1, Mentre Salvini cerca di capitalizzare l’assoluzione che gli hanno concesso i giudici di Palermo, nel primo grado del processo Open Arms, facendo intendere di volere ritornare al Viminale, Meloni e Piantedosi convocano una riunione in tutta fretta con un paio di ministri, ma senza Salvini, per rilanciare il modello Albania, sostenendo che la più recente sentenza della Corte di Cassazione del 4-19 dicembre scorso, sui paesi di origine sicuri, avrebbe dato ragione al governo, rispetto alle decisioni dei giudici che avevano bloccato i trattenimenti in Albania negando la convalida dei provvedimenti adottati dal questore di Roma.

Secondo la Meloni, “mi pare che la Cassazione abbia dato ragione al governo: è diritto del governo stabilire la lista dei Paesi sicuri e poi i giudici possono entrare nel singolo caso ma non disapplicare in toto il decreto del governo. Ho convocato una riunione sul tema Albania per vedere come procedere”. Alla riunione che è durata poco meno di un ora hanno partecipato  il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro degli Esteri Antonio Tajani (in collegamento perché’ impegnato all’estero), il ministro della Difesa Guido Crosetto, il ministro per i Rapporti con l’Ue Tommaso Foti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e il consigliere diplomatico di Meloni, Fabrizio Saggio.

2. Ci sarebbe dunque un nuovo Piano Albania, che dovrebbe partire addirittura l’11 gennaio, guarda caso non appena sarà trasferita dal Tribunale (Sezione specializzata per l’immigrazione) alla Corte di Appello di Roma in composizione monocratica, la competenza per la convalida dei trattenimenti nei centri albanesi. Secondo il Piano, non appena esautorati i giudici che hanno negato la convalida del trattenimento nel centro di detenzione (CPR) di Gjader, si potrebbe programmare lo schieramento di nave Libra della Marina militare nelle acque internazionali della zona SAR italiana, circa 25 miglia a sud di Lampedusa, in modo da selezionare in alto mare potenziali richiedenti asilo, provenienti da paesi di origine sicuri, di sesso maschile, maggiorenni e risultati “non vulnerabili” dopo le prime attività di “pre-screening”, da trasferire in Albania. Al di là del sotterfugio istituzionale di un governo che di fatto si sceglie i giudici che ritiene più favorevoli ai suoi piani, forse a Roma qualcuno non ha fatto i conti con il generale Inverno e con le condizioni meteo molto perturbate che nel Canale di Sicilia caratterizzano i mesi invernali. Vedremo se le condizioni del mare consentiranno i trasbordi, e in quali condizioni di sicurezza, o se anche in queste occasioni si dovranno contare altre vittime. Ma oltre alla totale inadeguatezza nella previsione dei fatti reali, si deve rilevare un ennesimo tentativo di strumentalizzazione della giurisdizione, in prospettiva un pesante condizionamento sui giudici che dovrebbero convalidare le misure di trattenimento nei centri in Albania.

La recente sentenza della Corte di Cassazione sui paesi di origine sicuri, che rispondeva ad una questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Rona, Sezione specializzata immigrazione, che la Meloni sostiene “dare ragione al governo”, prima ancora che si pronunci la Corte di Giustizia dell’Unione europea, sulla designazione dei paesi di origine sicuri e sulle conseguenze sul piano procedurale e sostanziale, se letta nella sua interezza, e non soltanto isolando i passaggi che sembrano più favorevoli per le tesi governative, conferma i poteri di disapplicazione del giudice nazionale, rispetto ad una normativa interna, di natura regolamentare o di rango primario (legge) che preveda una lista di paesi di origine sicuri non conforme ai criteri dettati dalla Direttiva 2013/32/UE in materia di “procedure”. Si riconoscono ai giudici poteri di cooperazione istruttoria e di esercizio di ufficio della valutazione sulle procedure accelerate in frontiera che peraltro rimarranno intatti anche quando, entro il 2026, saranno in vigore i nuovi Regolamenti previsti dal Patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Regolamenti che dovranno rispettare comunque la portata sostanziale del diritto di asilo previsto dall’arrt.18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con le connesse garanzie procedurali imposte dall’art. 47 della stessa Carta, che stabilisce che i diritti di difesa devono avere margini per una effettiva attuazione.

3. Non ci possono essere “soluzioni innovative” come il Protocollo Italia-Albania che consentano di impedire l’accesso al territorio per presentare una richiesta di protezione, e magari costringano i giudici ad una valutazione meramente formale dei provvedimenti restrittivi della libertà personale dei richiedenti asilo (trattenimenti), e quindi delle loro istanze di protezione, che dovrebbero essere rigettate per manifesta infondatezza, sulla base di un regime differenziato imposto per legge da una maggioranza parlamentare.

Non ci dovrebbe essere soprattutto un uso strumentale della giustizia che arrivi al punto di mistificare la portata effettiva delle decisioni delle corti per propagandare le proprie politiche di esternalizzazione delle frontiere e di abbattimento del diritto di asilo. Perchè questo è il vero obiettivo delle procedure accelerate in frontiera delocalizzate in Albania, dove nella Relazione allegata alla legge di attuazione del Protocollo firmato lo scorso anno dalla Meloni e da Edi Rama si legge che, in previsione, oltre il 90 per cento delle richieste di asilo dovrebbero essere rigettate. Anche se poi non si prevede neppure una frase per spiegare come, a partire dal prossimo anno, sarà possibile realizzare direttamente dall’Albania diverse migiiaia di rimpatri con accompagnamento forzato nei paesi di origine, tre o quattro volre la quantità dei rimpatri che, in totale, si riesce ad eseguire annualmente da tutti i centri di detenzione italiani.

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