Nell’ambito dell’ultimo incontro del dialogo mediato dall’Unione Europea tra Belgrado e Prishtina, lo scorso 18 dicembre, i capi negoziatori del processo, Besnik Bislimi e Petar Petković, con la mediazione dell’inviato speciale dell’UE, Miroslav Lajčák, hanno concordato, nella situazione di grave impasse che sta attraversando il dialogo bilaterale ormai da anni a questa parte, di implementare la Dichiarazione sulle persone scomparse (2023). Dopo l’incontro, lo stesso Lajčák ha scritto sul proprio profilo X di essere “felice di aver concluso con successo i negoziati per rendere operativa la Dichiarazione sulle persone scomparse (2023). Un passo importante verso una conclusione definitiva. Presto ospiteremo il primo incontro della Commissione congiunta”.
È un passaggio tecnico che nasconde tuttavia una significativa evidenza politica: la questione delle persone scomparse nel contesto del conflitto in Kosovo del 1998-1999 è una delle pagine più dolorose della controversia. Secondo il negoziatore kosovaro albanese Besnik Bislimi, “ora possiamo andare avanti e il primo incontro della Commissione congiunta si terrà il mese prossimo”; secondo il capo dell’Ufficio serbo per il Kosovo Petar Petković, “l’ultimo ostacolo all’attuazione della Dichiarazione sulle persone scomparse è stato rimosso”, aggiungendo che “è stata concordata la Commissione congiunta che fornirà supporto al gruppo di lavoro, presieduto, come in precedenza, dal Comitato internazionale della Croce Rossa”.
In base a quanto precisato dall’UE, la Commissione congiunta “sarà responsabile della supervisione dell’attuazione della Dichiarazione sulle persone scomparse (2023). Monitorerà la cooperazione tra le parti sull’identificazione dei luoghi di sepoltura, sull’accesso a informazioni accurate e affidabili, tra cui tutta la documentazione pertinente, l’uso di dati satellitari, il Light and Detection and Ranging (LIDAR), la tecnologia per l’individuazione delle fosse comuni, il rispetto dei diritti dei familiari delle persone scomparse”.
L’accordo ha anche riaffermato che la questione delle persone scomparse è un’eminente questione umanitaria, aggiungendo che “i progressi odierni sono un passo importante verso la normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia e l’attuazione dell’Accordo del 2023 sulla strada per la normalizzazione”.
Il 2 maggio 2023, il capo dell’autogoverno kosovaro, Albin Kurti, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, si sono impegnati a rispettare la Dichiarazione sulle persone scomparse, la quale evidenzia l’impegno congiunto a “garantire la piena attuazione dei rispettivi impegni sulla questione delle persone scomparse; collaborare ai fini dell’identificazione dei luoghi di sepoltura e nel follow-up degli scavi; garantire il pieno accesso a informazioni affidabili e accurate che aiutino a localizzare e identificare le persone scomparse nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 2000, compresi tutti i materiali pertinenti … in possesso delle parti; rendere disponibile la documentazione nazionale e internazionale significativa per determinare il destino delle persone scomparse; utilizzare dati satellitari, LIDAR e altre tecnologie avanzate per rilevare fosse comuni; consentire e incoraggiare il coinvolgimento attivo dei familiari delle persone scomparse; garantire i diritti e soddisfare le esigenze dei familiari stessi; collaborare, attraverso una Commissione congiunta presieduta dall’Unione Europea e monitorata dal Comitato internazionale della Croce Rossa, allo scopo di … determinare la sorte delle restanti persone scomparse; monitorare e sostenere i progressi compiuti dal Gruppo di lavoro sulle persone scomparse”.
