Dichiarazione e richieste del Network Against Migrant Detention dopo la mobilitazione in Albania
Nonostante la decisione del governo italiano di sospendere le deportazioni di persone migranti in Albania, come Network Against Migrant Detention abbiamo deciso di mantenere la mobilitazione l’1 e il 2 dicembre a Tirana e presso i centri di Gjadër e Shëngjin per esprimere il nostro dissenso verso il sistema di deportazione messo in piedi dal Protocollo. Benché il fallimento rappresenti un momentaneo stallo, sappiamo che la logica che anima queste politiche è tutt’altro che sconfitta.
A poche settimane dall’entrata in funzione del Protocollo, è stato sospeso l’utilizzo delle strutture di hotspot e di detenzione in Albania, almeno fino alle pronunce della Corte di Giustizia Europea. Il meccanismo si è inceppato sulla definizione di Paese d’Origine Sicuro, su cui la sentenza del 4 ottobre 2024 della Corte di Giustizia Europea ha posto un momentaneo argine. Essa infatti indica che un paese non può considerarsi sicuro qualora non lo sia nella totalità del suo territorio e per tuttə. Nella pratica, ogni caso deve essere valutato singolarmente, e il giudice deve considerare se, al momento della decisione, il Paese in questione è effettivamente sicuro per quella specifica persona. Grazie a questa decisione i giudici italiani hanno potuto ripetutamente disapplicare l’ordine esecutivo che il governo Meloni ha impartito attraverso decreti-legge approvati d’urgenza.
Se questo parziale risultato è anche frutto di un sistema di diritto europeo che ancora regge i duri colpi inferti tanto dalle destre illiberali quanto dai governi di ogni altro colore politico, conquistato attraverso le lotte soprattutto delle persone migranti per affermare il diritto di asilo e la libertà di movimento, crediamo che il solo piano giudiziario non sia sufficiente per porre un freno a queste politiche. Infatti, l’orizzonte verso cui il Protocollo si proietta è l’applicazione del Nuovo Patto sull’Immigrazione e l’Asilo prevista per giugno 2026, che introdurrà nuovi criteri per la definizione di paese d’origine sicura, estendendo i casi di applicazione delle procedure accelerate per la richiesta di asilo in frontiera. A quel punto, il disegno di esternalizzazione che il Protocollo Italia-Albania incarna potrebbe non trovare più ostacoli e rappresentare un modello da riprodurre da parte degli Stati Membri dell’UE.
Per questo motivo, questo weekend ci siamo ritrovati a Tirana in più di 200 attivistə da Italia, Albania e Grecia, manifestando insieme davanti all’hotspot al porto di Shëngjin, al centro di detenzione di Gjadër e davanti alla sede del Governo albanese, all’Ambasciata italiana e alla Casa dell’Europa.
Il nostro obiettivo è quello di porre le basi per una mobilitazione pan-europea e transnazionale di largo respiro, che sia in grado di opporsi anche sul lungo termine a queste politiche.
Come Network Against Migrant Detention rivendichiamo:
- Lo smantellamento dei centri italiani in territorio albanese, non contemplando quindi un altro utilizzo detentivo alternativo.
- L’abolizione di qualsiasi ipotesi di detenzione amministrativa delle persone migranti e richiedenti asilo.
- L’abolizione della nozione di Paese d’Origine Sicuro, in quanto solamente strumentale alla restrizione della protezione internazionale.
- La smobilitazione dei militari italiani in territorio albanese ed un loro immediato rientro in Italia.
- L’apertura di canali di ingresso legali e accessibili per tuttə, il diritto alla mobilità e all’autodeterminazione delle persone migranti e la possibilità di circolare liberamente, indipendentemente dalle motivazioni e dal riconoscimento di uno status”.
Il Network Against Migrant Detention pone gli obiettivi di:
- Opporsi al Protocollo Meloni-Rama e al modello che esso rappresenta, utilizzando i diversi strumenti politici: dall’informazione, alle mobilitazioni di piazza, dal contenzioso strategico, alla pressione attraverso la presenza di esponenti politici di opposizione sia italiani che europei, creando una mobilitazione ampia, trasversale e interdisciplinare.
- Ostacolare la costruzione di nuovi centri di detenzione ed espulsione e il rafforzamento di quelli esistenti in Italia e in Europa, diffondendo una differente narrazione di segno opposto ai discorsi populisti che fanno leva sulla paura della gente per incrementare forme militarizzate di sicurezza. È quindi necessario denunciare il business della detenzione amministrativa, la violazione delle libertà fondamentali dellə detenutə e proporre un modello di accoglienza che ponga al centro la dignità, l’autonomia e lo sviluppo dei progetti di vita delle persone migranti.
- Costruire un movimento transeuropeo e transnazionale che ponga la lotta per la libertà universale di movimento come una delle condizioni fondamentali per la radicale democratizzazione di questo spazio politico, in opposizione, da un lato, all’emergente Europa dei nazionalismi conservatori e illiberali e, dall’altro, all’istituzione neoliberale della UE. Entrambi infatti, in continuità gli uni con l’altra, rinforzano sistemi violenti di respingimento e selezione delle persone in movimento.
- Costruire relazioni oltre i territori europei con coloro che si oppongono all’esternalizzazione dei confini UE, rifiutando il ricatto neocoloniale che i patti con paesi terzi pongono in cambio di integrazione europea e supporto economico.