In una società segnata dal ritmo accelerato della vita e la costante ricerca dell’eterna gioventù, la morte continua ad essere un argomento tabù per molti. Tuttavia, il concetto del buon morire sta diventando sempre più rilevante nella nostra società, soprattutto in un momento in cui i progressi medici permettono di prolungare la vita, però raramente ci preparano ad affrontarla con dignità quando giunge al termine.

Il buon morire non è solo un processo fisico, ma un approccio olistico che implica l’accettazione consapevole della fine della vita, l’assistenza emotiva e spirituale e la ricerca di una chiusura armoniosa senza inutili sofferenze.

Il buon morire è inteso come un processo in cui la persona affronta la morte con serenità, circondata da dignità, rispetto e supporto adeguato. È un processo che coinvolge tanto la persona che sta morendo quanto i suoi cari e che comporta la necessità di trasformare la nostra percezione della morte, non come un tabù o un fallimento, ma come una fase naturale e inevitabile della vita umana.

In una società in cui la morte viene spesso marginalizzata e le persone temono la sofferenza e la solitudine nei loro ultimi giorni, promuovere l’idea del buon morire ci invita a riconsiderare le nostre priorità, a vivere in modo più consapevole e allo stesso tempo a morire in pace.

Man mano che aumenta l’aspettativa di vita aumenta anche l’importanza di imparare a morire con dignità, con integrità, senza inutili sofferenze e in condizioni che rispettino le volontà della persona. Questo approccio è essenziale non solo per coloro che affrontano malattie terminali, ma per tutti, poiché il buon morire comincia con il buon vivere, che si basa sull’accettazione, l’accompagnamento e la preparazione alla fine della vita.

Il legame tra l’arte del buon vivere e del buon morire è tanto intimo quanto inseparabile, è profondo e strettamente interconnesso.

In molte culture la morte non viene vista come un evento isolato, ma come una transizione naturale che fa parte del ciclo della vita. In tal senso, il modo in cui viviamo influisce profondamente sul modo in cui ci interfacciamo alla morte. Il modo in cui gestiamo le nostre emozioni, le relazioni, le nostre paure e la nostra spiritualità nel corso della vita si riflette in gran parte su come affrontiamo la fine.

Se viviamo in modo consapevole e pacifico, coltivando un rapporto sano con noi stessi, con i nostri cari e con il nostro ambiente è più probabile che ci avviciniamo alla morte con serenità e accettazione. L’arte del buon vivere si basa sull’idea di vivere in equilibrio sapendo che ogni momento è prezioso e impermanente, essendo consapevoli della nostra espansione e trascendenza. Questo tipo di approccio ci prepara alla morte perché, quando viviamo in piena consapevolezza, impariamo a lasciar andare l’attaccamento, ad accettare l’inevitabilità e a trovare pace con ciò che siamo.

Al contrario, per coloro che vivono nella negazione costante della morte, nell’ansia di ciò che non si può controllare o nella fuga perpetua dalla realtà della finitudine, spesso il buon morire risulta molto più difficile.

La mancanza di preparazione emotiva e spirituale può portare a una fine piena di inutili sofferenze, sia fisiche che psicologiche. Se non abbiamo imparato a vivere nel presente, a guarire le nostre ferite emotive o a riconciliarci con la nostra storia, quelle stesse tensioni e paure spesso si intensificano quando ci avviciniamo alla morte.

L’Arte del buon Vivere implica anche la coltivazione di relazioni in cui possiamo esprimere quello che sentiamo e chiudere cicli. La maniera in cui ci relazioniamo con gli altri nel corso della nostra vita (sia nei momenti di armonia che nei conflitti), influirà sulla nostra capacità di affrontare la fine. La riconciliazione, la pace con gli altri e la capacità di esprimere apertamente le nostre emozioni sono essenziali per affrontare il buon morire.

Una persona che ha avuto l’opportunità di risolvere i propri conflitti ed esprimere il proprio amore, le proprie paure o i propri rimpianti ha molte più possibilità di affrontare la morte con dignità senza trascinare carichi emozionali che potrebbero impedire di morire in pace.

In definitiva, il buon morire non è solo il risultato di un processo fisico, ma è il culmine di come abbiamo vissuto. Vivere con uno scopo, vivere in armonia con la nostra essenza.

L’autrice: 

Ysa Marín è socia fondatrice di El Arte del Buen Vivir
Doula della morte, tanatologa, coach strategica e istruttrice di mindfulness.

Traduzione dallo spagnolo di Benedetta Cammerino. Revisione di Thomas Schmid.