Un accordo di massima di natura tuttavia puramente verbale era stato raggiunto a Ohrid il 27 febbraio 2023, in base al quale la Serbia non sarebbe stata vincolata al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, ma si sarebbe impegnata a non contrastare attivamente l’adesione del Kosovo alle organizzazioni internazionali e avrebbe inoltre di fatto riconosciuto i passaporti, i diplomi e le targhe automobilistiche kosovare; in base allo stesso accordo, il Kosovo sarebbe tenuto a garantire un livello adeguato di autogoverno per la comunità dei serbi kosovari, dando finalmente attuazione alla Comunità dei Comuni serbi del Kosovo, già prevista dai noti Accordi di Bruxelles. Come l’intesa, infatti, l’intero processo si muove nel senso di definire «un accordo giuridicamente vincolante sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo».
La base del dialogo è costituita dall’accordo scritto, concordato e firmato da entrambe le parti, raggiunto nel quadro degli Accordi di Bruxelles il 19 aprile 2013, che prevedono una serie di punti quali la costituzione della Comunità dei Comuni serbi del Kosovo, di natura istituzionale, dotata di Presidente, Vicepresidente, Assemblea e Consiglio, con piena autonomia e pieni compiti di autogoverno locale nelle aree dello sviluppo economico e territoriale, della pianificazione urbana e rurale, dell’istruzione e della salute; l’istituzione di un comando regionale della polizia kosovara per i quattro Comuni a maggioranza serba del Nord (K. Mitrovica, Zvečan, Zubin Potok e Leposavić), la nomina di un comandante regionale serbo del Kosovo in questa regione sulla base di una lista fornita dai quattro sindaci per conto della Comunità, e il rispetto della composizione etnica della regione ai fini della composizione della medesima polizia del Nord; la formazione di una divisione permanente della Corte d’appello a K. Mitrovica con una maggioranza di giudici serbi del Kosovo.
Il tutto nel rispetto del quadro di diritto internazionale che si basa sulla Risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ribadisce la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica Federale Jugoslava, oggi Serbia, e prescrive, per il Kosovo, non l’indipendenza, bensì «una sostanziale autonomia e una significativa auto-amministrazione»; oggi il Kosovo è riconosciuto da 103 su 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, non ha un seggio in Assemblea Generale, né è riconosciuto dall’Unione Europea in quanto tale, dal momento che cinque Paesi membri non lo riconoscono (Spagna, Romania, Slovacchia, Grecia e Cipro).
Alla fine della guerra del Kosovo nel giugno 1999, si stimava che circa 4.500 persone fossero scomparse. Oggi, circa 1.700 risultano disperse; oltre 600 serbi e non albanesi risultano scomparsi. Come ricorda lo stesso Comitato internazionale della Croce Rossa, “la ricerca delle persone scomparse è un’impresa complessa e a lungo termine che richiede il supporto, la partecipazione e il coordinamento tra autorità, parti in conflitto, organizzazioni della società civile e attori internazionali. […] Anni, decenni di vita nell’incertezza hanno inflitto immense sofferenze alle famiglie, che ancora cercano delle risposte. Affrontare il problema delle persone scomparse è fondamentale per raggiungere una pace e una riconciliazione durature”.
Riferimenti:
Xhorxhina Bami, Kosovo, Serbia Pledge to Implement Declaration on Wartime Missing Persons, BIRN, 18.12.2024: https://balkaninsight.com/2024/12/18/kosovo-serbia-pledge-to-implement-declaration-on-wartime-missing-persons
Arsenije Vuckovic, Joint Commission for the Missing in Kosovo, Kosovo Online, 26.12.2024: https://www.kosovo-online.com/en/news/analysis/joint-commission-missing-kosovo-does-brussels-offer-new-hope-victims-families-26-12
International Commission on Missing Persons, Kosovo*, https://icmp.int/the-missing/where-are-the-missing/kosovo
What is the ICRC’s contribution in the search for missing people?: https://www.icrc.org/en/article/syria-icrc-helping-families-find-answers-search-missing
Gianmarco Pisa, La bozza di Statuto della Comunità dei Comuni serbi del Kosovo, Pressenza, 17.12.2024: https://www.pressenza.com/it/2024/12/la-bozza-di-statuto-della-comunita-dei-comuni-serbi-del-kosovo