Al 1° gennaio 2024 si contano ufficialmente in Italia 5.307.598 stranieri residenti, che rappresentano il 9% della popolazione complessiva. Per oltre il 70% sono cittadini non comunitari. Tra il 2001 e il 2011 gli stranieri si sono accresciuti di quasi 3 milioni, giungendo a superare largamente i 4 milioni di residenti. Se si considera che nello stesso periodo la popolazione in Italia si è accresciuta nel suo complesso di circa 3 milioni di unità, è evidente come tale slancio sia del tutto imputabile proprio al contributo della componente straniera. Non a caso, quando nel decennio 2012-2022 l’apporto degli stranieri è stato meno incisivo (circa 700 mila) la popolazione complessiva residente in Italia ha iniziato a ridursi. La popolazione straniera, quindi, ha avuto un ruolo determinante negli scenari demografici. È anche del tutto chiaro quale potrà essere, nei prossimi decenni, il contributo positivo dei flussi migratori, se adeguatamente governati. E’ una delle evidenze del recente Rapporto “Cittadini stranieri in Italia”, un’indagine statistico-demografica dell’Organismo Nazionale di Coordinamento per le Politiche di Integrazione (ONC) del CNEL, realizzato con la collaborazione della Fondazione ISMU.
Gli stranieri di seconda generazione, ossia i nati in Italia, dopo il picco toccato nel 2012 con oltre 79 mila neonati, sono costantemente diminuiti. Il dato del 2023, pari a circa 51 mila, è molto vicino a quello del 2005, quando però la corrispondente popolazione residente era molto inferiore, così che il quoziente di natalità è passato da 21,8 nati per mille residenti a 9,8. Si contano anche numerosi figli di coppie miste: 29 mila nel 2023. Le collettività che contribuiscono maggiormente alla natalità degli stranieri sono quella rumena (11.450 nati nel 2023), marocchina (9.943) e albanese (9.218), tre cittadinanze che complessivamente coprono il 37,8% delle nascite da coppie con almeno un genitore straniero. Tra il 2011 e il 2023 si sono poi avute complessivamente circa un milione e 700 mila acquisizioni di cittadinanza e solo nel 2023 sono state ben 214 mila, la quasi totalità (92%) relativa a non comunitari. Siamo dunque prossimi al picco del 2016, allorché si erano manifestati gli effetti di naturalizzazione dei numerosi migranti che avevano beneficiato della regolarizzazione della “Bossi-Fini”. Conteggiando sole le acquisizioni relative a soggetti residenti in Italia, quindi escluse quelle che provengono dai discendenti di avi italiani a suo tempo emigrati all’estero, i nuovi cittadini hanno registrato una crescita straordinaria nel 2022 (+160%) e ancora sostenuta nel corso del 2023 (+30%). Riguardo alle naturalizzazioni, cioè le acquisizioni per residenza, quelle extra UE hanno raggiunto nel 2022 gli 86 mila casi e anche l’anno dopo si sono registrati livelli tra i più alti di sempre. Il 2023 segnala anche una modesta ripresa delle acquisizioni per matrimonio (poco più di 20 mila), mentre conferma la grande frequenza (circa 60 mila casi annui) di minori che diventano automaticamente italiani a seguito della cittadinanza acquisita da uno dei loro genitori. Dal 2011 al 2023 l’aumento maggiore di residenti stranieri in Italia si è registrato per la popolazione asiatica (+23%), seguita da quella africana, mentre gli europei centro-orientali hanno subito un calo del 6,5%. Africani e asiatici hanno entrambi superato il milione di residenti. Nel 2023, i rumeni guidano la graduatoria delle presenze con un milione e 82 mila residenti, seguiti da albanesi, marocchini, cinesi e ucraini. Altri dieci gruppi superano le 100 mila unità, tra cui bangladesi, indiani, filippini, egiziani, pakistani e senegalesi.
Fino al 2010 gli ingressi tracciati dai permessi di soggiorno sono stati prevalentemente connessi alle motivazioni di lavoro, mentre dal 2011 i flussi regolari di cittadini non comunitari sono avvenuti prevalentemente per ricongiungimento familiare, giungendo a rappresentare, tra il 2018 e il 2021, oltre la metà dei nuovi ingressi. In parallelo, si è anche assistito a una rilevante crescita dei flussi per motivi di asilo e richiesta di protezione. Dal 2015 al 2020 quest’ultima è stata la seconda motivazione di ingresso, con punte di incidenza sul totale dei permessi di oltre il 34%. Nel 2022 la guerra in Ucraina ha portato i motivi legati alla protezione internazionale ad essere la prima motivazione di ingresso in Italia: oltre il 45% dei permessi è stato rilasciato per questo motivo e nel 33% dei casi si è trattato di protezione umanitaria proprio conseguente alla crisi ucraina.
Il Rapporto si occupa anche di indagare la condizione lavorativa degli stranieri: nel 2023 sono 2 milioni e 374 gli occupati stranieri nel mercato del lavoro italiano, oltre il 10% del totale degli occupati del Paese. Le donne straniere occupate sono 994 mila. Il tasso di occupazione maschile per gli stranieri è del 75, 6%, quello femminile del 48,7% contro il 69,9% per gli uomini italiani e il 53% per le donne italiane. Il Nord assorbe il 61,7% degli occupati stranieri (il 62,8% delle occupate), il Centro il 24,7% e il Mezzogiorno il restante 13,6%. Il lavoro qualificato riguarda solo l’8,7% degli occupati. Anche in termini di percezioni, gli stranieri sentono la frustrazione di un lavoro poco qualificato: la quota di quanti ritengono di svolgere funzioni inferiori alle proprie competenze tra gli occupati stranieri è quasi doppia rispetto agli italiani (19,2% contro 9,8%).
Qui il Rapporto 2024 del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro “Cittadini stranieri in Italia Indagine statistico-demografica”: https://www.cnel.it/Portals/0/CNEL/assemblea%2018.12/Rapporto%20ONC.pdf?ver=2024-12-18-162125-697×tamp=1734538888708.