiana poiché molti dei nostri ambasciatori all’estero si sono dimessi per protesta, e anche alcuni ministri georgiani si stanno opponendo a questa mossa di Sogno georgiano. Chiediamo misure decisive, compresa l’attuazione delle sanzioni individuali, il congelamento degli incontri ad alto livello e la sospensione delle interazioni con i rappresentanti del partito filo-russo. Siamo determinati ad andare avanti con le nostre richieste”.

Come menzionato nella dichiarazione, a seguito delle azioni del governo, gli ambasciatori georgiani David Solomonia, dai Paesi Bassi, Otar Berdzenishvili, dalla Bulgaria, Tamar Nutsubidze dal Belgio, Salome Shapakidze dalla Lituania e Irakli Vekua dall’Italia si sono dimessi nelle ultime ore, citando il loro impegno a favore dell’integrazione europea e condannando apertamente le violenze in corso a Tbilisi.

Inoltre, il governo degli Stati Uniti e l’OSCE hanno espresso profonda preoccupazione per l’uso spropositato e indiscriminato della forza contro manifestanti e giornalisti, il primo attraverso la dichiarazione del portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller che ha condannato l’operato delle autorità georgiane, invitando alla moderazione ed esortando tutte le parti a garantire manifestazioni pacifiche, il secondo sottolineando l’importanza del diritto di riunione pacifica nelle società democratiche e ricordando alle autorità georgiane il loro obbligo di aderire agli standard internazionali per la tutela di tale libertà fondamentale. La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di riunione e associazione pacifica, Gina Romero, si è infine espressa in merito alle segnalazioni di uso mirato di spray al peperoncino e l’impiego combinato di idranti e sostanze chimiche irritanti contro i manifestanti descrivendo la situazione come “particolarmente preoccupante” e chiedendo pubblicamente il rispetto degli standard internazionali che proteggono il diritto di protesta pacifica.

 

Una lotta costante per l’autodeterminazione tra ingerenza russa e aspirazioni europee

La posta in gioco è molto alta non solo per la Georgia ma per l’intera regione. Mentre le proteste persistono, il messaggio che risuona da Tbilisi e Bruxelles è chiaro: la lotta della Georgia per la democrazia è intrecciata a doppio filo con l’impegno dell’Unione europea a sostenere di fatto i principi fondamentali promossi nei trattati. I manifestanti sottolineano che “questi principi devono essere difesi sul campo e attraverso l’azione concreta, assicurandosi che non vengano indeboliti ulteriormente da un governo intento a erodere le aspirazioni democratiche espresse dai cittadini nelle strade di Tbilisi e oltre”. I manifestanti sottolineano anche le implicazioni più ampie della crisi politica della Georgia, inquadrando la loro lotta come parte integrante della stabilità e dell’architettura di sicurezza europea e l’efficacia della risposta alla guerra in corso in Ucraina. Questa prospettiva ha attirato la solidarietà di molti ucraini, in particolare di coloro che hanno partecipato alle proteste in tutta la Germania, che vedono la difesa delle aspirazioni democratiche della Georgia come parte della salvaguardia dei valori europei e della stabilità geopolitica dell’area sotto diretta influenza di Mosca.

Al tempo stesso, l’attivismo della diaspora georgiana, unito alla risposta delle organizzazioni europee e internazionali, evidenzia una crescente presenza globale legata alla traiettoria politica della Georgia. In questo contesto, la mobilitazione di base, in particolare all’interno della diaspora, è emersa come una forza potente nel raccogliere il sostegno internazionale per le aspirazioni democratiche del Paese.

Inoltre, i manifestanti hanno espresso serie preoccupazioni per la presunta intimidazione degli elettori da parte delle reti criminali locali durante il processo elettorale, soprattutto nelle zone rurali. Queste accuse, insieme a quelle sui pregiudizi sistemici nelle istituzioni statali a favore del partito al governo Sogno georgiano, hanno accresciuto le richieste di responsabilità e accresciuto la sfiducia nei sistemi politici e istituzionali del Paese.

In ogni caso, senza una soluzione chiara in vista, il futuro politico della Georgia è in bilico. Mentre le proteste continuano a intensificarsi a Tbilisi e altrove, il Paese si trova ad affrontare una prova critica della propria resilienza democratica e del ruolo complessivo come snodo importante lungo la storica Via della Seta, vista per secoli come una porta tra Asia ed Europa.